“SERVE UN NUOVO SOCIALISMO”: APPUNTI SULLE PAROLE DI SALA/2. DA UNA PARTE IL PSI, DALL’ALTRA LA DC IL PCI AFFONDÒ IL NUOVO BIPOLARISMO di Fabrizio Cicchitto Seconda parte da ilRiformista del 12 giugno 2020
12 giugno 2020
All’alba
di Tangentopoli, le grandi lobby avevano preparato la fusione di comunisti e
socialisti: un nuovo polo in competizione con i democristiani. Ma
i ragazzi di Berlinguer rifiutarono. Si allearono con i pm e la storia cambiò.
La fine del Trattato di Maastricht rese antieconomico il sistema di Tangentopoli: Carli e De Michelis che sapevano di cosa si trattava non informarono Andreotti e Craxi delle conseguenze di ciò che stavano firmando. Siccome, però, i “cervelli dei poteri forti” sapevano che comunque bisognava dare una sponda politica a una simile operazione di eversione-rivoluzione, ecco il senso di alcune offerte: Cuccia che propose a Craxi di essere l’uomo della svolta presidenziale, maggioritaria, anti partitocratica, De Benedetti che parlò di tutto ciò a Pomicino. Craxi rifiutò di guidare l’operazione contro i partiti e diventò così il principale nemico, l’uomo da distruggere, il “Cinghialone”.
Cambiare nome per il Pci non risolveva il problema della sua strategia di fondo, nel momento in cui il suo retroterra internazionale era saltato.
I miglioristi proposero la scelta socialista.
Il Pci, cambiando nome, cambiava anche sostanza: doveva diventare un partito socialista riformista per realizzare l’unità con il Psi di Craxi. Di qui l’ipotesi di un bipolarismo alla europea con la Dc che sarebbe diventata il polo conservatore-moderato.
Questa ipotesi fu rifiutata dai “ragazzi di Berlinguer” (Occhetto, D’Alema, Veltroni, Mussi) per cui Chiaromonte comunicò a Craxi che il gruppo dirigente del suo partito aveva respinto la proposta dei miglioristi e scelto la via giudiziaria (sono personalmente testimone di ciò perché il segretario del Psi me ne parlò chiedendo anche _Secondo te che vuol dire?_).
Poi si capì che cosa ciò voleva dire: partiva un circo mediatico giudiziario contro il sistema di Tangentopoli. Però il sistema come tale coinvolgeva tutto e tutti, tutte le grandi imprese pubbliche e private, senza eccezione alcuna e tutti i partiti, anche in questo caso senza eccezione alcuna.
Invece il circo mediatico giudiziario composto come abbiamo già visto dal pool dei pm di Milano, dai direttori dei quattro giornali, più il Tg3 di Sandro Curzi, Samarcanda di Michele Santoro più le tv di Berlusconi (che diede il suo apporto per salvare se stesso e la sua azienda e non finire come Salvatore Ligresti) decise che i segretari del pentapartito non potevano non sapere, mentre i segretari del Pci-Pds e i leader della sinistra Dc potevano non sapere (emblematico il processo Enimont ma gli esempi in materia potrebbero riempire una pagina ). Così il Pds non divenne socialdemocratico, ma la sua revisione rispetto al Pci riguardò due aspetti: divenne giustizialista (e Togliatti non lo era tant’è che la sua amnistia riguardò anche i fascisti) e del tutto favorevole alle privatizzazioni (Occhetto sul Britannia, D’Alema partecipò quasi direttamente con i suoi “capitani coraggiosi”).
Da tutto ciò è derivato un nuovo tipo di anomalia Italiana. Il bipolarismo all’italiana non è stato fondato sulla dialettica fra un grande partito conservatore-moderato e un grande partito socialista, ma fra un partito espressione del circo mediatico giudiziario,
quale è stato in questi anni il Pds-Ds-Margherita-Pd e Forza Italia, cioè il partito di Berlusconi, per un verso caratterizzato dal conflitto di interesse e per altro verso un grande partito di centro che ha coperto tutto uno spazio moderato liberale, dando anche uno sbocco politico a una parte dell’elettorato e dei quadri politici provenienti dalla Dc, dal Psi e dai partiti laici.
Venendo ai giorni nostri, se si vuole riproporre la questione socialista, non si può evitare di fare i conti con questo “grumo storico”, non per nostalgia lo deduciamo, ma perché esso ha segnato la storia di questi anni e ha provocato due risultati politici devastanti prodotti dalla involuzione e dalla crisi di Forza Italia e del Pd: la Lega di Salvini che ha sostituito Berlusconi nella guida del centrodestra e il M5s che è il prodotto finale di una anti-politica, di un populismo, di un giustizialismo che ha avuto nel circo mediatico giudiziario il suo originario punto di riferimento.
Infatti dal 1994 a oggi il potere politico autentico è stato esercitato da alcune procure, da alcuni giornalisti d’assalto, da alcune trasmissioni televisive: Berlusconi si è messo di traverso a tutto ciò dal 1994 al 2013 ma alla fine è stato espulso dal Senato con l’interpretazione retroattiva di una legge già di per sé liberticida (la legge Severino approvata non si sa perché dagli avvocati di Berlusconi ). Se allora il trojan fosse stato in azione avrebbe messo in chiaro gli aspetti più significativi di un dramma che ha inferto un colpo durissimo alla democrazia italiana e la fine dello stato di diritto.
Adesso Palamara è solo un untorello che ha gestito i materiali di risulta di qualcosa di assai più rilevante del passato.
Non a caso Luciano Violante, che conosce benissimo tutto quello che è accaduto, ha sintetizzato la questione con una battuta fulminante: _Bisogna arrivare alla separazione delle carriere dei pubblici ministeri e dei cronisti giudiziari_. Allora, chi volesse davvero capire in Italia la questione socialista, da un lato dovrebbe mettere in questione la “constituency de Pd”, dall’altro lato dovrebbe coinvolgere tutti quelli che sono parte di questa storia, in primo luogo il Psi e tutto un mondo politico e culturale fatto da fondazioni e da riviste che derivano dalla storia del Socialismo italiano e anche fare i conti con gli attuali eretici del centrosinistra, purtroppo sminuzzati in tante sigle. Certo, tutto ciò è una questione etica politica in un certo senso pregiudiziale perché poi, fatti i conti con essa, bisogna misurarsi con il mondo “grande e terribile” che ci circonda, il mondo della globalizzazione, del durissimo scontro geopolitico in corso, della pandemia, delle diseguaglianze, della crisi del capitalismo.
Infatti la globalizzazione, accompagnata specie negli Usa da finanziarizzazione e deregolamentazione, ha prodotto una serie di contraddizioni.
È andata in crisi la tradizionale gerarchia politica ed economica che ha sino a oggi governato il mondo. Finora la Cina ha cavalcato la globalizzazione meglio degli Usa e dell’Europa. A sua volta Putin ha capito prima di tutti gli altri che internet può essere uno strumento essenziale per la destabilizzazione delle democrazie occidentali. A sua volta tanti anni fa Rudolph Hilferding genialmente avanzò la previsione che la finanziarizzazione avrebbe destabilizzato entrambe le classi protagoniste dei rapporti di produzione capitalisti, gli imprenditori e la classe operaia.
Veniamo qui al paradosso insito nel capitalismo contemporaneo: per un verso il capitalismo è l’unica formula produttiva possibile, però questo capitalismo deve essere fortemente condizionato e regolato da un incisivo ruolo dello Stato che deve anche esprimere un disegno di politica industriale. Se non c’è questo ruolo di condizionamento e di regolamentazione dello Stato il mercato abbandonato a se stesso produce bolle speculative, titoli tossici ed enormi diseguaglianze.
In più esplodono contraddizioni del tutto al di fuori dagli schemi tradizionali quali quella dell’ambiente e della salute. Tutto ciò richiede una ripartizione delle risorse ben diversa da quella ispirata dal neoliberismo: sanità, scuola, ricerca scientifica, infrastrutture.
Da questo e da molto altro deriva l’esigenza di un Partito socialista profondamente diverso dai modelli attuali, cioè sia rispetto al Partito socialista subalterno alla globalizzazione, alle privatizzazioni, alla versione rigorista dell’Unione Europea, sia rispetto alla versione alla Corbyn che ripropone il peggio della tradizione massimalista. Un socialismo del terzo tipo che si riallacci alla storia del socialismo riformista e che nel contempo la rinnovi con l’innesto di culture quali l’ambientalismo, la tematica radicale del garantismo e anche con il riferimento ai valori liberali dell’Occidente contrapposti al sovranismo, al razzismo e a tutte le versioni dell’autoritarismo, da quella di Trump, a quella di XI Jinping, a quella di Putin, di Erdogan e di Orban.
Come abbiamo già detto, in Italia una opzione socialista autentica e non mistificata può avere vari punti di riferimento, in primo luogo quel Psi che comunque ha resistito a tutti gli attacchi distruttivi, in secondo luogo gli attuali eretici del centrosinistra, in terzo luogo quell’anima che certamente divide e attraversa il Pd, una parte significativa del quale non ha nulla a che fare con questa esigenza perché in tutti questi anni ha costituito parte integrante del circo mediatico giudiziario.
Per un verso il socialismo ha un cuore antico, per altro verso esso esprime i termini di una battaglia a viso aperto contro gli autoritarismi e i totalitarismi di tutti i tipi.
In primo luogo questa contestazione deve riguardare i totalitarismi che hanno avuto un ruolo dominante nella sinistra. Di conseguenza, per contrappasso, non vanno mai dimenticati né i nomi delle vittime - come quelli di Bernieri, di Nin, di Pietro Tresso, di Imre Nagy, né vanno obliterati coloro che pur assumendo posizioni assai diverse fra loro, si sono battuti per il socialismo e la libertà, da Rosa Luxemburg a Carlo Rosselli a Umberto Terracini a Camilla Ravera a Giuseppe Di Vittorio, a Ignazio Silone, a Vittorio Foa, a Fernando Santi a Riccardo Lombardi, da Saragat a Bertinotti, a Bettino Craxi.
Sappiamo bene che l’evocazione di simili riferimenti storici provoca reazioni di rigetto, crisi di nervi, e totale rifiuto nei “nuovisti”.
Ma chi sono i nuovisti? Vediamo anche che emergono nell’ambito del capitalismo due posizioni. Una è quella espressa prima della pandemia da un gruppo di manager americani poi riproposta recentemente dall’imprenditore italiano Della Valle: costoro affermano che è necessario che l’impresa stabilisca nuovi rapporti col territorio, con la società circostante, ovviamente con i lavoratori impegnati in essa.
C’è poi un’altra tendenza del capitalismo che porta avanti posizioni di feroce darwinismo sociale, di contrapposizione fra il ruolo del profitto che va privilegiato e quello della salute degli individui. Purtroppo il nuovo presidente della Confindustria Bonomi è sulla posizione di secondo tipo.
Questa linea non si è espressa solo in termini teorici. Nel corso dei mesi drammatici in Lombardia questo mondo imprenditoriale ha esercitato moltissime pressioni sul mondo politico affinché Bergamo, Brescia e la Valseriana non venissero subito chiuse e dichiarate zona rossa.
Purtroppo, da un lato il governo, dall’altro lato la Regione Lombardia, hanno giocato fra loro a rimpiattino perché fosse l’altro a rompere con Assolombarda.
Il risultato è stato quello di migliaia di morti. Di conseguenza, sul governo e sulla regione Lombardia pesa una gravissima responsabilità.
Tutto ciò non va dimenticato perché parla in modo profondo alla coscienza di un Paese che sta passando uno dei periodi più drammatici della sua storia.
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