SECONDE GENERAZIONI, IL FUTURO DELLE CITTA' di Stefano Bettera da Terra del 7 agosto 2011

21 settembre 2011

SECONDE GENERAZIONI, IL FUTURO DELLE CITTA' di Stefano Bettera da Terra del 7 agosto 2011

I numeri parlano da soli, Milano è la città degli "immigrati di seconda generazione", cioè dei figli di coppie straniere, ma nati e cresciuti in Italia. Si considerano italiani a tutti gli effetti, molti parlano addirittura usando slang dialettali, vestono come i loro coetanei, frequentano le stesse scuole e gli stessi locali. Ma con una differenza. Formalmente italiani non lo sono. Perché la legge non riconosce loro alcun diritto di cittadinanza. Eppure non stiamo parlando di piccole comunità isolate in questo o quel quartiere di periferia, ma di una parte consistente della città. E, soprattutto del futuro di questa città, dato che molti frequentano le università e diventeranno protagonisti dello sviluppo della metropoli dell’Expo. Sempre, appunto, che il nostro controverso sistema legislativo gliene dia l’opportunità. Che il tessuto sociale di Milano si sia profondamente rinnovato in quest’ultimo decennio risulta evidente se si esamina la composizione delle classi nelle scuole primarie: soprattutto in periferia, ormai, non è un caso imbattersi in classi dove su trenta bambini non se ne trova neppure uno italiano. Nel complesso, quelli di seconda generazione sono più di 20 mila su un totale oltre 62 mila alunni immigrati. E solo nelle delle scuole primarie. Un numero che in Lombardia sale fino 65mila considerando i 164mila studenti immigrati tra i 3 e i 18 anni. Nel capoluogo meneghino gli alunni provenienti da altri paesi o nati da genitori stranieri sono il 12%, contro una media italiana del 7,5%: un vero primato nazionale, anzi, addirittura doppio rispetto alla media. Eppure il loro futuro resta incerto. Perché in questi anni di governo e di amministrazioni di centrodestra c’è stato non solo un vuoto normativo, ma proprio la volontà di affrontare il tema con toni e soluzioni di carattere emergenziale, più come questione di ordine pubblico che non come fenomeno da governare e regolamentare. Con il risultato di acuire le situazioni di disagio e di emarginazione. Solo a Milano, ad esempio, gli immigrati irregolari, che ancora non sono riusciti ad ottenere un permesso di soggiorno valido sono tra i 15 e i 20 mila, secondo dati del Naga mentre in Lombardia sono circa 113 mila, in base alle stime dell'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità. E quasi il 50% sono donne. E la crisi economica ovviamente butta benzina sul fuoco del pregiudizio e della paura, e non permette di cogliere le opportunità che l’immigrazione rappresenta sia in termini di arricchimento culturale e che crescita economica. Soprattutto per Milano. Anche in questo caso i numeri parlano chiaro: nel 2010 gli immigrati hanno rappresentato più dell’11 del PIL nazionale. Un dato significativo e incontrovertibile anche per una città che può ancora essere la locomotiva del Paese. Purtroppo, però, nei milanesi è ancora fortemente radicata la convinzione errata che la maggioranza dei reati sia imputabile a cittadini di origine straniera. Una percezione peggiorata dall'introduzione del reato di clandestinità che tende ad allargare quella “zona grigia” in cui vivono gli immigrati senza cittadinanza. Una toppa l’ha messa l'Europa con la direttiva sul rimpatrio che azzera l'operatività di questa norma, contraria e incompatibile con parametri comunitari. Con l’elezione di Pisapia, qualcosa sembra cambiare: l'assessore al welfare, Majorino ha convocato un gruppo di lavoro, formato da una decina di giovani della "Rete G2" e di altre associazioni di immigrati, che collaborerà con il Comune per definire nuove politiche ed elaborare proposte e progetti per promuovere l'interazione tra milanesi di culture diverse. La sfida del diritto alla cittadinanza resta sul tavolo. E cittadinanza significa diritto di voto. Un diritto che i padri di queste seconde generazioni, ormai integrati, non esercitano o solo parzialmente. Il cambiamento partirà, forse, da questi nuovi italiani. Se si troveranno gli strumenti perché diventino davvero cittadini.

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