Se vuoi la pace prepara la pace. di Felice Besostri del 14 ottobre 2023
14 ottobre 2023
L’offensiva militare di Hamas ha avuto, per loro scelta,
aspetti di crudeltà particolare verso i civili, tra cui bambini decapitati, in
questo senso l’intento terroristico è evidente, aggravato dalla presa di
ostaggi, come scudi umani o merce di scambio con detenuti palestinesi senza
processi. L’orrore è evidente e la condanna giusta. Tuttavia non sarebbe giusto
fermarsi là e delegare all’esercito israeliano il compito di combattere le
paure e di vendicare i morti e i feriti. Per ragioni contrarie alla
spettacolarizzazione la rappresaglia israeliana avrà meno testimoni e la
sofferenza di altri civili palestinesi, uomini, donne e bambini avrà meno
spettatori, ma non per questo dovrebbe ferire meno la nostra umanità e il senso
di giustizia. Nella mia vita ho avuto molte conoscenze in Israele, molte di più
nella diaspora e qui anche molti amici. In Israele per amicizia, dal 1970,
posso solo parlare di un ebreo irakeno, Latif Dori, del partito sionista di
sinistra MAPAM, che aveva iscritti anche arabi palestinesi e che da sempre
aveva adottato la parola d’ordine “due Popoli, due Stati”, senza bisogno di
specificare, perché questa era la loro ideologia, che i due Stati dovevano
essere laici e democratici. Latif Dori aveva avuto una condanna penale per aver
mantenuto contatti con esponenti dell’OLP, vietati perché “organizzazione
terroristica”. La sua cultura era araba, da centinaia d’anni ebrei vivevano a
Bagdad e l’arabo la lingua materna e paterna, quando la famiglia dovette
riparare in Israele dopo la prima guerra arabo-israeliana, non parlava lo
yiddish, la lingua dei padri fondatori di Israele provenienti dall’Europa centro-orientale
e gli ebrei in paesi islamici non erano mai stati oggetto di pogrom, massacri
collettivi, in cui hanno primeggiato i cosacchi dell’atamano Bohdan
Chmel'nyc'kyj.
Col tempo l’OLP e il suo leader indiscusso, per quanto
personalmente discutibile, diventarono interlocutori ufficiali del governo israeliano con gli accordi di Oslo
del 1993, grazie alla mediazione dei laburisti norvegesi tramite il loro
ministro degli esteri, Terje Rød-Larsen e per la loro attuazione dal 1994, il
suo successore Bjørn Tore Godal, che ho avuto la ventura di conoscere e
frequentare al tempo della YUSI (Unione Internazionale della Gioventù
Socialista), nella quale non mancavano amici della causa palestinese. In quei
tempi esisteva a sinistra un’organizzazione come l’Internazionale Socialista,
di cui erano membri i partiti socialisti sionisti, al governo in Israele e
l’OLP invitata permanente. Proprio l’assassinio, ad opera di organizzazioni contrarie
a Al-Fatah, del rappresentante dell’OLP, Issam Sartawi, il 10 aprile 1983, al
congresso dell’Internazionale Socialista a Albufeira, al quale partecipavo come
delegato dell’Internazionale Socialista dell’Educazione, paradossalmente fece
capire che non c’era e non c’è altra soluzione che un accordo, garantito
internazionalmente. Attualmente un pio desiderio, o, con espressione che segna
la nostra subordinazione non solo linguistica con la potenza dominante dei
valori occidentali, wishful thinking, per l’impotenza cui è stata ridotta l’ONU
dai membri permanenti (USA, Federazione Russa, Cina, Regno Unito e Francia) del
Consiglio di Sicurezza e dai rapporti USA-Russia in seguito all’invasione
dell’Ucraina, che erano le potenze garanti degli accordi di Oslo, mai portati a
termine, come quelli di Minsk.
L’impegno per una soluzione, che tenesse conto della Shoah e
dei diritti dei popoli alla autodeterminazione, mi fece incontrare il secondo
amico medio-orientale Wael Abdel Zwaiter, il rappresentante della OLP in
Italia, ma che era di formazione comunista. Una particolarità di molti partiti
comunisti di paesi arabi è che nella loro fondazione era frequente la presenza
di ebrei e arabi cristiani. La sintonia con l’ebreo irakeno socialista sionista
nelle richieste rivolte alla sinistra europea era stupefacente, noi non abbiamo
bisogno di amici, che si schierino dalla nostra parte, ma che ci facciano
incontrare, che siano un ponte e solo voi sinistra europea che avete lottato
contro il fascismo e il nazismo e contro il colonialismo dovreste essere i
nostri naturali alleati. Riuscii a trovare un contatto con uno storico
attivista del movimento operaio israeliano Peretz Merchav (1913-1978), che per
proseguire questo contatto con un esponente dell’OLP venne a Milano per poter
proseguire i contatti. Incontrai Wael a Roma per dargli la buona notizia in un
caldo giorno di ottobre, il 15 per la precisione, ma il 16 sarebbe stato ucciso
a colpi di pistola vicino all’ascensore della sua abitazione romana, stando a
Wikipedia da agenti del Mossad, perché sarebbe stato uno degli organizzatori
della strage delle olimpiadi di Monaco del 5 settembre 1972. Se sono stati
agenti del Mossad questa non poteva essere la ragione.
Chi voleva tentare strade di pace aveva nemici nelle due
parti tra palestinesi, che non volevano rinunciare alla cancellazione
dell’entità sionista e tra gli israeliani, che pensavano ad un Grande Israele
che annettesse formalmente la Cisgiordania. Ad uccidere Yitzhak Rabin la sera
del 4 novembre 1995 non è stato un palestinese, ma un fanatico israeliano, che
si opponeva alla esecuzione degli Accordi di Oslo, che valsero a Shimon Peres,
Yasser Arafat e a lui il Premio Nobel della Pace 1994. Rabin è stato il Primo
ministro israeliano nato in Israele a Gerusalemme.
La sua carriera militare di Generale vincitore della Guerra
dei 6 giorni non lasciava presagire che sarebbe stato il più determinato
sostenitore di una politica di pace. Non era certamente una colomba, ma come si
sa le aquile volano molto più in alto delle colombe e perciò vedono più
lontano.
Chi non ha potere o in grado di influire sul potere cosa può
fare? Se pensa che non può fare nulla, si rassegna o si deprime o diventa un
fanatico frustrato, che sceglie un nemico da odiare, indifferentemente
l’estremismo palestinese o l’occupante israeliano, invece che una causa da
amare, fino in fondo, come è quella della pace. Ad ogni costo, quale sia il
prezzo da pagare: meglio che lo paghiamo noi e non i nostri figli e peggio
ancora i nostri nipoti.