SE MATTARELLA... di Alberto Benzoni
28 maggio 2018
Se Mattarella voleva disinnescare, neutralizzare,
normalizzare le potenzialità dirompenti contenute nel "governo del
cambiamento" avrebbe dovuto dare via libera al nuovo governo (magari
sottolineando, in via riservata, le sue perplessità, su Savona e magari su
Salvini ministro dell'interno...). Questo, infatti, avrebbe ben presto mostrato
"coram populo" l'impossibilità oggettiva di mutare, in breve tempo,
le regole del gioco europeo come pure di procedere ad espulsioni di massa senza avere la disponibilità ad
accogliere i rimpatriati da parte dei paesi d'origine. E, in linea generale,
sarebbe stato indebolito dalla sempre più evidente distanza tra il promesso e
il realizzato e dalla oggettiva contraddizione tra le sue impostazioni di
fondo. Creando le premesse per una ricomposizione del quadro, senza traumi e in
condizioni di normalità istituzionale e democratica.
Perché allora ha compiuto il gesto senza precedenti
di non consentire ad un governo che godeva del consenso parlamentare di
svolgere le sue funzioni, semplicemente perché non condivideva le opinioni di uno
dei suoi componenti? Perché ha gettato DiMaio, che aveva fatto di tutto per
smarcarsi, nelle braccia di Salvini? Perché, riconoscendo, che dico invocando
il ruolo centrale dei mercati nello stabilire chi può governare e come il
nostro paese, ha offerto un assist di prima grandezza allo stesso Salvini
aprendo la strada d un confronto elettorale perdente e quello che più conta
ferocemente divisivo? Cosa ha trasformato una figura scialba incapace di
pronunciare senza fatica le più elementari banalità e notaio passivo delle
peggiori nefandezze costituzionali, in un arcangelo Gabriele dagli occhi
fiammeggianti e dal pigilio di salvatore della patria?
Dopo aver riflettuto a lungo, ho trovato una sola
spiegazione per questa miracolosa quanto improvvida trasformazione.
E la spiegazione è questa: il nostro presidente è
stato contagiato da un nuovo morbo, detto "sindrome da pensiero
unico". Un morbo che, come l'emofilia dell'ottocento, colpisce le classi
dirigenti dei paesi occidentali, i beneficiari della globalizzazione, così come
i meritocrati consapevoli di esserlo; sino a costruire una specie di monoteismo
laico all'insegna del "io sono il pensiero/dio tuo e non avrai altro
pensiero al di fuori di me". Suoi sintomi più frequenti sono l'arroganza
intellettuale, la tendenza a considerare chi la pensa diversamente come un
possibile criminale animato dalle peggiori intenzioni; e, infine, la devozione
nei confronti di divinità inesistenti, accompagnata dalla totale incapacità di
guardare in faccia la realtà.
Cure effettive non se ne conoscono. Sicuramente
controproducenti le invettive ideologiche; né vale minacciare e/o spaventare il
paziente trasformando la sua chiusura in paranoia. Una cura possibile potrebbe
essere quella di esporre gradualmente il paziente ad una cura di realtà; magari
evitando che se ne accorga.