SE L’ITALIA APPRENDESSE DALL’ESPERIENZA. DI UGO INTINI. Il Riformista 11 Settembre 2004.

11 settembre 2004

SE L’ITALIA APPRENDESSE DALL’ESPERIENZA. DI UGO INTINI. Il Riformista 11 Settembre 2004.

La lotta al terrorismo islamico è una sfida completamente nuova. Tuttavia, la si affronta facendo meno errori (a sinistra e a destra) se si tenta un parallelismo con l’esperienza più simile: non con la tradizionale guerra tra Stati, dunque, ma con l’azione di polizia contro il crimine o, in Italia, contro le Brigate Rosse. Pur con le evidenti differenze, oggi abbiamo una operazione di polizia al livello non nazionale, ma internazionale. La natura pacifista della sinistra si oppone all’uso della forza militare, ma nessun pacifista ha mai chiesto che la polizia affronti disarmata i criminali o i brigatisti rossi. Anzi, ha sempre chiesto più mezzi e armi più moderne per le forze dell’ordine. Lo stesso si deve fare adesso contro il terrorismo islamico. Una parte della sinistra, all’inizio del fenomeno brigatista, disse «né con lo Stato, né con le Br», si domandò di fronte ai primi delitti «a chi giova?», gettando il sospetto sugli apparati dello Stato. Questo errore fu presto corretto. Allo stesso modo, nessuno deve oggi dire «né con il terrorismo islamico, né con l’Occidente». Né si devono chiudere gli occhi di fronte all’evidenza. Dobbiamo essere uniti nel combattere militarmente, insieme all’Occidente e insieme all’America, il terrorismo. Se la sinistra più radicale non corregge subito, di fronte all’eversione «verde» (ovvero islamica) i suoi errori, con una rapida virata di 180 gradi (simile a quella compiuta alla fine degli anni’70 di fronte all’eversione «rossa»), condannerà l’intera opposizione italiana alla sconfitta. Il parallelismo con la lotta al crimine e al brigatismo aiuta a chiarire anche le contraddizioni della destra. Sempre, si è sostenuta con durezza l’azione della polizia contro il crimine. Ma, nel contempo, si è ragionato sulle sue cause, sull’emarginazione, la povertà, il degrado e l’ingiustizia. Proprio Blair, promettendo sicurezza ai cittadini britannici, ha inventato lo slogan «duri contro il crimine e duri contro le cause del crimine». Lo stesso si deve poter dire contro il terrorismo, senza essere accusati per questo di comprensione o debolezza verso il fondamentalismo islamico. Sempre, gli Stati democratici hanno combattuto il crimine (e in Italia le Br) nel pieno rispetto della legalità, senza accettare mai di scendere, con l’imbarbarimento della repressione, sullo stesso piano disumano del nemico. Anche per questa legittimazione e superiorità morale, hanno vinto. L’emarginazione delle Nazioni Unite, la violazione del diritto internazionale, gli orrori di Abu Graib e Guantanamo hanno dato invece un grande aiuto alla causa del fondamentalismo islamico. La polizia ha sempre agito in modo mirato, concentrando gli sforzi sul pericolo del momento. Quando la mafia siciliana insanguinava New York, non si andava a occupare militarmente il territorio occupato dalla mafia irlandese (nemica della siciliana). Quando il terrorismo islamico ha fatto dell’Afghanistan la sua base, si è andati giustamente a invadere e ripulire Kabul. Aggredendo Baghdad, si è invece eliminata, con Saddam Hussein, una dittatura sanguinaria, sì, ma nemica del fondamentalismo islamico; si è di conseguenza trasformato l’Iraq, da territorio impermeabile al terrorismo, nel nuovo Afghanistan, centro di raccolta e addestramento per i fondamentalisti di tutto il mondo. La guerra di Spagna fu, in positivo, il terreno di aggregazione per l’internazionalismo antifascista. Quella in Iraq lo sta diventando, in negativo, per l’internazionalismo antioccidentale. Quando la polizia ha inseguito o localizzato criminali e brigatisti, mai ha sparato contro di loro mettendo in pericolo la folla, o ha bombardato una casa dove si rifugiavano, o ha compiuto rastrellamenti e repressioni in un quartiere ritenuto malavitoso. Ha sempre saputo che ciò provoca solidarietà con i criminali e odio verso le forze dell’ordine. Gli americani, che bombardano Falluja o addirittura i dintorni della San Pietro sciita, non lo sanno e assumono perciò l’immagine di un crudele esercito occupante. La polizia ha sempre isolato l’organizzazione criminale principale, cercando di dividere le bande e di scatenarle l’una contro l’altra. Gli americani, con la loro condotta dissennata della guerra, sono riusciti nella incredibile impresa di saldare contro l’Occidente gli opposti fanatismi dell’Iraq da sempre in lotta fra loro: quello dei sunniti, quello degli sciiti e quello dei fedeli a Saddam. Si è sempre compiuto lo sforzo di isolare i criminali e, in Italia, i brigatisti, anche e soprattutto sul piano politico e culturale. Grandi campagne sono state realizzate per far crescere contro la mafia la solidarietà della popolazione verso lo Stato, insieme alla cultura della legalità. Contro le Br, è stata decisiva la mobilitazione, dal sacrificio di Guido Rossi in poi, proprio dell’area politica e della cultura che portava, come loro, il nome di «comunista» e che quindi poteva apparire più vicina o più permeabile. Lo stesso si deve tentare contro il terrorismo islamico. Nessun imbecille ha mai definito barbari i siciliani perché fra di loro c’erano i mafiosi. Ma oggi c’è che definisce barbari gli arabi. Nessuno irresponsabile ha mai accusato il Pci di Berlinguer o la cultura comunista, anche quella più estremista, per i crimini delle Brigate Rosse, che pure venivano commessi invocando a chiare lettere i principi del comunismo e del marxismo-leninismo. Ma c’è oggi chi rimprovera per gli attentati fondamentalisti il mondo islamico e la religione musulmana. Infine, il tema più controverso. Con i criminali e i terroristi, si può trattare per salvare la vita dei propri soldati e, ancor più, dei propri cittadini. Lo hanno fatto gli americani con la mafia. Lo hanno fatto gli inglesi con il terrorismo irlandese e persino gli israeliani con quello palestinese. Non lo ha fatto l’Italia con le Br (e i socialisti erano di altro parere). Ma nel caso delle Br esistevano delle preoccupazioni fondate: non legittimare come interlocutore di fronte all’opinione pubblica italiana dei cittadini fuorilegge; non incoraggiare con il cedimento nuovi sequestri e delitti. Con i terroristi islamici, queste preoccupazioni non esistono. Sono cittadini stranieri che mai gli italiani potrebbero legittimare. Sono belve sanguinarie già e comunque decise a qualunque futuro delitto. La guerra al terrorismo islamico e alla rivoluzione «verde» durerà decenni, come quella al crimine, al brigatismo e alla rivoluzione «rossa». Si tratta di guerre che si assomigliano solo in parte. I criminali e i brigatisti non hanno ad esempio mai ucciso semplici cittadini o bambini innocenti. Ma è indispensabile compiere almeno il tentativo di utilizzare l’esperienza accumulata in quelle già combattute e vinte.

Vai all'Archivio