"SCEGLIETE CASINI LASCIATE DI PIETRO" da "Il Riformista" del 1 luglio 2008

22 luglio 2008


Abbiamo segnalato noi il rischio, qualche settimana fa, di una nuova situazione politica in cui esistono una maggioranza e quattro opposizioni. Questo rischio è diventato realtà sui temi della giustizia e sull'offensiva legislativa a difesa del premier intrapresa dalla maggioranza: oggi infatti c'è l'opposizione di Di Pietro, quella di Veltroni, quella di Casini, e quella dei radicali, ognuna considerevolmente diversa dalle altre. Chi ci perde di più, con quattro opposizioni, è chi si era proposto come unica opposizione, e cioè il Pd, il partito a vocazione maggioritaria. Perché ben presto l'elettorato smetterà di prestare attenzione alle differenze tra l'una e l'altra e si polarizzerà a favore o contro quella più evidente e visibile, identificando con essa l'intera opposizione. Vale a dire che ben presto chi ce l'ha con Berlusconi starà con Di Pietro. E chi vorrebbe un'opposizione più responsabile, che non dia del magnaccia al premier e che si occupi anche degli altri problemi del paese, si schiererà contro Di Pietro. Il Pd rischia di essere così schiacciato: perderà consensi presso gli antiberlusconiani puri e duri per la sua moderazione, e perderà consensi tra i moderati per la sua alleanza con Di Pietro. Tutto questo per dire che il Pd è ora chiamato a una scelta, di alleanze e di identità. Se sceglie di stare con Di Pietro, ci deve stare fino in fondo, piazze e referendum compreso. Se sceglie di non stare con Di Pietro, lo deve ugualmente fare fino in fondo, denunciando l'alleanza con l'ex pm, prendendone le distanze e spiegando all'elettorato perché lo fa. Qui il «ma anche» non funziona più, assomiglia troppo a un antico e sfortunato slogan: né aderire né sabotare. La sinistra riformista italiana è stata sempre vittima di questo giochetto dello scavalco a sinistra perché non ha avuto mai il coraggio delle sue idee. Non può dire: Di Pietro ha ragione, la pensiamo come lui, però lo facciamo più soft. Non ha senso. Deve dire - se lo crede - noi non la pensiamo come Di Pietro e per questo non lo seguiamo, se vuole avere qualche speranza di farsi capire dal suo elettorato. Secondo noi è giunto il momento che il Pd dica apertis verbis: noi non la pensiamo come Di Pietro, ma come Casini, e sulla giustizia ci alleiamo con lui. La posizione del leader dell'Udc, espressa ieri sul Corriere, rappresenta infatti una notevole novità. Per la prima volta Casini offre una piattaforma per un'opposizione comune, forse anche grazie al lavoro che su di lui hanno fatto D'Alema e Letta. La sua opposizione è a nostro parere abbastanza forte nel denunciare ciò che non va dell'iniziativa di Berlusconi e abbastanza seria da riconoscere ciò che non va nell'amministrazione della giustizia. L'emendamento salva-premier è ingiusto e sbagliato, perché spara il napalm sul sistema della giustizia, mandando al rogo qualcosa come centomila processi, per evitarne uno. Dunque lede gli interessi di tanti cittadini a vantaggio di un solo cittadino. È una legge ad personam, inserita surrettiziamente in un decreto legge, approfittando della firma che il capo dello stato aveva messo su tutt'altra materia, e va quindi contrastata con energia e con tutti gli strumenti parlamentari possibili. Il lodo Alfano introduce invece un principio accettabile in uno stato di diritto e mette al riparo chi è stato chiamato a reggere il paese dall'iniziativa di un singolo pm o di un singolo tribunale. Sospende solo un processo e non lo annulla. Ma va emendata perché così come è scritta rischia di trasformarsi in un'immunità a vita per Berlusconi, nel caso che ascenda al Quirinale dopo il suo mandato di premier. Il Pd ha il dovere di servire l'interesse del paese, se è a vocazione maggioritaria. L'interesse del paese è oggi di essere governato e di mettere fine alla guerra civile strisciante tra politica e magistratura che dura dal Vietnam di Tangentopoli. Puntare alla condanna del premier non ha senso: in caso di sue dimissioni, perché nuove elezioni lo rafforzerebbero; in caso di mancate dimissioni, perché farebbe del governo un'anatra zoppa. Togliatti avrebbe detto: hic Rhodus hic salta. Lui lo fece col governo Badoglio. In condizioni molto meno drammatiche, saprà farlo Veltroni?

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