SALA E I PROBLEMATICI AUGURI DI CAPODANNO di Giorgio Goggi da Arcipelago Milano del 11 gennaio 2022
11 gennaio 2022
Mobilità, un
sistema molto complesso.
A Capodanno, con un post su
Facebook, il nostro sindaco Sala ha fatto gli auguri alla città e ci ha fornito
alcune notizie importanti. La prima è che nella finanziaria del 2022 sono
previsti fondi per il prolungamento delle metropolitane. M1 a Baggio, M4 a
Segrate, M2 verso Vimercate e M3 verso Paullo ed il finanziamento dello studio di fattibilità della M6. La seconda, poi scomparsa dal
post, che al 2050 non ci saranno più auto (private) a Milano.
Ora i prolungamenti
di M1 e M4 sono sicuramente necessari, ma molte perplessità mi suscitano gli
altri due. A memoria mi risulta che la mobilità in arrivo da questi ambiti non
sia ancora adeguata alla cospicua capacità di una metropolitana pesante, per la
Paullese so che i rilevamenti fatti a suo tempo, circa 15 anni fa, mostravano
una mobilità appena sufficiente per impegnare un sistema filoviario o
tranviario ma non per una metropolitana. Del Vimercatese non ho dati recenti,
penso che siano maggiori rispetto alla Paullese, ma non molto diversi.
Spiace che da allora
il Comune non abbia più pubblicato i dati di mobilità (spero proprio che li
abbia rilevati anche dopo l’indagine O/D del 2006, peraltro mai pubblicata)
tuttavia non penso che la situazione sia cambiata di molto.
Il pericolo è che
l’insieme di eccessiva capacità offerta dal trasporto pubblico determini spinte
immobiliari che possano portare ad una situazione di squilibrio e congestione.
Basta pensare a quanto è successo per il prolungamento della M2 fino a Gessate.
La presenza della metropolitana ha fatto da esca ad uno straordinario sviluppo
immobiliare, che ha portato ad una complessiva congestione su quella
direttrice. La Statale 11, un tempo capace e scorrevole, è divenuta una strada
urbana ampiamente congestionata.
Da tempo si sa che è
ragionevole dotare un’area di un sistema di trasporto ad alta capacità solo
quando la mobilità già espressa abbia raggiunto una quota significativa della
capacità offerta, per evitare fenomeni di eccessiva congestione. Il fatto è
che, quando lo sviluppo immobiliare cresce in modo eccessivo, cresce anche la
mobilità su auto privata poiché non tutti hanno accesso diretto alla
metropolitana, soprattutto se si continua a lasciare le stazioni di metrò e
ferrovia prive di parcheggi, anche delle biciclette (solo Vaprio mi risulta
avere un parcheggio bici alla stazione della M2).
Inoltre, quando
crescono le residenze e aumenta la popolazione, non tutti i percorsi dei
residenti hanno come destinazione Milano o comuni sulla linea metropolitana, e
quindi anche i viaggi su strada aumentano velocemente. Ne consegue, per quanto
possa sembrare paradossale, che le spinte immobiliari così generate creino
congestione sulla rete stradale esistente, e richiedano anche un consistente
aumento della capacità stradale. Pertanto, è ragionevole dotare un’area di un
sistema di trasporto ad alta capacità solo quando la mobilità già espressa sia
superiore a quella di sistemi più leggeri, tranviari o filoviari.
Questo fenomeno è
ormai ben noto, all’estero si costruiscono linee tranviarie già inserite in
sedi in trincea adatte a trasformarsi agevolmente in metropolitane, quando la
domanda sarà cresciuta tanto da richiederne la realizzazione. A Bruxelles, ad
esempio, un tempo una linea tranviaria scorreva nella sede interrata di una
metropolitana, in attesa che la crescita dei flussi rendesse necessario
realizzarla.
Il caso contrario è
quello in cui si costruisca una metropolitana per incentivare l’ampliamento
dell’area urbana tramite espansioni immobiliari, come a Copenaghen. Mi sembra
che noi di questo non abbiamo proprio bisogno.
Più urgente trovo,
invece, che sia la realizzazione della M6, che andrebbe a servire un settore di
città, da Nord verso Ripamonti, privo di un trasporto metropolitano. Con
quest’ultima linea Milano raggiungerebbe un rapporto tra popolazione residente
e chilometri di metropolitana pari a quello delle maggiori città del mondo. È
quindi un peccato che il finanziamento copra solo lo studio di fattibilità, dal
momento che, da quando il tracciato è stato individuato dal Piano Urbano della
Mobilità Sostenibile, c’era tutto il tempo per completare questo studio, in
modo da avere finanziati i passi successivi.
Gli amministratori
milanesi sanno che MM, società del Comune, può, entro certi limiti, essere
fatta lavorare “a sbalzo”, e questo è il motivo per cui il Comune di Milano è
sempre stato primo in graduatoria quando venivano distribuiti i fondi per le
metropolitane (legge 211/92 e successive).
Ugualmente urgente è
la realizzazione del deposito della M5 e dei connessi rotabili aggiuntivi,
dalla cui mancanza deriva l’insufficiente capacità in ora di punta.
Ben diverso è
l’augurio di una città senz’auto private al 2050. Una fuga in avanti che non è
sostenuta da nessuna visione razionale. Il fatto è che il trasporto pubblico,
né in città, né tantomeno nell’area urbana può essere tanto capillare da poter
servire ogni origine-destinazione. Questo, sia in termini fisici di densità
della rete che non può assolutamente essere ampliata tanto da essere a distanza
pedonale da ogni punto di origine dello spostamento, né dalla sua destinazione.
Ma nemmeno in termini economici, se si pensa che il trasporto pubblico è
sussidiato dallo Stato e che il biglietto da 2 € dovrebbe rappresentare il 35%
per cento del costo della corsa che è all’incirca di 6 € e ancor più in alcuni
casi. Cosicché una rete molto più densa non potrebbe mai essere
sussidiata dai fondi dello Stato, pena la bancarotta.
E nemmeno si può
affidare alla bicicletta l’onere di sopperire alla scarsa densità, per le
evidenti limitazioni che le sono connaturate: la popolazione anziana, in
crescita a Milano, non sempre è in grado di usarla, e le condizioni
metereologiche ne limitano l’uso.
Il sogno di città
senz’auto è condizionato da una visione di Milano come città assediata dai
pendolari, vista come mera attrattrice e non anche come generatrice di
spostamenti. Invece molti cittadini di Milano, in numero sempre crescente,
“pendolano” verso destinazioni di lavoro esterne alla città. Questo è
fisiologico in un’area urbana di 5 milioni di abitanti, ove molte attività si
sono spostante, e ancor più si sposteranno – anche indotte dalle politiche
territoriali ed ecologiche milanesi – verso l’esterno. Inoltre, poiché quanto
più ci si allontana da Milano, tanto più la rete di trasporto pubblico diventa
molto meno densa, molti devono usare l’auto.
Nei rilevamenti
fatti nel 2006, il numero dei residenti in Milano che in un giorno si
dirigevano in auto verso destinazioni esterne era di 369.000. Si era anche
verificato che la quantità di milanesi che viaggiava verso l’esterno cresceva
proporzionalmente più dei pendolari verso Milano. Con la città senz’auto
private, possiamo forse immaginare che nel 2050 avremo più di 350.000 taxi che
porteranno i pendolari milanesi verso le loro destinazioni nell’area urbana
esterna?
Una grande area
urbana con una città centrale di 1,3 milioni di abitanti, inserita in una città
metropolitana di 2 milioni di abitanti ed un ulteriore intorno strettamente
connesso con oltre due milioni di abitanti, densa di attività molto
diversificate e di innumerevoli necessità personali, di studio e di lavoro,
cresciuta e sviluppatasi dapprima sul trasporto ferroviario e poi per oltre 70
anni sulla disponibilità del trasporto privato, è un sistema molto complesso,
oltretutto costituito da insediamenti stabili e difficilmente modificabili.
Un sistema che non può essere affrontato con ideologie schematiche e semplicistiche.
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