ROSA NEL PUGNO. MALI COMUNI, SEGRETERIE SEPARATE - di Gianfranco Spadaccia da il Riformista del 6 luglio 2006

14 luglio 2006

ROSA NEL PUGNO. MALI COMUNI, SEGRETERIE SEPARATE - di Gianfranco Spadaccia da il Riformista del 6 luglio 2006

Rischiamo di essere le appendici di Ds e Margherita

Ha ragione Biagio De Giovanni: quando ci sono motivi di incomprensione e di dissenso, quando crescono - non importa se fra i socialisti o fra i radicali - motivi di malumore e di risentimento, il rimedio dovrebbe essere quello di affrontarli a viso aperto in quel tanto di organismi comuni che ci si è dati e non separatamente e solo nelle proprie segreterie e nei propri comitati direttivi, dello Sdi o dei radicali italiani. Oltretutto non facendo parte di quegli organismi ed essendo tornato far politica con l’Associazione Luca Coscioni e con la costituzione della Rosa nel pugno, faccio parte di quel gruppo di persone che - non avendo nessuna intenzione di considerarsi “terza componente” perché si sente a tutti gli effetti socialista e liberale, socialista e radicale - è condannato ad assistere impotente all’evolversi di questa crisi se si continua a impedire e paralizzare il dibattito negli organismi della Rnp.
Subito dopo le elezioni comparvero i primi dissensi. Il più importante riguardò la partecipazione alle elezioni amministrative. Erano a confronto la storica diffidenza radicale nei confronti di questo tipo di competizione e l’opposta tradizionale tendenza socialista a radicare il proprio insediamento territoriale soprattutto intorno alle rappresentanze amministrative. Si intende questo quando si parla di diversità di modi, di stili, addirittura di antropologia? Vorrei sommessamente ricordare che, ammesso che esistano davvero queste diversità, non impedirono allora che si raggiungesse, attraverso il dibattito comune, un accordo e una soluzione politica. I radicali decisero di sostenere anche con le proprie candidature liste elettorali, contribuendo a trainare l’elezione di molti consiglieri, io dico della Rnp ma se si vuole continuare con le separatezze in grande prevalenza socialisti. Questo non è affatto un male se ciascuno deve far valere nell’interesse di tutti le proprie attitudini e vocazioni. Il male comincia quando allo sforzo comune si da la sensazione di voler far seguire una utilizzazione separata del risultato.
Credo che, se vogliamo superare la crisi, non abbiamo altra strada che quella di tornare a discutere insieme, a viso aperto e non a distanza. Se un compagno autorevole come Del Turco esprime delle posizioni fortemente critiche nei confronti di tutta l’operazione Rnp, pone un problema di strategia politica che non può essere considerato un fatto interno allo Sdi, ci riguarda tutti. Rivendico il diritto di discuterne anch’io e non solo a distanza attraverso un dichiarazione o un articolo. Ho trovato molto scorretto che a Benzoni si sia preferito rispondere criminalizzandolo per aver parlato di razzismo antiradicale, ignorando completamente invece le questioni di strategia politica che contrapponeva a quelle di Oliviero Del Turco e che si riassumono in una domanda molto semplice: come intendono socialisti e radicali affrontare il confronto con il resto della sinistra italiana? Come intendono giungere all’appuntamento con il costituendo partito democratico, che non può non interessarci e speriamo possa, senza preclusioni, coinvolgerci tutti? Non è chi non veda la differenza se a questo confronto si va con una Rosa nel pugno che, tutelando le proprie diversità e valorizzandole, cresce e si consolida o se ci si va in ordine sparso. Per i socialisti dello Sdi il destino non sarebbe diverso da quello riservato nel passato a Spini e a Benvenuto e nel presente e nel futuro a Bobo Craxi. E per i radicali sarebbe il ritorno al loro splendido isolamento.
Io sono interessato al partito democratico ma non sono disposto ad entrarci come una appendice senza voce e senza potere dei due più potenti apparati dei Ds e della Margherita. E sono interessato anche al confronto - all’interno di una organizzazione comune - con i cattolici, non solo con Rosy Bindi ma anche con Bobba e Binetti. Posso anche accogliere l’invito di Bolaffi a ricercare in materia di laicità e di etica soluzioni condivise ma se poi, alla fine, rimangono questioni irrisolte e posizioni divergenti, con quali regole le si intende affrontare? Come militante dell’Associazione Luca Coscioni, sono disposto ad andare in minoranza su questi in parlamento e nei referendum. Bobba e Binetti (ma naturalmente l’interrogativo è rivolto soprattutto a D’Alema e Fassino, a Rutelli e Marini) sono disposti a fare lo stesso al termine di un corretto confronto democratico? Per esempio sono disposti ad abolire il quorum del 50 per cento? O il non expedit del card. Ruini (sulla vita non si vota) prelude a un patto costituzionale o peggio paracostituzionale che esclude e marginalizza le posizioni non coincidenti o non ritenute accettabili e tollerabili dalla Chiesa?
Quanto alla Rosa nel pugno sono favorevole alla federazione delle diversità, non a un labile legame verticistico fra diverse organizzazioni che non comunicano fra loro. Se deve esserci un secondo momento costituente, dopo Fiuggi, occorre prepararlo, discutere di regole e di prassi, cercare di far fare a questo esperimento un passo avanti, un salto qualitativo verso un modo più efficace di far politica. E dobbiamo discutere di contenuti, scegliendo gli obiettivi comuni e prioritari, lasciando fuori, alla libertà di ciascuno, i temi su cui non sono maturate posizioni largamente maggioritarie. Un chiarimento preliminare è tuttavia necessario. Quale deve essere il tasso di liberalismo e quale il tasso di socialismo di una politica liberalsocialista. Perché se non si può accettare una liberismo tutto competitività e niente garanzie, credo che non si possa accettare neppure un riformismo socialista che guardi al passato, alla impossibile difesa del welfare di mezzo secolo fa, alla politica delle nazionalizzazioni, alla diffidenza verso il mercato.
Infine: i metodi di lotta politica, sono tutti legittimi e tutti benvenuti purché ci sia la lotta politica. Io ho conosciuto personalmente Pietro Nenni e sono stato amico di Riccardo Lombardi, di Giacomo Mancini, di Bettino Craxi. Sono stati tutti dei riformisti del loro tempo, insieme uomini di governo e uomini di lotta. Faccio solo un esempio: la lotta contro il monopolio privato dell’energia elettrica fu lotta comune anche dei radicali e di Ernesto Rossi almeno fino a quando fu chiaro che - grazie agli scandalosi indennizzi - avremmo sommato a un burocratico monopolio statale un nuovo monopolio privato ai danni della chimica. Molte delle lotte di questi leader socialisti sono state anche le mie, su altre abbiamo avuto dissensi anche profondi ma quando - anche grazie a Loris Fortuna - si è verificato l’incontro delle diversità socialiste e radicali, dei loro metodi di lotta e di quelli di Pannella, si sono raggiunti obiettivi di cui si sono giovati entrambi ma soprattutto il paese. Allora ricercare questa convergenza era semplicemente positivo e opportuno, oggi è doveroso, urgente, necessario perché è in giuoco la stessa possibilità di una efficace e autonoma presenza socialista, liberale, laica e radicale.

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