RIUSCIRÀ IL PD A CAMBIARE I 5STELLE? PER ORA PARE IL CONTRARIO di Nicola Cariglia da Pensalibero.it – 13 ottobre 2019
13 ottobre 2019
Come se Di Maio, liberatosi dal mobbing di Salvini, avesse preso a sua volta a mobbizzare Zingaretti. E, intanto, in Toscana, il PD
rischia di buttare al vento la probabile vittoria alle regionali.
Combattere frontalmente sovranismo e populismo o cercare di dividerlo e frantumarlo, insinuandosi tra le sue file. Questo era il dilemma che agitava circa la metà della politica italiana, ovvero tutta quella che non si riconosce nella Lega di Salvini, nei Fratelli d’Italia della Meloni e nei Cinque Stelle di Di Maio. Agitava, perché oggi la scelta sembra essere stata fatta: ciascuno a suo modo, gli avversari del sovranismo hanno scelto di provocarne la divisione con la speranza di neutralizzarlo. “Ciascuno a suo modo” perché se PD e Leu si sono alleati con i 5Stelle, Forza Italia ha optato per la tradizionale alleanza con Lega e Fratelli di Italia per ricomporre il vecchio schieramento di centrodestra. “Sembrano”, perché il percorso intrapreso lascia intravedere in entrambi i casi che il traguardo possa essere opposto a quello desiderato. Semplice arguire questo se si guarda al centrodestra: Forza Italia è quella che fa la parte della donatrice di sangue, scossa come è dalle polemiche interne e dalle fughe. E sarà molto difficile che Berlusconi possa guadagnarsi alle prossime elezioni politiche un peso che gli consenta di condizionare, come vorrebbe, la politica del duo Salvini-Meloni.
Ma anche se si guarda verso sinistra i dubbi sulla capacità di arginare e ridimensionare i 5Stelle da parte del PD crescono ogni giorno di più. Scherzando, ma non troppo, Francesco Cundari, giornalista del Foglio, si è chiesto se “a questo punto non è meglio fare direttamente Di Maio segretario del PD?”. E, a sostegno di questa sua tesi, una lunga serie di cedimenti che dimostrerebbero l’assoluta sudditanza PD ai 5Stelle: come se Di Maio, liberatosi dal mobbing di Salvini, avesse preso a sua volta a mobbizzare Zingaretti. Conferma del reddito di cittadinanza e di quota 100, taglio dei parlamentari, e poi la riforma della prescrizione sarebbero tutte vittorie che il PD avrebbe lasciato agli alleati di governo in cambio della possibilità di ottenere accordi elettorali nelle regioni, a cominciare da Umbria, Calabria ed Emilia. E così Di Maio si è potuto pubblicamente vantare di avere persino condotto il PD a rinnegare una delle battaglie più significative e di maggiore differenziazione quella sul vincolo di mandato che vedeva un tempo contrapposti fieramente i due partiti. “In Umbria – ha detto in una intervista – sulle multe per chi cambia partito ci hanno seguito”.
Di questo passo, l’atteggiamento di superiorità ostentato dai principali esponenti del PD, perennemente con l’espressione grave di chi sta civilizzando i barbari, appare del tutto fuori luogo. Per ora succede il contrario. E intanto, in Toscana, i vertici del PD non sanno che pesci prendere pur di impedire la vittoria ad un loro candidato, Eugenio Giani. E’ attualmente presidente del consiglio regionale, dato come sicuro vincitore in caso di primarie, quasi certamente vincerebbe anche le elezioni. Ma c’è un ma. Giani ha una storia da socialista, ed è popolarissimo, soprattutto a Firenze. Quanto basta, ancora oggi, a rendere indigesta la sua vittoria. Può accadere che si scelgano candidati ex Forza Italia o ex tante altre cose. Un socialista, mai. A costo di perdere.
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