RIFORMA PREVIDENZA: NON TUTTO È DA BUTTARE di Silvano Miniati dall’Avanti della Domenica del 18 dicembre 2011
26 gennaio 2012
La delicatezza della situazione politica ed economica impone a tutti noi l’obbligo di analizzare ogni provvedimento del governo Monti con il massimo di saggezza e realismo, soprattutto quando la parte migliore di un provvedimento rischia di essere oscurata dalle parti che non sono invece condivisibili. Per quanto riguarda le pensioni, abbiamo già detto quanto sia inaccettabile qualsiasi provvedimento che intervenga per bloccare o rallentare un meccanismo di indicizzazione pur imperfetto e dannoso per i pensionati. Si tratta di un meccanismo che, sommando i suoi effetti a quelli delle addizionali e della mancata restituzione del fiscal drag, ha provocato in meno di dieci anni la riduzione del valore reale di una pensione media di circa il 30%. Altrettanto negativa appare la decisione di intervenire sull’età pensionabile, senza affrontare contestualmente il problema dei lavori usuranti e dei disoccupati over 45, che non riescono a ritrovare il lavoro. Esiste, tuttavia, tra le proposte avanzate dalla ministro Fornero una proposta di grande rilievo che, se attuata seriamente, potrà finalmente portare alla realizzazione di un sistema previdenziale con regole davvero uguali per tutti. Decidere il passaggio al sistema contributivo per tutti, se lo si facesse realmente, rappresenterebbe una svolta davvero epocale, sostanzialmente identica a quella che abbiamo proposto attraverso l’adozione del Conto previdenziale personale. Cerchiamo di riepilogare in modo sintetico perché sarebbe lecito parlare di svolta epocale. Passare tutti al contributivo significa che, per ogni cittadino, giovane precario, parlamentare, grande manager o generale che sia, valgono le stesse regole. A ben vedere, la legge Dini conteneva questa scelta, che fu poi volutamente disattesa a fronte delle prime reazioni negative. Oggi si ripresenta l’occasione e sia il governo che le forze politiche e il sindacato non possono perdere di nuovo una occasione storica. A nessuno sfugge il fatto che stabilire, da domani, regole uguali per tutti azzera una giungla di privilegi, ma non interviene su quelli già goduti o in essere. Intervenire su questi ultimi non sarà un percorso agevole. Le prime avvisaglie in materia non sono affatto incoraggianti. Fini e Schifani, dopo aver discusso con la ministro Fornero, avanzano una proposta per le pensioni dei deputati che appare chiaramente inaccettabile. Che senso ha riproporre per i deputati e senatori età diverse da quelle previste dalla legge? Se 65/67 anni rappresentano il limite fissato dalla legge, questo deve valere per tutti. Sarebbe oltretutto incomprensibile una norma che fissasse la pensione a 65 anni per chi ha fatto una sola legislatura e a 60 per chi ne ha fatte più di una. Il principio della assoluta parità nelle regole e nei trattamenti andrebbe invece valorizzato al massimo, non perdendo l’occasione per dare una verniciata di equità ad un sistema che, per il futuro, non avrebbe più bisogno di interventi traumatici. In questa prospettiva, anche la scelta delle pensioni integrative previste nei contratti potrebbe finalmente riprendere vigore, a condizione che lo Stato compia scelte chiare e incisive per sostenerle.
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