RICOSTRUIRE IL SOCIALISMO EUROPEO di Emanuele Macaluso da Il Riformista del 22 novembre 2011

21 dicembre 2011

RICOSTRUIRE IL SOCIALISMO EUROPEO di Emanuele Macaluso da Il Riformista del 22 novembre 2011

"Il voto spagnolo è chiaro e netto: ha vinto, acquisendo la maggioranza assoluta, il partito conservatore di Mariano Rajoy e ha perso, malamente, il partito socialista di Zapatero e Alfredo Perez Rubalcaba. “Gioia e preghiera alle radio dei vescovi”, il Corriere titola un articolo di Aldo Cazzullo. «È finita la guerra contro la Chiesa e ora - dice il direttore di quella radio - una parte del nostro mondo vive la vittoria del PP come una riconquista cattolica». E lo stesso direttore, però, chiarisce che il partito di Rajoy «non è quello di Sturzo e di Martinazzoli», è una formazione «laica». Non è nemmeno assimilabile al coacervo personale di Berlusconi. Si tratta di un partito conservatore in cui ha un gran peso l’influenza della Chiesa. Questo articolo non serve a esaminare le ragioni della sconfitta di Zapatero su cui già si discute in tanti giornali e su cui rifletteremo anche noi. Oggi mi preme osservare che in Europa, dove imperversa una pesante crisi economica e sociale, l’Ue, e tutti i governi che contano, sono guidati da forze democratiche conservatrici. Le quali, ora, cercano di mettere insieme una politica comune. Monti ha chiesto e ottenuto una riunione a “tre” con la Merkel e Sarkozy (non più a “due”); ma anche con la elezione di Rajoy in Spagna le cose cambiano. La Grecia si è adeguata a questa nuova situazione. Vedremo cosa diranno i “tre”. L’Italia ha una posizione particolare perché il governo Monti non è assimilabile ai conservatori europei, e perchè una delle gambe che lo reggono è quella del Pd. Tuttavia, ecco il punto su cui ragionare, l’impianto fondamentale della politica europea per fronteggiare la crisi non si discosterà da quello, per esempio, indicato dalla Bce per l’Italia. Sull’altra sponda, quella dei partiti socialisti, sul piano europeo non si intravede una linea politica comune: né alternativa a quella dei conservatori, né di sostanziale correzione su questioni centrali come la riforma del welfare e il ruolo dell’intervento pubblico. L’iniziativa dei partiti della sinistra si svolge solo sul piano nazionale, mentre la politica dei conservatori ha il crisma dell’Ue e dell’europeismo. Anche i sindacati operano “sparpagliati”, come l’opposizione radicale in Grecia e con sconfitte certe, o con piattaforme nazionali di contenimento delle politiche conservatrici. Sia chiaro, io non penso che ci sia una politica di radicale alternativa, di sistema, a quella indicata dalle strutture europee, ma manca una dialettica, una lotta sociale e politica a livello europeo per soluzioni in cui, come ha detto lo stesso Monti, il risanamento e lo sviluppo siano coniugati con l’equità sociale. Le sinistre radicali propongono di uscire dall’Ue, di tornare alla moneta nazionale e a pratiche protezionistiche. In assenza di una proposta europea, le sinistre nazionali si troveranno nelle condizioni di aderire o opporsi radicalmente, con il risultato già visibile, non solo in Italia, di dividersi. La posizione del Pd, oggi, somiglia a quella dei socialisti italiani nella prima guerra mondiale: né aderire, né sabotare. Lo stesso sarà per il sindacato. Ma, la sinistra riformista è tale se è europeista e si batte per l’integrazione politica, se chiama i lavoratori e i popoli a partecipare e democratizzare l’Ue. Questo scritto serve, se serve, per dire ancora una volta che il Pd, il quale non è nel partito socialista europeo, ma con esso ha un rapporto positivo e sta con i socialisti a Strasburgo nel gruppo parlamentare, dovrebbe promuovere un incontro e tentare di costruire una posizione comune. Lo stesso dico ai sindacati. La sconfitta dei socialisti spagnoli è, ancora una volta, la sconfitta del “socialismo nazionale”. Dobbiamo ricostruire il socialismo europeo. Non c’è un’altra strada.

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