RIACE di Alberto Benzoni
09 ottobre 2018
L'ultima cosa di cui Mimmo
Lucano e l'esperienza di Riace hanno bisogno è di diventare icone del
"politicamente corretto" e bersaglio di quello scorretto. E non solo
perchè il relativo scontro si traduce quasi automaticamente nella vittoria del
secondo. Ma anche perchè imbalsamare Lucano e il suo progetto in icone a uso e
consumo di terzi ci farebbe perdere coscienza del carattere potenzialmente
rivoluzionario di quella esperienza; almeno rispetto alla gestione disastrosa
del problema migranti da parte della sinistra ufficiale.
Rivoluzionario ( nel senso della rimessa in discussione radicale dell'approccio
esistente) per almeno quattro ragioni.
In primo luogo perchè muta radicalmente l'oggetto del contendere: non più
l'accoglienza ( leggi il soccorso in mare e lo sbarcare) ma l'integrazione. Sul
primo tema, la sinistra è stata schiava della sua retorica fino
all'autolesionismo ( se la scelta era tra l'accogliere tutti e non accogliere
nessuno, la risposta era scontata) e, sul piano delle soluzioni concrete, con
una coda di paglia lunga un chilometro. Mentre il secondo le appartiene e può
essere vincente.
In secondo luogo, perchè ricorda a tutti un fatto che i dirigenti della
"sinistra"amano dimenticare. Il fatto che,a creare la clandestinità e
a impedire di uscirne è la legge Bossi-Fini, legge quindi non solo ingiusta ma
criminogena. E ancora che la sinistra politicamente corretta è mancata, per
volontaria rinuncia, all'obbligo morale e politico di cambiarla E, infine, che,
come sta avvenendo negli Stati uniti, ma non solo, leggi ingiuste che non si
possono o vogliono cambiare al vertice, possono e debbono essere rimesse in
discussione alla base.
Ancora, è con l'esperienza di Riace che la battaglia per l'integrazione trova i
suoi veri protagonisti e, con essi, la possibilità stessa di essere vincente.
Stiamo parlando delle centinaia di migliaia di persone in giro per l'Italia, associazioni
civiche, amministratori, mediatori sociali, insegnanti, operatori sociali, per
le quali la lotta alla xenofobia non è esibizione personale della propria
superiorità morale ma pratica e direi fatica quotidiana ignorata dai media e
collettivamente misconosciuta. Con Riace, questa pratica è tornata alla luce; e
può anzi deve diventare una bandiera affidata, pubblicamente a chi ha tutti i
titoli per esercitarla. E per conquistare, intorno ad essa, un consenso
maggioritario.
Da ultimo, Riace, esperienza che ha coinvolto, insieme ai migranti gli
abitanti, ci ricorda che il metro della politica, e in particolare della
politica di sinistra sono, in definitiva, le persone. E che i migranti sono
persone: non simboli, positivi o negativi, a uso e consumo di chi ne fa
strumentalmente uso.
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