QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO DEI VOUCHER di Maurizio Ballistreri

27 marzo 2017

QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO DEI VOUCHER di Maurizio Ballistreri

Parafrasando il romanzo di Carlo Emilio Gadda, la decisione del governo di abrogare per decreto i voucher, evitando così il referendum promosso dalla Cgil, si può definire “quel pasticciaccio brutto”, prestandosi a più considerazioni di natura politica, sindacale e giuslavoristica.
Sul piano politico il governo Gentiloni, per evitare una nuova prova referendaria destabilizzante per la sua stessa tenuta, ha eliminato l’oggetto del contendere, quei voucher che rappresentavano una modalità di retribuzione per il lavoro occasionale di tipo accessorio, al centro delle polemiche per aver precarizzato ulteriormente le prestazioni di lavoro. Una scelta saggia che, sul piano politico, costituisce una nuova sconfitta, questa volta postuma, per il governo Renzi, che aveva difeso strenuamente un istituto “ereditato” dagli esecutivi del centrodestra guidati da Berlusconi, condividendone la cultura della flessibilità e della deregolazione delle tutele lavoristiche.
Vince la Cgil, che aveva promosso da sola il referendum sui voucher (assieme a quelli sugli appalti e sul ripristino dell’art. 18 in materia di licenziamenti, quest’ultimo non ammesso dalla Corte costituzionale), a fronte della posizione pilatesca di Cisl e Uil, senza doversi cimentare in una consultazione resa assai problematica dal difficile raggiungimento del quorum.
Adesso, però, è tempo di una riflessione più ampia sul tema dei diritti del lavoro in Italia. Dal 1997 abbiamo assistito ad una serie di interventi legislativi, tutti rivolti ad introdurre maggiore flessibilizzazione sul mercato e nel rapporto di lavoro, di tipo alluvionale, sovente contradditori e senza collegamenti.
Dal “Pacchetto-Treu”, la legge-delega n.196/1997, alla “Legge-Biagi”, la n.30 del 2003 attuata dal decreto legislativo n.276 dello stesso anno, sino ai provvedimenti del governo Monti con la “Legge Fornero” (la n.92/2012) e al cosiddetto Jobs Act, quest’ultimo una vera e propria riscrittura peggiorativa di una serie di istituti di tutela del mondo del lavoro come licenziamenti individuali e collettivi, mansioni e qualifiche, attraverso vari decreti legislativi tra il 2014 e il 2015, voluti dall’allora premier Renzi e dal ministro del Lavoro Poletti, che hanno recepito le indicazioni confindustriali e dell’amministratore delegato di Fca-Fiat, Marchionne.
Ma il “pasticciaccio brutto” consiste nel fatto che i voucher già acquistati potranno essere utilizzati per tutto l’anno senza alcuna regolazione, considerato che il decreto-legge del governo ha abrogato la disciplina, anche se c’è ci sostiene che rimarrebbe in vita la previgente normativa.
In generale è avvertita l’esigenza di una riscrittura generale della disciplina lavoristica, per questo c’è bisogno di un vero e organico codice del lavoro, sul modello francese, al cui interno inserire in forma coordinata le disposizioni del codice civile in materia di subordinazione, lo Statuto dei lavoratori e gli altri provvedimenti di legge intervenuti, sfoltendo la normativa e predisponendo una generale semplificazione, a beneficio degli interpreti del diritto del lavoro e, soprattutto, dei contraenti il contratto di lavoro: dipendenti e aziende.

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