QUALE FUTURO PER IL SOCIALISMO – di Tomaso Greco, da l’Avanti! del 17 marzo 2007

26 marzo 2007

QUALE FUTURO PER IL SOCIALISMO – di Tomaso Greco, da l’Avanti! del 17 marzo 2007

Occorre una proposta moderna che sappia dare una visione diversa del domani

Negli ultimi mesi si è aperto un dibattito sul futuro del socialismo italiano, che risulta interessante proprio perchè lontano dagli accorati appelli nostalgici a cui siamo stati, un po' troppo spesso, abituati e in fin dei conti anche assuefatti.
La Lombardia è una regione difficile per i socialisti; è sufficiente sfogliare i risultati elettorali dell'ultimo decennio per accorgersene. Eppure qui in Lombardia il socialismo ha una tradizione radicata di forza capace di intercettare e di rappresentare una consistente parte delle istanze sociali.
Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di ostracismo immotivato e miope, entrambe le coalizioni si sono accorte delle potenzialità del riformismo socialista.
Aperture a esponenti di primo piano dell'area socialista sono state fatte da Formigoni in occasione della nomina di Tognoli a presidente della fondazione Policlinico e con il progetto, non realizzato, di una lista riformista alle regionali passate.
Sul fronte opposto, l'interesse di Penati nei confronti della storia socialista è ben testimoniato dalla sua partecipazione a un'iniziativa della Fondazione Craxi nel Gennaio 2005.
Nonostante gli episodi ricordati, si può complessivamente affermare che nella seconda repubblica i socialisti lombardi, schierati nei due opposti schieramenti, non sono riusciti a essere davvero determinanti, limitandosi perlopiù a battaglie di sopravvivenza di identità o di gruppi organizzati.
Il caso di Milano è emblematico, nel capoluogo infatti ben tre formazioni socialiste si sono candidate a occupare il vuoto politico lasciato dal garofano, senza mai riuscire neppure ad avvicinarsi all'obiettivo. Oggi la crisi della seconda repubblica apre da un lato il tema delle identità, dall'altro chiude una stagione politica.
Le formazioni attuali sono ritenute poco adatte a gestire una nuova fase e si prospetta quindi un riassetto sul doppio binario che vede, a destra, un partito popolare e, a sinistra, la costruzione di un partito democratico.
Trovo corretto parlare di riassetto e non di discontinuità, perchè il nuovo quadro sembrerebbe assumere i connotati di una riproposizione consolidata del bipolarismo all'italiana.
Se è difficile immaginare una presenza socialista in un partito popolare, del resto il bipolarismo europeo si basa sulla contrapposizione tra socialisti e popolari e il fatto che in Germania governino insieme non toglie che si presentino alle elezioni in modo distinto e concorrenziale; sono invece molti gli inviti rivolti ai socialisti a far parte del partito democratico.
Ci sono ragioni contingenti e ragioni remote per le quali i socialisti non possono sentirsi a casa propria nel Pd. Contingenti perchè il nuovo soggetto democratico si presenta come poco adatto a sostenere battaglie di laicità e conserva molte ambiguità sulla posizione europea (ad oggi si collocherebbe fuori dal PSE).
Non sono tuttavia solo queste le ragioni che rendono problematico l'ingresso dei socialisti nel Pd. Le motivazioni sono più profonde: il processo di costruzione del Pd parte dalla decisione del gruppo dirigente dell'allora PDS, nella prima metà degli anni '90, di costruire un rapporto privilegiato con gli ex democristiani di sinistra, anche allo scopo di considerare superata una più complessa questione socialista, intesa come revisione della sinistra italiana nella sua dimensione strutturale e politica.
Oggi il tema di una rinnovata identità socialista si ripropone fuori da quel contesto e non riguarda solo la ricomposizione di una famiglia politica, gli eredi del PSI e del PSDI, ma investe l'intera sinistra e riscuote interesse anche in parte dell'attuale centrodestra.
C'è spazio in Lombardia e a Milano per una nuova proposta socialista? E' una delle affascinanti sfide che abbiamo davanti. Certo che di un socialismo moderno che sappia avere una visione di futuro e un respiro europeo, che si faccia carico della domanda di inclusione sociale e di democrazia presente a vari livelli nel Paese, che abbia il coraggio di affrontare il nodo delle ineguaglianze di opportunità e quello delle povertà relative, sembra esserci davvero bisogno.

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