QUALE EUROPA 2019? di Felice Besostri

22 maggio 2018

QUALE EUROPA 2019? di Felice Besostri

QUALE EUROPA 2019?   VORWÄRTS - PARTE PRIMA

Nel  giugno 1989 contestualmente all’elezione degli 81 parlamentari europei spettanti all’Italia, 37 560 404 votanti, l’ 80,68%, parteciparono ad un referendum consultivo e di indirizzo sul futuro dell’unità  europea, indetto con la legge cost. 3 aprile 1989, n. 2.

Il testo del quesito era particolarmente impegnativo: “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?”. Il risultato fu inequivoco 29 158 656 sì pari all’88,03% dei 33 122 742 voti validi,

Se questo referendum dovesse essere ripetuto nel 2019, trent’anni dopo, c’è da dubitare che i risultati siano analoghi, anche in termini di partecipazione Nel 2009 i votanti sono stati 32 749 004, pari al 65,05%, ma grazie all’accordo PD FI, che introdussero una soglia del 4%, ben  3.980. 535  voti validi per liste  totalizzanti il 13,99 % non ebbero rappresentanza, mentre la Südtiroler Volkspartei con il suo 0,47% elesse un rappresentante.  Nelle elezioni 2014 I votanti sono stati 28 991 258, pari al 57,22%, quasi 8 punti percentuali in meno. Grazie al successo di Altra Europa con Tsipras, 3 seggi  e 1.108.457 voti (4,04%), sono state ridotte le esclusioni dalla rappresentanza a 1.635.930 elettori e al 5,96% dei voti validi. Il calo di partecipazione alle europee è generalizzato e costante in Europa, nel 2009 votò il 42,94%  e nel 2014  il 42,61 % , ma il brusco calo italiano, quasi 8 punti percentuali in meno, è da mettere in rapporto con la nuova soglia di accesso, che  demotiva la partecipazione di chi non può nemmeno aspirare alla rappresentanza. Speriamo che il 9 ottobre prossimo la Corte Costituzionale italiana segua quella tedesca, nel ritenere illegittima la soglia di accesso nel Parlamento europeo, nel quale non esiste un problema di frammentazione della rappresentanza nazionale: i gruppi parlamentari si  costituiscono su base di affinità politica e plurinazionale e per essere riconosciuti i gruppi politici devono essere composti da almeno 25 deputati eletti in sette Stati membri (almeno un quarto dei paesi). Paradossalmente più una delegazione nazionale è frammentata più è facile costituire gruppi, che comprendono almeno 7 stati nazionali. Le formazioni politiche attualmente esistenti a sinistra del PD, di qualsivoglia natura rischiano la ripetizione  delle politiche del 2008 e delle europee 2009 e 2014, cioè di non essere rappresentate nell’assemblea legislativa dell’Unione Europea: un  problema non da poco anche per una ripresa di iniziativa politica in Italia. Non sembra che la questione abbia l’attenzione che si merita ed è affrontata in termini di contingenza politica e non di strategia. Il cosiddetto sovranismo sta progressivamente sostituendo anche a sinistra quel surrogato d’internazionalismo rappresentato da un generico europeismo, alibi alla propria impotenza politica e progettuale: una scelta suicida in un mondo sempre più globalizzato e dominato dalla finanza internazionale e dalle multinazionali, che giocano anche un ruolo geopolitico, insieme con i grandi paesi di riferimento, in particolare Stati Uniti, Cina e Federazione Russa.  I Trattati dell’Unione Europea non sono in sé ostacolo all’attuazione della nostra Costituzione, semmai è l’art. 81 Cost., che crea problemi, ma la formulazione dell’art. 81 è opera nostra e della legge costituzionale  20 aprile 2012 n.1, recante «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale», che ha introdotto modifiche anche agli artt. 97, 117 e 119 della Costituzione, che con protervia è stata approvata con una maggioranza dei 2/3 dei componenti delle due Camere per evitare il referendum confermativo. La legge costituzionale n. 1/2012 contiene un falso già nel titolo, perché di pareggio di bilancio non se ne parla nel testo, bensì di equilibrio di bilancio. Nessun altro grande paese europeo, nemmeno la Germania, ha una norma analoga e nessuna norma tedesca consente un automatismo di prevalenza del diritto europeo su quello interno, quando è in gioco la Legge Fondamentale della RFT, cioè la loro  Costituzione.

QUALE EUROPA 2019?  SOFORT NACH LINKS - PARTE SECONDA

La preminenza dei valori costituzionali dei singoli fa parte dell’ordinamento giuridico europeo, come si desume dagli articoli 4.2 (2.L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.) e 6.3 (I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del­ l'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.) TUE o dall’ art.223.1 TFUE(1.Il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l'elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri.       Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.).

 Nei Trattati europei, ci sono, come nella nostra Costituzione, norme fondamentali, da individuare nel Titolo I DISPOSIZIONI COMUNI (artt. 1-8) e nel Titolo II DISPOSIZIONI  RELATIVE  AI  PRINCIPI DEMOCRATICI (artt. 9-12). Nel Titolo I sono  particolarmente importanti  gli articoli 2 (L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze.), 5 (1.   La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione. L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e  proporzionalità. 2. In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati   membri.) e il 6 (1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.). Nel Titolo II si segnalano l’art. 9 (L'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.) e il 12,  he prevede l’associazione dei Parlamenti nazionali alla fase ascendente della normativa comunitaria e quindi alla partecipazione dei cittadini, se si desse attuazione agli articoli 50 ( diritto di petizione) e 71 ( iniziativa legislativa popolare) della nostra Costituzione.  Il problema non è nelle norme, ma nei rapporti di forza politici e la sinistra è messa sempre peggio sia a livello europeo, che nazionale. Alle prime elezioni dirette del PE, con 9 paesi e 410 seggi, i socialisti erano la prima forza politica con il 27,5% e 113 seggi e con le altre formazioni di sinistra raggiungevano il 38,2%. Nel 1989, con 12 paesi e 518 seggi il PSE( 180), la Sinistra europea (42) e i Verdi (30) totalizzavano 265 seggi  oltre la maggioranza assoluta pari a 259 seggi. Nel 2014, con 28 paesi e 751 seggi la sinistra rosso-verde ne ha 291, ben lontana dalla maggioranza di 376 seggi  e il primo partito è il PPE  con il 29,4%  e 221 seggi davanti al PSE al  25,4 % e  191 seggi, benché sia ancora il raggruppamento politico più votato con 40.202.068  voti rispetto ai  38.610.376  del   PPE.     Nel Parlamento europeo si rispecchia la debolezza della sinistra nei singoli stati. Alle ingenti perdite dei Partiti del PSE non corrisponde un proporzionale aumento delle formazioni alla loro sinistra e sempre la loro sommatoria è inferiore a quella del miglior risultato dei socialisti nel singolo paese e, anche ora, alla somma di socialisti e comunisti nel primo dopoguerra, in Italia, Francia e persino Germania.  Prima di staccarci  psicologicamente e politicamente dall’orizzonte europeo pensiamo a quanto costò la battaglia per avere parlamenti nazionali a suffragio universale e diretto. In Europa abbiamo un Parlamento  eletto a suffragio universale e diretto, si devono rafforzare i suoi poteri e la sua centralità non indebolirlo non a favore dei Parlamenti nazionali, ma dello Stato nazionale e degli esecutivi nazionali, che hanno sempre maggiori potere,  perché giocano in maniera coordinata su due tavoli, quello nazionale a danno del loro Parlamento e su quello europeo  limitando il Parlamento europeo. Il potere esecutivo è presente  nel Consiglio europeo, l’organo che  definisce l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione europea, composta dai  capi di Stato o di governo dei Paesi membri, dal presidente della Commissione europea, dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dal suo Presidente permanente.  I rappresentanti degli Stati, di norma ministri, fanno parte del Consiglio previsto dall’art. 16 TUE, che si riunisce in composizione variabile secondo l’argomento con il ministro competente per materia  e il corrispondente commissario europeo. Il Consiglio, congiuntamente al Parlamento europeo, esercita la funzione legislativa e la funzione di bilancio; coordina le politiche economiche generali degli Stati membri; definisce e implementa la politica estera e di sicurezza comune; conclude, a nome dell'Unione, accordi internazionali tra l'Unione e uno o più Stati o organizzazioni internazionali; coordina le azioni degli Stati membri e adotta misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Lo squilibrio è evidente e può essere ridotto sia applicando con rigore l’art. 12 del TUE a livello nazionale e negli organismi di cooperazione interparlamentare tra parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo  previsto dalla lettera f) dell’art. 12 TUE, che aumentando i poteri normativi e di controllo del Parlamento europeo.

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