POPULISTI: COSA SONO E PERCHE' E CONTRO CHI VINCONO di Alberto Benzoni
31 maggio 2018
Per prima cosa mettiamoci d'accordo sul significato della parola. Se per
"populista"s'intende tutto ciò che per noi è brutto sporco e cattivo,
da Trump fino a Hitler, è inutile discuterne. Se invece definiamo tale
qualsiasi movimento costruito sul rapporto diretto tra un leader e il popolo (o
la nazione) scavalcando o contestando il "sistema" e le forme in cui
esso si articola, allora, sia pure con una buona dose di approssimazione, ci
avviciniamo alla realtà. Una realtà in cui variamente populisti (magari con
progetti tra loro molto diversi) non sono soltanto i caudillos d'America
ricordati da Panebianco, con l'inclusione di Orban o di Trump, ma anche
personaggi del passato prossimo come Nixon ed (ebbene sì) il generale De Gaulle
(lui guidava il popolo in nome della nazione; ciò che non gli impedì,
all'epoca, di essere considerato un fascista dalle anime belle della democrazia
italiana) o del passato più lontano, come l'ingiustamente disprezzato Napoleone
III.
Cos'hanno in comune questi personaggi? Il fatto di scontrarsi con
l'establishment e le forze che la rappresentano. Questo è lo scontro
fondamentale; ed è uno scontro in cui la sinistra, per varie ragioni, o non c'è
o sta dalla parte sbagliata
Quando Napoleone III fa il suo colpo di stato, gli operai parigini non alzano
un dito per difendere una classe dirigente reazionaria che li aveva
letteralmente massacrati (e che completerà l'opera più di vent'anni dopo, ai
tempi della Comune). Quando Eva Peron chiama alla battaglia i sindacati o
riempie il teatro Colon, disertato dalle dame della buona società, con
cameriere opportunamente ingioiellate e riverite, i cultori del socialismo
stanno in disparte a meditare. Quando De Gaulle si scontra con la destra atlantista
e contro l'eversione dell'Oas, la sinistra non è della partita. Quando i
deplorevoli deplorevolissimi polacchi e ungheresi conquistano e mantengono il
potere con il voto, non si confrontano con la sinistra nè con gli emarginati
del loro paese, ma con dei dirigenti ex comunisti convertiti all'ordoliberismo
più sfrenato. E, per converso, quando i "populisti"vengono tolti di
mezzo, in modo regolare o con l'aiutino, a vincere non sarà la sinistra ma
l'establishment conservatore o moderato; noi arriveremo dopo, per vincere le
uniche battaglie che sappiamo o meritiamo di vincere: quelle tra sinistra e
destra all'interno di un sistema di democrazia liberale.
Oggi, in Italia, la storia si ripete. Da una parte il populismo dall'altra
l'establishment. E tanto per chiarire io penso che una sinistra degna di questo
nome debba combattere il primo, ma in nome delle promesse mancate e delle sue
irrimediabili ambiguità; ma per favore, non in nome dell'economicamente
corretto, dell'antifascismo o dello "spread giudice e vendicatore dei
reprobi". E che magari rifletta sul fatto, banale quanto evidente, che è
stato il suo sonno, leggi la sua cieca e stupida adesione al sistema e ai suoi
valori, a produrre