PISAPIA SU' LA TESTA ADESSO di Walter Marossi da www.arcipelagomilano.org

07 giugno 2013

PISAPIA SU' LA TESTA ADESSO di Walter Marossi da www.arcipelagomilano.org

In una cosa il Pd è sicuramente uguale al Pci: l’assenza di una leadership milanese e lombarda di livello nazionale. A Milano la sinistra è storicamente sempre stata socialista sia nel versante riformista sia in quello massimalista, in Lombardia accanto ai socialisti è stato il mondo cattolico progressista a esprimere leader rilevanti a livello nazionale, i comunisti sono sempre state figure minori e come tali considerati. Al Pd oggi va anche peggio, nonostante sia privo di competitor sia sul cotè destro che sinistro, nonostante abbia raggiunto percentuali record non esprime alcuna leadership nazionale e fa fatica a imporsi come guida appena fuori da Sesto s Giovanni; già a Cinisello perde le primarie per il sindaco dividendosi e facendo vincere un outsider di sinistra ma di famiglia (sobrio il commento del perdente “il tradimento non paga mai”). Non so trovare una ragione a questo stato di cose e la questione sarebbe di scarso interesse per i non addetti ai lavori se non fosse che pregiudica gravemente le chances di successo complessive del centrosinistra e quindi le possibilità di cambiamento per il paese. La debacle lombarda alle ultime elezioni determina l’impasse per il buon Bersani, infatti i 420.000 voti di differenza rispetto a Berlusconi al Senato sottraggono almeno 16 seggi al centrosinistra che si sarebbe avvicinato di molto alla maggioranza. Una parte del mondo politico tende a ridurre la questione all’inadeguatezza dell’apparato e del duo Martina / Cornelli definiti “ragazzotti incompetenti e irresponsabili”, francamente penso che non sia così. L’apparato semplicemente non esiste più da un decennio e il suo richiamo mi sembra la semplicistica e nostalgica reminiscenza di giovanilistiche interpretazioni trotkiste: piuttosto che dire abbiamo sbagliato è meglio incolpare un indefinito apparato, neanche fossimo all’hotel Lux! Le attività di un segretario in realtà sono ridotte oggi alla gestione organizzativa e finanziaria delle campagne elettorali tutto il resto essendo delegato alle primarie, ai gruppi, alle correnti o a Roma. Dal punto di vista strategico non credo che i segretari abbiano mai detto nulla o per lo meno nessuno se ne è accorto, a meno che li si voglia imputare del sostegno ai perdenti Boeri e Ambrosoli che avevano però il consenso maggioritario nel partito. Al massimo i “ragazzotti” andrebbero ringraziati per aver in questi anni messo in condizione il Pd di sopravvivere alle tensioni interne, di vincere a Milano e buona parte delle città della regione, in primis la bianchissima Como, di avere percentuali elettorali alte. Dopodiché se uno ha una buona voce non necessariamente canterà alla Scala, in altri termini non sono fuoriclasse tuttavia non vedo alle loro spalle geni incompresi e repressi; pensare che con la sostituzione di Cornelli si risolva il problema della “personalità” del Pd milanese è pura fantascienza, forse è più sensato abolire la figura del segretario tout court. Ne si può dire che le risorse nella coalizione esterne al Pd possano ovviare a questa vacatio. A sinistra vaga qualche simpatico vendoliano ancorato al 2%, i socialisti/socialdemocratici sono estinti e l’accanimento con cui si sono presentati alle elezioni regionali rivolgendosi ai “socialisti biografici” ormai canuti è commovente ma patetico, sulla destra il tentativo di creare uno schieramento cattomoderato ha prodotto come dato più significativo una eccellente parodia internettiana: i marxisti per Tabacci. Gli arancioni, al netto delle complicate differenze interne, esistono grazie alla lista regionale con il nome di Ambrosoli ma tutta la retorica del nuovo patto civico vale all’incirca 100.000 voti (confrontate i dati del 2005 se avete dubbi). La stessa società civile che pure ha cercato con Boeri, Ambrosoli, Onida, di ovviare parzialmente o totalmente alle debolezze del Pd ha fallito nel proporre una leadership, simbolico il licenziamento con sbeffeggio di Boeri. Unica eccezione in questo panorama: Palazzo Marino. Pisapia le elezioni le ha vinte e ha un rapporto con le forze politiche originale anche se non nuovo, alla Mattei: li usa come taxi. Palazzo Marino è sempre stato il luogo simbolo dove si affermava e praticava l’egemonia sulla sinistra, la palestra indispensabile per chiunque volesse occuparsi di politica nazionale; su quei banchi hanno seduto da Turati (per decenni) a Mussolini, da Craxi a Spadolini, da Treves a Vittorini a d’Aragona a Mondolfo a Rossanda a Cossutta a Vigorelli. Il sindaco in particolare ha sempre avuto un ruolo politico determinante basti ricordare Caldara che garantì a lungo l’egemonia riformista sulla sinistra milanese o Greppi che caratterizzò la politica amministrativa del dopoguerra con uno stile che ha retto per quattro decenni. Se nessun sindaco milanese ha avuto una proiezione nazionale corrispondente alle aspettative, tuttavia hanno condizionato e improntato le scelte politiche della loro parte politica in modo determinante, non ultimo facendo da indispensabile traino elettorale. Volente o nolente a Pisapia tocca questo compito. Non è più sufficiente fare il suggeritore, non è più l’epoca dei consigli disinteressati e dello stare super partes occorre che agisca in prima persona, che assuma cioè la leadership del centrosinistra formalmente e ufficialmente e che proponga un progetto politico di respiro. La sconfitta di Ambrosoli e il successo di Grillo confermano che il centrosinistra è strutturalmente minoritario in Lombardia e che neppure con le migliori condizioni di partenza riesce a vincere, ripartire da Milano non è quindi una scelta è un obbligo. Gli altri le chances le hanno avute ma hanno perso. Quando Pisapia dichiara che una collaborazione con il Pdl è improponibile, che Bersani ha fatto il suo tempo, che Renzi non va bene, che ci vogliono le primarie, parla da leader politico, ebbene lo faccia fino in fondo e non a mezzo servizio, tanto più se come afferma vuole continuare a fare il sindaco (sperem), perchè il sindaco innanzitutto fa politica. Quando invece Pisapia per risolvere il contrasto Renzi Bersani dice “basta parlarsi” dice ecumeniche sciocchezze e rinuncia al ruolo che gli tocca. Il sindaco amministratore di condominio non serve. Un progetto politico di respiro e una leadership significano infatti anche un progetto e un azione amministrativa innovativa, sopratutto quando si è in una situazione di crisi economica; né Caldara né Greppi rinunciarono alla città che volevano per le ristrettezze economiche, al contrario compirono scelte che ancor oggi caratterizzano la città e stiamo parlando degli anni della prima guerra mondiale e del secondo dopoguerra. Al momento francamente tutta questa innovazione non si vede e poiché siamo quasi a metà legislatura sarebbe il caso che il passo cambiasse. Pisapia gode ancora di un ampio credito ma non è più illimitato e il nervosismo post sconfitta si riverbera anche sul municipio. Ad aprire il fronte dei dissidenti è stato Pizzul: “Il confronto con il disastro Moratti ha retto in campagna elettorale e per i primi tempi del mandato, si tratta ora di fare un netto salto di qualità” e ancora “Il Pd si è messo generosamente al servizio di Pisapia, ma ora ha il compito di tirare su la testa per provare a immaginare una propria maggiore propositività … Non nascondo che il continuo e quasi esclusivo insistere sulle tematiche eticamente sensibili sta creando molto disagio … nell’opinione pubblica.”. Mi era sfuggita questa insistenza su tematiche eticamente sensibili e il conseguente disagio dell’opinione pubblica, non mi sfugge invece che una vecchia regola della politica dice che i vuoti si riempiono, o lo fa Pisapia o lo farà qualcun’altro. Personalmente spero in Pisapia, non foss’altro perchè ha dimostrato di saper vincere.

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