PISAPIA E LA MISURA DEL BENESSERE A MILANO di Mario Ricciardi da Il Riformista
30 giugno 2011
La prima seduta del Consiglio Comunale di Milano non ha tradito le aspettative di chi sperava che Giuliano Pisapia rompesse con il passato recente. Anche nel debutto in aula il nuovo sindaco ha confermato la propria abilità nel combinare poesia e prosa democratica. Riuscendo a parlare al cuore e alla mente di una città che avvertiva da tempo l’esigenza di una guida attenta e sensibile a Palazzo Marino. Un sindaco non un amministratore delegato. Perché non c’è dubbio che un ruolo centrale nello straordinario successo elettorale di Giuliano Pisapia l’ha avuto proprio il suo profilo di “politico”, nel senso classico del termine. Di persona che non si tira indietro se c’è da riconsiderare i fini e le priorità del governo della città alla luce di principi. In questo senso, uno dei segnali più significativi viene dalla composizione della nuova giunta. La scelta di affidare a Chiara Bisconti la delega al “benessere e alla qualità della vita” è in armonia con il profondo ripensamento in corso tra filosofi ed economisti relativamente ai modi di valutare le istituzioni sociali e l’impatto che esse hanno nella vita di ciascuno di noi. Si tratta di una tendenza che trae ispirazione dai lavori di Amartya Sen e di Martha Nussbaum che criticano l’idea che le semplici - nude - preferenze siano un indice affidabile per misurare la qualità della vita delle persone. Contro il soggettivismo di una parte consistente del pensiero sociale contemporaneo, che ha esercitato un’influenza significativa sulle politiche pubbliche in tutti i paesi occidentali, Sen e Nussbaum hanno difeso le buone ragioni di un approccio diverso, che tenga conto di come sono fatti gli esseri umani, di quali sono i bisogni fondamentali dalla cui soddisfazione dipende la possibilità di vivere una vita soddisfacente. Per individuare questi bisogni la politica deve tornare a occuparsi dei fondamenti, di ciò che rende possibile e vantaggioso vivere insieme. La dimensione comunale è, da questo punto di vista, un osservatorio privilegiato, e probabilmente irrinunciabile. Perché dal governo della città dipendono in larga misurale condizioni di soddisfazione dei bisogni essenziali della vita. Strade sicure, aria pulita, giardini accoglienti, uffici pubblici efficienti e amichevoli nei confronti degli utenti. Un controllo del territorio che sia garanzia di rispetto per tutti, italiani e stranieri. Un adeguato riconoscimento del valore dell’amicizia civile tra chi vive nella stessa città. La complessa tessitura di una vita soddisfacente richiede attenzione a queste e a tante altre dimensioni della città. Un impegno che l’amministrazione non può onorare se nel dibattito pubblico non si afferma la consapevolezza che le misure tradizionali del benessere basate esclusivamente su indici quantitativi sono inadeguate. Proviamo a fareun esempio per capire meglio come si dovrebbe procedere nella prospettiva ispirata da Sen e dalla Nussbaum, riflettendo su un caso che pone anche un importante problema di equità, quello dei rapporti tra uomini e donne. In tutte le comunità umane, e i grandi centri urbani non sono affatto un’eccezione da questo punto di vista, le donne hanno un ruolo centrale nella vita familiare. Anche se la cultura diffusa e la legislazione riconoscono la parità dei diritti e la condivisione dei ruoli, è difficile negare che le donne sono nella gran parte dei casi le prime ad avvertire la difficoltà di conciliare tempi e luoghi del lavoro e della cura della famiglia, esigenze materiali e doveri di cura in una città poco accogliente. Traffico, inquinamento, atteggiamenti ostili o poco rispettosi, scarsa flessibilità degli orari, poca attenzione ai bisogni dei bambini o degli anziani da parte di ogni tipo di struttura pubblica, sono tutti ostacoli che devono essere rimossi perché le donne siano messe in una condizione di reale parità con gliuomini. La misura del benessere, vista in tale prospettiva, dipende dalla possibilità che tutti siano in grado di esercitare realmente la propria libertà. Nel suo primo discorso in aula Giuliano Pisapia ha richiamato ancora una volta l’esempio delle grandi amministrazioni di sinistra del passato. L’esperienza culturalmente più avanzata del riformismo italiano, che faceva della promozione della giustizia intesa come equità il proprio principio ispiratore. Così facendo, Pisapia ha indicato la via per superare una rottura traumatica a sinistra, che si è consumata alla fine degli anni novanta proprio a Milano, le cui conseguenze si avvertono ancora oggi nel governo del paese. Ripartire dai bisogni fondamentali, per procedere valorizzando i meriti che attendono di essere riconosciuti, è la grande sfida che lo attende.
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