PIETRO NENNI E LA REPUBBLICA di Alberto Benzoni 2 giugno 2020
02 giugno 2020
A differenza dei politici di oggi che vivono in un eterno presente, senza
passato e senza futuro, Pietro Nenni era invaso dai ricordi e ansioso di
orizzonti.
Per lui la monarchia era l'orfanotrofio della sua infanzia, l'esercito che
sparava sui manifestanti, la sua schedatura come sovversivo, i generali e i
"superiori" che mandavano le truppe al macello, i militari a tutela
degli squadristi, la marcia su Roma e la fuga di Brindisi, il simbolo e il punto di riferimento di quel grande e indistinto mondo
conservatore e reazionario che, con l'appoggio degli alleati, si opponeva al
vento che veniva dal Nord.
Con la svolta di Salerno la soluzione della
questione istituzionale fu rinviata al dopoguerra. Una scelta obbligata;
l'alternativa era la Grecia. E anche una scelta giusta: non spettava ai partiti
di Brindisi ma al popolo italiano decidere sulle sorti della monarchia.
Restava da stabilire se la decisione spettasse alla
Costituente oppure ad un referendum popolare. I partiti di sinistra erano
unanimemente a favore della prima soluzione. Gli alleati (e, in particolare,
gli inglesi che, come stava accadendo in Grecia, si sentivano investiti da una
particolare delega nelle faccende mediterranee) perchè speravano nella vittoria
della monarchia. I democristiani perchè sapevano che all'orientamento a favore
della repubblica del loro gruppo dirigente a favore della repubblica
corrispondeva una prevalenza dell'orientamento monarchico del loro elettorato.
Il referendum avrebbe consentito a tutti e due di esprimersi, pubblicamente e
nel segreto delle urne, il voto alla Costituente avrebbe determinato la
spaccatura con la nascita di una forte e autonoma componente conservatrice.
Fu la volta in cui Togliatti perse la calma. lui
amava le situazioni controllate e controllabili dalla politica e dai partiti
percjò non amava il referendum, con nugoli di donne, di preti e di maggiorenti
conservatori a determinarne l'esito.
Nenni invece accettò subito. Perchè non temeva ma
amava quel "popolo" che sarebbe stato l'orizzonte emotivo e razionale
di tutta la sua vita. E perchè intuiva correttamente che una scelta nato da un
confronto a viso aperto tra il nuovo e vecchio mondo avrebbe chiuso la partita istituzionale
per sempre e sarebbe stato un segnale politico per i decenni a venire.
Dedichiamo dunque a Lui questa ricorrenza.E lo
facciamo anche perchè abbiamo bisogno di Lui, dei grandi drammi e delle grandi
scelte che hanno segnato la sua vita. Un grande passato per un posssibile
grande futuro. L'alternativa, per il piccolo mondo socialista, è quella di
rimanere chiusi giocando ai quattro cantoni in una stanza male illuminata; con
il rischio di morire senza che nessuno se ne accorga.