PIERACCINI, I SOCIALISTI E L'ETERNA ANOMALIA ITALIANA di Federico Coen, il Riformista 8 dicembre 2007
20 gennaio 2008
Un libro per ripercorrere meriti e contraddizioni di una lunga storia che non è riuscita a ripetere l'esperienza degli altri paesi europei. Un'analisi sui caratteri antichi e moderni della questione riformista: dalla Dc al Pci, dal fascismo a Berlusconi È difficile immaginare come sia stato possibile ad un personaggio come Giovanni Pieraccini - certamente non più in età giovane - scrivere un libro di così eccezionale valore come questo, dal titolo Socialismo e riformismo (Marietti, 374 pagine, 20 euro) di quasi quattrocento pagine. Nonostante la vasta pubblicistica esistente in materia, certo è che non era disponibile una ricostruzione così analitica delle vicende, gloriose e ingloriose, del socialismo nella moderna storia d'Italia. Posso dirlo con sicurezza perché io stesso, alcuni anni fa, mi sono cimentato in un'impresa analoga, anche se molto più circoscritta con il libro Le Cassandre di Mondoperaio . Ciò che ha giovato a Pieraccini nella sua ben più sofisticata impresa è anzitutto il ruolo di protagonista che egli ha svolto in gran parte delle vicende storiche da lui ricostruite, a partire dalla partecipazione alla Resistenza antifascista fin quasi ai nostri giorni, non solo come militante ma anche come parlamentare, come ministro, come uomo di cultura, un sessantennio di storia vissuta e non soltanto narrata. Una storia che almeno in due momenti chiave abbiamo attraversato, fianco a fianco, prima nella lotta a tutto campo per dare concretezza alla programmazione economica e alla riforma dello Stato (anni sessanta) e poi nella battaglia politico-culturale che io condussi, con il suo appoggio, nella direzione della rivista socialista Mondoperaio (anni sessanta-ottanta). Va aggiunto che l'autore si è avvalso in questo libro eccezionale anche del contributo dialettico di un interlocutore del livello di Fabio Vander che nei momenti cruciali della sua ricostruzione storica gli ha rivolto domande impegnative e inquietanti. Non entro, in questa breve recensione, nel merito dei giudizi sempre equilibrati che Pieraccini esprime sui maggiori protagonisti della storia del socialismo nostrano, da Turati a Rodolfo Morandi, da Nenni a Saragat, da De Martino a Mancini, giù giù fino a Craxi. Vorrei soltanto interrogarmi e interrogare l'autore sulla questione di fondo: che cosa ha impedito al socialismo italiano di diventare autonoma forza di governo in grado di competere da pari a pari con le altre forze politiche di diversa e opposta ispirazione, come è accaduto in tutto il resto d'Europa, dalla Francia alla Spagna, dall'Inghilterra alla Germania, ai paesi scandinavi? In questo libro di Pieraccini troviamo un'analisi puntuale e obiettiva di tutte le occasioni perdute ed il ritratto dei singoli responsabili che si sono alternati alla guida del socialismo italiano. Ma al di là delle colpe dei singoli resta da chiedersi, quali siano stati e siano tuttora i fattori sociali e culturali che solo da noi hanno dato tanta forza al partito che si richiama alla religione cristiana e, sul lato opposto, al partito di sinistra che per mezzo secolo si è richiamato al mito del comunismo sovietico. L'unica cosa che possiamo dire con sicurezza è che le radici di questa anomalia italiana sono molto profonde e tendono a riprodursi nei momenti cruciali della nostra storia. È forse un caso se proprio in Italia è nato il fascismo, che ha preceduto e influenzato gli orrori del nazi-fascismo hitleriano? Ed è un caso se proprio in Italia ha assunto in questi anni un ruolo politico di primo piano un personaggio come Berlusconi, che ha costruito il suo potere politico su una sterminata ricchezza finanziaria e si è impegnato, nei suoi anni di governo esclusivamente ad incrementare ad ogni costo questa ricchezza? La scomparsa in Italia di un partito socialista di tipo europeo rientra a mio avviso in questa anomalia, passata e presente. Come è possibile uscirne? Tutta la parte conclusiva del libro di Pieraccini è dedicata ad una possibile risposta a questa domanda. Per Pieraccini la risposta è quella di costruire un partito socialista riformista, laico e liberale. Non è possibile nasconderci le grandi difficoltà che si presentano per realizzarlo, ma nello stesso tempo di non vederne la necessità testimoniata dal ruolo del riformismo socialista anche sul piano europeo ed internazionale. Il libro di Pieraccini serve certamente a riflettere su questo problema.
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