PERCHE' NON CI SIAMO RISOLLEVATI di Alberto Benzoni da FB 30 settembre 2015 e la risposta di Biscardini
02 ottobre 2015
PERCHE' NON CI SIAMO RISOLLEVATI di Alberto Benzoni da FB 30 settembre 2015 e la risposta di Biscardini
Poco più di vent'anni fa, ai tempi di Tangentopoli, il popolo e la classe dirigente socialista si spaccarono in tre gruppi.
Il primo, assolutamente prevalente nell'elettorato e consistente nel gruppo dirigente, si rifugiò da Berlusconi. Era il fratello maggiore: quello che avrebbe vendicato Craxi, ucciso dai magistrati e dai comunisti ( il che non era vero; i comunisti avevano applaudito alla nostra distruzione; ma ad organizzarla e metterla in atto erano stati i poteri forti, desiderosi di sbarazzarsi, una volta per tutte, della prima repubblica; da destra e non da sinistra). Una scelta appagante, e come, in termini personali; ma politicamente liquidatoria. Gli ex socialisti fanno carriera; finchè glielo consentirà Berlusconi. Il socialismo scompare.
Il secondo, assolutamente prevalente nel vecchio gruppo dirigente e nei quadri intellettuali, si siede in panchina, aspettando di essere richiamato in campo e con gli onori dovutigli. E in panchina rimarrà fino ai giorni nostri.
Il terzo, che saremmo noi, decide di ricostituirsi collettivamente, all'interno del nuovo sistema bipolare. Scartando, fin dall'inizio, due possibili alternative: presentarsi solo nel proporzionale, contestando così lo stesso schema bipolare; o "chiudere la partita di Livorno"aderendo alla Cosa due. Rifiuta la prima perchè implicherebbe una traversata del deserto che i socialisti non hanno assolutamente la forza di compiere. Scarta la seconda: perchè questa è lasciata cadere lungo il percorso dai suoi pavidi promotori ( D'Alema e Amato); perchè ci impedirebbe di svolgere la nostra missione ( tra l'altro mai neanche lontanamente realizzata) di recupero della diaspora, e, infine, e soprattutto perchè non sarebbe accettata dalla nostra base.
E, qui, pesa in modo determinante il rapporto, perverso e reciprocamente distruttivo, tra socialisti e comunisti. Da una parte, totale disprezzo. Dall'altra un odio impotente. Una roba che appartiene alla bassa psicologia; ma che, politicamente, è del tutto insensata.
Scartata la via solitaria, scartata la Cosa due, si poneva il problema della nostra linea di condotta politica. detta in estremo volgare, perchè un partito socialista ' Perchè, insomma, la gente avrebbe dovuto votarci ?
Evidentemente, il puro e semplice identitarismo non bastava. E' su questa constatazione che si misura al congresso di Genova; ma per giungere alla paradossale conclusione che la nostra sopravvivenza politica passava per la rinuncia all nostra identità. Quella, e la relativa protezione, spettava ad altri: all'Ulivo, poi a verdi, poi ai radicali; per chiudere, dopo il disastroso soprassalto identitario del 2008, con Vendola.
Alla fine della corsa, Nencini. Non un alieno emerso dal nulla. Piuttosto uno che ha portato la linea"miserabilista"fino alle sue logiche, estreme conseguenze. Che ci ha, insomma, spiegato: che l'identità socialista non significava più nulla; che la dipendenza da protettori esterni non era una necessità momentanea, ma la condizione necessaria per la nostra sopravvivenza; e, infine e soprattutto che l'unico protettore serio a nostra disposizione era il Pd o, più esattamente, il suo gruppo di comando.
A questo punto, delle due l'una. O si accetta lo stato di necessità, o lo si rifiuta.
La prima via è psicolgicamente e politicamente pessima. E' una liquidazione a prezzo di saldo del nostro passato e del nostro futuro. Ma è estremamente facile da percorrere.
La seconda è una vera e propria scommessa; esaltante quanto estremamente ardita.E' il riscoprire del legame profondo tra identità e linea politica. E' la partenza per terre ignote: armati solo della convinzione che il socialismo in italia abbia un futuro; e che questo futuro risieda nella riscoperta dei valori, della cultura e delle passioni proprie del socialismo di sinistra.
Da una parte chi continuerà a sopravvivere, rinunciando a vivere. dall'altra che vuole rinascere a vita nuova, in un mare aperto e pieno di incognite; nella convinzione di potere contare solo su sè stesso.
La risposta di Biscardini.
Albero Benzoni ha aperto una questione vera. Quali sono le ragioni strutturali o meno che non hanno consentito ai socialisti di rinascere con un certo ruolo dopo il 1993.
Rispetto alle considerazioni di Alberto forse c’è stata una ragione in più per tutti coloro che hanno rifiutato lo stato di necessità ed hanno rifiutato la liquidazione, non tanto e non solo, di un’organizzazione politica socialista, ma di uno pseudo movimento, di una comunità, che avesse comunque l’obbiettivo di tenere viva la cultura socialista, l’identità, valori e programmi.
Coloro che hanno rifiutato la fine “miserabile”, per mendicare qualche posto in un partito altrui chiaramente non socialista, l’hanno fatto per senso di responsabilità, per senso del dovere verso se stessi, verso quell’impegno naturale di riscoprire e di riaffermare il socialismo concretamente, anche nel PSI ma aldilà dei partiti e delle logiche di schieramento.
Idealisti? No. Coscienti che la battaglia politica per più socialista è comunque una battaglia permanente da continuare in tutte le forme possibili nel concreto e nelle condizioni date. Io mi considero fortunato: sono riuscito ad essere e a sentirmi socialista sempre. Certo in molti momenti facendo politica per dispetto, contro il degrado della politica e istituzionale. Il più delle volte in dissenso con i tanti “miserabili” che hanno usato il marchio socialista senza produrre alcunché, neppure un pensiero che ci potesse appartenere e che potesse essere utile. Compagni di strada con i quali avevo creduto di avere una storia comune. Si “miserabili” che avevano già la testa da altre parti ma non hanno avuto l’onestà intellettuale di fare una scelta fino in fondo.