PER UNA SINISTRA CHE SERVE - Sinistra unita, lista unica e ricostruire lo Stato che non c’è più. - Introduzione di Roberto Biscardini all’Assemblea Nazionale di Socialisti in Movimento, Roma 7 ottobre 2017

08 ottobre 2017

PER UNA SINISTRA CHE SERVE - Sinistra unita, lista unica e ricostruire lo Stato che non c’è più. - Introduzione di Roberto Biscardini all’Assemblea Nazionale di Socialisti in Movimento, Roma 7 ottobre 2017

Questa assemblea è rivolta innanzitutto ai nostri ospiti.
A loro vogliamo dire come la pensiamo e a loro vogliamo porre alcune domande.

Sono andato a rivedere le conclusioni della nostra assemblea costitutiva del 12 marzo scorso.
E a distanza di sei/sette mesi possiamo registrare due dati, uno positivo, l’altro meno.

 - Le nostre fila si sono ingrossate, abbiamo costituito in tutt’ Italia i comitati di coordinamento regionali di Socialisti in Movimento, si sono rinfrancati a livello locale i rapporti con tutte quelle aree civiche e di sinistra che in qualche modo condividono la necessità di dar vita ad una nuova area politica, diversa dal Pd, come reazione alle politiche negative degli ultimi governi.

A testimonianza di questo lavoro positivo possiamo subito citare il non facile lavoro compiuto dai nostri compagni siciliani e ai nostri giovani candidati, a cui và il nostro più sincero augurio, che hanno contribuito alla nascita della lista unica (Cento Passi),  in alternativa alla coalizione del Pd alleato con Alfano e Crocetta, molti democristiani e qualche socialista del Psi.

- Il secondo elemento, meno positivo, riguarda il percorso per la definizione di un progetto comune tra tutte le forze civiche e di sinistra, che a parole si dicono interessate ad uno spazio politico nuovo della sinistra italiana.
Su questo obiettivo siamo in ritardo, il progetto non si vede, non è percepito dall’opinione pubblica, non sta nascendo nè dall’alto né dal basso come vorremmo.
Un progetto forte, identificabile come elemento moderno capace di rispondere ai gravi problemi del paese, non ha preso il volo.

Anzi appare quotidianamente frenato da micro logiche partitiche, da un esasperato politicismo che non interessa a nessuno e di conseguenza il bilancio di questi mesi è percepito dall’opinione pubblica come sostanzialmente negativo.
Ogni giorno ci perdiamo dietro la storia oramai ridicola del leader.

Molti si esercitano a parlare di loro stessi a se stessi invece che parlare dei problemi del paese.

Rischiamo di questo passo di perdere il tram della riorganizzazione della sinistra italiana iniziata con il grande successo del No al Referendum del 4 dicembre.


Dallo straordinario significato di quel voto, dove non era in gioco solo il progetto di riforma costituzionale nei suoi specifici contenuti ma soprattutto il bilancio dell’azione di governo e più in generale il bilancio delle politiche sviluppate dai governi della Seconda repubblica, è passato quasi un anno e non è accaduto quasi nulla.
Così come è accaduto poco dopo l’assemblea del Brancaccio indetta da Falcone e Montanari e dopo la manifestazione di Santi Apostoli indetta da Mdp.

Anzi, quelle iniziative nate certamente con buone intenzioni, alla fine sono apparse  più divisive del previsto.
E come spesso accade quando si perde di vista l’orizzonte generale si entra nella logica del costruirsi il proprio partitino e piccole liste.
Ma questo è esattamente ciò che noi non siamo disposti a condividere.

Lo vogliamo dire con estrema chiarezza.
Noi stiamo presidiando il campo socialista con l’obiettivo di costruire una grande forza della sinistra socialista e di governo per il nostro paese.

Impariamo da Corbyn che non si è dato un obiettivo limitato, si è posto il problema di governare mobilitando il partito e l’opinione pubblica. Si è posto il problema di vincere le elezioni ed andare a Downing Street, come Primo Ministro.
Si è posto il problema di impadronirsi del senso comune della maggioranza degli inglesi, si identifica con loro, si confronta con loro, non usa alcun politicismo per costruire il consenso e non ha paura di conquistare il centro da una posizione di sinistra.
Anche dopo le ultime elezioni tedesche, dall’Europa possiamo trarre un semplice insegnamento: i socialisti raccolgono voti là dove sono capaci di recuperare la loro anima di sinistra quando sanno recuperare i propri valori originali.

Ecco, per quanto riguarda noi socialisti, la diciamo così.
- Primo. I socialisti sanno bene che una grande forza del socialismo italiano non può nascere dalle sole energie dei socialisti storici. Deve nascere nella società, riunendo forze diverse e rivolgendosi soprattutto ai giovani che, se non sono ancora con noi, è soprattutto per colpa nostra.
- Secondo. I socialisti possono vincere nell’autonomia solo se vince e se si afferma complessivamente una sinistra nuova, come abbiamo detto “una sinistra che serve” al paese, una sinistra che sa capire dove va il mondo, che sa dare risposte concrete ai cittadini, a tutti, dai più deboli a quelli meno.
-Terzo.  Il nuovo spazio largo di una nuova sinistra civica e di sinistra, revisionista, è credibile solo se avrà il coraggio di ammettere gli errori, o almeno i ritardi, commessi in passato e se saprà costruire un giudizio comune sul Pd e sull’equivoco su cui è nato.

Noi socialisti siamo testimoni di cosa ha significato, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista democratico e nella migliore cultura della politica italiana, la nascita della Seconda repubblica dopo Tangentopoli, con tutto ciò che gli andato dietro, la fine dei partiti, la criminalizzazione prima della politica poi delle istituzioni, il disastro della retorica del bipolarismo, del maggioritario, delle coalizioni, la parola centrosinistra che non ha più senso, la personalizzazione della politica, i capi partito e i nominati. Tutto un groviglio fatto apposta per rafforzare i poteri degli esecutivi, insieme ai poteri esterni, e indebolire e mortificare la democrazia e il potere del popolo, a partire dalla democrazia parlamentare.
Ecco perché è paradossale essere nostalgici oggi dell’Ulivo, causa ed effetto di una politica che consideriamo morta.
Qualcuno vorrebbe farla rinascere con il nuovo Rosatellum al quale dobbiamo opporci con tutta la nostra forza.

La gravità della situazione in cui versa il paese, a ridosso delle elezioni siciliane e a pochi mesi da quelle politiche e di importanti regioni, con un governo e un parlamento giunti all’esaurimento psicofisico, oggi solo capace di riprodurre una legge elettorale indecente e incostituzionale, obbliga ad affrettarci e rispondere ad una domanda che nella società è molto più forte di quanto ci immaginiamo.
A noi sembra di avere le idee chiare e, come si diceva una volta, in politica si può fare in pochi minuti ciò che non si è fatto per anni e anni.

Ecco il viatico che come Socialisti in Movimento proponiamo agli altri nostri potenziali costruttori di novità.
Un percorso che abbiamo maturato con coerenza dalla battaglia per il No ad oggi.

1 - Vogliamo, per prima cosa, costruire una nuova sinistra unita, che per noi sarà inevitabilmente, come nel resto di Europa, di tipo socialista. Una sinistra degna di questo nome che ancora non c’è. Senza la quale non potremmo mai misurarci efficacemente con gli altri.
Una sinistra che con un progetto semplice e poche idee forza abbia l’obiettivo di parlare a tutto il paese, a coloro che sono più in difficoltà, come ai ceti medi e al mondo delle imprese.

2 - Vogliamo una sinistra unita, diversa dal Pd e fuori dalla coalizione del cosiddetto centrosinistra, in grado di presentarsi con una lista unica, alle prossime elezioni politiche,  regionali, e magari con lo stesso simbolo anche alle elezione europee del 2019

3 - Una lista che si richiami espressamente ai valori e ai principi comuni che abbiamo, insieme, difesi nel referendum del 4 dicembre, democrazia e lavoro.

4 - Una lista e uno schieramento aperto a “tutti quelli che ci stanno”. Quindi senza alcuna pregiudiziale o veti nei confronti di nessuno, che guarda avanti e non al passato. Nel passato siamo tutti sconfitti; chi più chi meno tutti hanno sbagliato; nessuno ha l’autorità politica o morale per scagliare quindi la prima pietra.
 
5 - Dobbiamo darci subito un progetto politico basato su poche idee forza, non serve un programma di centinaia di pagine. Per farci ascoltare bisogna essere semplici, alzare i toni e semplificare il messaggio.

Noi proponiamo, tra le idee forza alla base di un progetto della sinistra, in primo luogo, la questione dello Stato, uno Stato che va ricostruito sia del punto di vista politico, istituzionale e amministrativo. La nuova sinistra se vuole essere credibile deve porsi l’obiettivo di governare la ricostruzione dello Stato, difendere la Repubblica e (per dirla con Turati) rifare l’Italia.
Per ridare dignità al paese, per ridare autorevolezza alle sue istituzioni, a partire da quelle democratiche, dal parlamento e dalle assemblee elettive, restituendo loro quel ruolo di governo che dovrebbero avere.

Siamo ancora in una democrazia parlamentare, sulla carta, ma quanto conta il parlamento?
Quante volte anche la sinistra accetta un parlamento che, già considerato inutile da alcuni decenni, oggi rischia persino di essere considerato dannoso?

Si tratta, nella ricostruzione di una sinistra che non c’è, di andare alle radici della crisi, partendo dalle battaglie che i socialisti fecero per la costruzione di uno Stato moderno e democratico, come unico e vero garante di uguaglianza, giustizia e libertà.
Senza il quale c’è solo diseguaglianza e ingiustizia.

Oggi lo Stato è assente e addirittura è percepito come nemico, fonte di ingiustizie ai danni di chi ha più bisogno.
E l’opinione pubblica ha capito che senza Stato vincono i più forti sui più deboli.

Può una sinistra non affrontare di petto questa questione?

Certo, le priorità sono tante, dalla questione sociale alla questione economica,  abbiamo di fronte la grande questione del lavoro, che è lotta contro la disoccupazione insieme alla lotta contro lo sfruttamento e l’imbarbarimento di contratti.
C’è la grande questione del welfare privatizzato.
Negli anni abbiamo smantellato le grandi conquiste del primo centrosinistra, dalla sanità, all’assistenza, all’istruzione generalizzata.
Perdendo il vista il senso della parola “pubblico”.

C’è la questione dell’integrazione dei nuovi immigrati e del Mezzogiorno, insieme alla grande questione sociale di una giustizia che funziona sempre peggio.
Ma anche per questo occorre uno Stato che funzioni, forte e autorevole a livello centrale come a livello locale, senza il quale non ci sono nè riforme sociali nè riforme  economiche,  nè si restituisce dignità ai cittadini.

Lo Stato è garante della Costituzione e della sovranità nazionale, del ruolo della politica e dei partiti, dell’Italia come comunità, della democrazia compresa quella civica, della lotta alle disuguaglianze sociali e territoriali, della solidarietà delle classi subalterne.

Quindi le istituzioni statali, in nessun paese al mondo, possono cadere in sonno, eppure sembra che ormai siano finite così.
Ed anche a livello internazionale l’impressione prevalente, che può presto diventare gravissima, anche sul terreno democratico, è l’Italia rischia di non esserci più per assenza di statualità e soprattutto, come ha detto recentemente Rino Formica, “gli stati vivono finchè hanno una politica, senza politica diventano solo geografia”.

Pierluigi Ciocca che oggi non può essere presente mi ha raccomandato di dirvi che secondo lui una nuova sinistra che vuole governare deve puntare su tre obbiettivi:
- aumentare gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali e inmateriali, non in disavanzo, sapendo che gli investimenti giusti sono produttivi e si autofinanziano. Tra questi il tema centrale della cura del territorio.
- bisogna puntare su politiche di redistribuzione del reddito e della ricchezza.
- infine il tema principale dell’occupazione e dello sfruttamento del lavoro, sapendo che senza crescita economica del Paese non ci può essere crescita al Sud.
Ma anche per tutto questo occorre lo Stato e le sue istituzioni.
 
Allo stesso modo dobbiamo muoverci a livello europeo. Contestando l’assetto e le regole attuali ma per cambiarle.
Non ha senso invocare, che so in materia di investimenti pubblici o di politica di integrazione l’eccezione italiana in un’Europa necessariamente ostile.
Ha molto più senso rendere italiana la componente di una nuova strategia europea.
E per questo occorre costruire alleanze: tra Stati come tra partiti e  ridiventare “larghi”.

Abbiamo proposto le nostre idee per la nuova sinistra, ci si dica perché no.
Infine, una certa stampa pensa che tutti noi, anche noi di Socialisti in Movimento, si debba presto confluire in questo o quel partito, esistente o nascente.
Non è così, noi siamo pronti a costruire con tutti coloro che ci stanno un nuovo spazio politico della sinistra italiana (vedremo le forme), siamo pronti a costruire nuove alleanze politiche ed elettorali, ma manterremo al nostra autonomia.
E di più, se il processo si dovesse arenare o dovesse essere stravolto, ci rivedremo e decideremo insieme cosa fare.
Nulla deve essere dato per scontato.

Ai socialisti e a tutti coloro che si attardano appiattiti su vecchie alleanze e mortificanti subalternità diciamo invece, con grande fraternità, che si può riprendere insieme un percorso virtuoso, partendo dal significato profondo delle nostre origini, dei nostri valori e delle lotte che caratterizzarono il movimento socialista fin dai primi anni del secolo scorso, andando al cuore dei problemi.



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