PER COMBATTERE L'ASTENSIONE SERVONO I REFERENDUM di Alfiero Grandi da Domani del 22 giugno 2024
26 giugno 2024
PER COMBATTERE L'ASTENSIONE SERVONO I REFERENDUM
di Alfiero Grandi da Domani del 22 giugno 2024
Il futuro
della democrazia in Italia (in crisi) dipenderà dalla capacità di riportare a
votare la maggioranza dei cittadini. I votanti alle europee sotto il 50 % sono
un allarme rosso.
La destra
guadagna dalla crescita dell’astensione perché le bastano le percentuali.
Fratelli d’Italia è cresciuto in percentuale ma ha perso 700.000 voti dal 2022.
Chi è all’opposizione, se non vuole rinunciare a crescere, ha la responsabilità
di convincere gli astenuti che vale la pena di partecipare al voto.
E’
fondamentale dare nuovo valore al diritto di voto conquistato con lotte e
fatica, prima per i meno abbienti, nel 1946 per le donne, infine per i giovani.
Occorre
ridare valore a progetti di futuro, difendere le conquiste, contrastare la
passività di fronte a drammi che riguardano la vita stessa: pace, migrazioni,
diritto a non perdere la vita per chi lavora, salute, istruzione.
Il primo
obiettivo è ridare ruolo e forza a partiti non personali che oggi sono fin
troppo diffusi, individuando progetti costruiti su valori, comportamenti etici.
Secondo,
occorre cancellare regole elettorali che hanno favorito l’astensione perché
hanno troncato ogni rapporto diretto tra elettore ed eletto. Perché l’elezione
dei parlamentari dipende dal posto in lista che gli assegna il capo del
partito. La legge elettorale deve tornare sostanzialmente proporzionale e
consentire la scelta dell’eletto da parte dell’elettore.
Terzo,
occorre ridare centralità alla nostra Costituzione del 1948, antifascista e
democratica, fondata sulla divisione dei poteri, che contiene obiettivi sociali
e principi di solidarietà mai realizzati. Da alcune conquiste si è tornati
indietro.
Da troppo
tempo la Costituzione è sottovalutata. Nel tempo anche la sinistra si è fatta
coinvolgere da un’ansia di cambiamento, con risultati discutibili, basta
pensare al titolo V riscritto nel 2001 e ad alcune sue improvvide formulazioni
si è agganciato Calderoli per portare avanti un’autonomia regionale
differenziata che mina l’unità nazionale dei territori e dei diritti.
La
proposta Calderoli esaminata con i principi costituzionali fondamentali
verrebbe bocciata ma la riscrittura del titolo V ha aperto dei varchi. Per
questo abbiamo presentato una proposta di legge di iniziativa popolare,
sostenuta da 106.000 firme, discussa al Senato che ha spinto le opposizioni a
riesaminare precedenti posizioni e ad affrontare senza imbarazzo un confronto
aspro con la maggioranza delle destre.
Analogamente
per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Ci sono stati tentativi in
passato di cambiare la Costituzione e sono state avanzate proposte che oggi
vanno archiviate. Non a caso Giorgia Meloni ha giocato su affermazioni e
contraddizioni esistenti. Per questo occorre che al di là di posizioni
precedenti oggi l’elezione diretta del Presidente del Consiglio venga
contrastata perché intaccherebbe un fulcro della nostra Costituzione, basata
sulla divisione dei poteri, sulla centralità del parlamento e non su quella del
governo, sull’autonomia della magistratura, escludendo in radice
l’accentramento del potere in una persona. L’elezione diretta del capo del
governo porterebbe alla capocrazia, ridurrebbe drasticamente il ruolo di
garanzia del Presidente della Repubblica e il parlamento, già fin troppo
indebolito, ne sarebbe dipendente.
La
personalizzazione ha invaso la vita politica, è una scorciatoia sulla fatica di
costruire e gestire proposte di cambiamento in grado di intervenire sulle
relazioni sociali e sui ruoli ossificati che stanno allargando una frattura
sociale impressionante tra chi decide e chi deve sottostare alle decisioni.
La
Costituzione del 1948 è un impasto eccezionale di obiettivi per una società più
solidale e meno disuguale e poteri che favoriscono la partecipazione e la
dialettica sociale e politica perché nessuno possa decidere da solo. La
personalizzazione cavalcata dalle destre porta passività e allontanamento dal
voto, ma l’alternativa è possibile a condizione di riconoscere gli errori.
Schlein è
uscita da schemi subalterni. Le elezioni europee l’hanno premiata. Ora ha le
condizioni per cambiare scenario e rilanciare la Costituzione.
I
referendum sono inevitabili per fermare lo stravolgimento della Costituzione
che la destra sta tentando, approfittando del premio di maggioranza del 15 % in
parlamento, e possono essere l’occasione per riportare alla partecipazione aree
di astensionismo.
L’autonomia
differenziata deve essere fermata e se in parlamento non sarà possibile occorre
chiamare a decidere i cittadini, insieme ai referendum sociali, così sul
premierato anche se questo arriverà più avanti perché cambiare la Costituzione
ha tempi diversi.