PD, UNA STRATEGIA ELETTORALE PERICOLOSA di Alberto Benzoni dall'Avanti! della Domenica del 20 gennaio 2013

19 febbraio 2013

PD, UNA STRATEGIA ELETTORALE PERICOLOSA di Alberto Benzoni dall'Avanti! della Domenica del 20 gennaio 2013

La sinistra di governo avrebbe vinto le elezioni con qualsiasi sistema elettorale (compreso il proporzionale corretto) e, in particolare, con quel doppio turno di collegio, lasciato sciaguratamente cadere sin dall’inizio. Le vincerà, malamente, con il porcellum che, allo stato delle cose, gonfierà la sua rappresentanza alla Camera e darà alla minoranza più forte, quella di Berlusconi, un potenziale potere di interdizione al Senato (per tacere degli altri suoi effetti mefitici, tra cui il proliferare di liste, sino a a quella, al limite dell’osceno, tra Stefania Craxi e Moggi). La sua azione futura sarà quindi fortemente condizionata. Dalla situazione economica e dagli impegni assunti nei confronti del mondo esterno, certamente. Dallo stallo al Senato e da una immensa Baviera leghista al Nord, probabilmente. Assai meno, invece, dalle aspettative del suo elettorato questo non chiede la luna vuole una credibile inversione di tendenza rispetto alle esperienza degli ultimi dieci anni. A fronte di un altro tipo di elettorato (il 20% di Grillo e Ingroia non è cosa da poco) che, invece, non si aspetta nulla ed esprime coerentemente un voto democratico, ma antisistema. Il problema di Bersani è dunque duplice: rendere credibile una proposta di cambiamento per consolidare il suo consenso e, nel contempo, favorire in ogni modo Monti nel suo scontro con Berlusconi, così da evitare il successo della coalizione populista nelle regioni chiave al Senato. Obbiettivi raggiungibili ma ad alcune condizioni: la prima è di evitare, nella misura del possibile, di impantanarsi nelle diatribe sull’esperienza del governo tecnico. Una cagnara (vedi trasmissione di Santoro) che gioverà agli sfascisti e in particolare a Berlusconi, ma sicuramente non alla sinistra di governo. Quindi, per favore, niente ossessione per il passato prossimo tanto più in quanto, almeno sinora, questa ossessione ha impedito qualsiasi discussione seria sul futuro prossimo. Di questo Bersani e Vendola dovrebbero parlare per chiarire le idee forza che sono alla base della loro agenda (mentre sinora siamo al “carissimo amico” della dichiarazione d’intenti) e, con questo, per rendere visibili le convergenze, ma anche, e soprattutto, le differenze, rispetto all’agenda Monti. È un problema di Bersani ma, per la verità, anche di Vendola. Il Nostro non è un massimalista esagitato ha dietro di sé anni di governo in una regione difficile come la Puglia, un’esperienza difficile ma positiva. Perché, allora, non farla valere? Un silenzio dovuto a imbarazzo? Sarebbe assurdo. Ritardo culturale della sinistra radicale? Forse, ma l’argomento è irrilevante. Perché al fondo c’è un calcolo elettorale; calcolo elettorale, ma stupido. Ciò che ci viene proposto, almeno per ora, è il vecchio gioco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. Un gioco delle parti in cui c’è chi fa sognare la sinistra e chi rassicura il centro: Vendola che inveisce contro i ricchi e raffigura Monti come uno Scrooge del XXI secolo e Bersani che riempie le liste di liberisti e confindustriali e sollecita sin d’ora future collaborazioni di governo. Una roba che non incanta nessuno. E che anzi indebolisce i confini della coalizione: e nei confronti della sinistra più radicale e nei confronti di un centro che teme Vendola non per quello che farà ma per quello che impedirà di fare. Uno schema suicida da cui occorrerà uscire al più presto. Per farlo bisognerà però intendersi una volta per tutte sulla figura e sul ruolo di Monti. Un nemico, perché continuatore, sotto veste più corretta e raffinata delle politiche antipopolari di Berlusconi? È uno schema che va per la maggiore e a tutto vantaggio di quest’ultimo. Oppure un “amico che sbaglia” nel senso di avere individuato con coraggio il nodo della riforma come premessa necessaria per dare un futuro al nostro paese, ma di avere offerto al riguardo risposte parziali o sbagliate? È la premessa per rafforzare lo stesso Monti nello scontro con Berlusconi aprendo la strada a collaborazioni future. Non ci dovrebbero essere dubbi, allora, sulla strada da seguire insomma sull’interesse comune, di Bersani, di Monti e anche di Vendola alla liquidazione definitiva del berlusconismo come pratica di sfascio del Paese, dello Stato e delle Istituzioni. E, allora, se Bersani stenta a imporre questa linea, è perché non si è fatta ancora una ragione dell’entrata di Monti in politica insomma “pensavamo di vincere facile e nel nostro schema c’era anche un ruolo per Monti come si permette il Professore di romperci le uova nel paniere”? In circostanze diverse, è lo stesso smarrimento ostile provato da Occhetto vent’anni fa che aveva montato la sua gioiosa macchina da guerra contro un avversario già sconfitto in partenza e se ne ritrovò un altro che non rientrava nelle previsioni. Allora, la pretesa di vincere facile poteva essere considerata come un residuato della vecchia mentalità comunista. Ma oggi?

Vai all'Archivio