PARTIRE DAL BASSO PER UN’ALTERNATIVA ALLA DESTRA di Roberto Biscardini da Jobsnews

27 aprile 2019

PARTIRE DAL BASSO PER UN’ALTERNATIVA ALLA DESTRA di Roberto Biscardini da Jobsnews

Che ci sia bisogno di dare al paese una nuova prospettiva politica è chiaro ai più, anche a coloro che in assenza di una nuova offerta politica diversa votano, tra quel che c’è, ciò che sembra più nuovo, più aggressivo, più viscerale. La destra, che non si assume le proprie responsabilità ma è apprezzata perché ha dei nemici, li ha individuati, se li è creati, e adesso li deve combattere con ogni mezzo, fuori da qualunque regola anche democratica. In questo quadro, allo stato delle cose, in assenza di una classe dirigente normale e capace, una nuova prospettiva politica, alternativa alla destra, non può che ricomporsi dal basso. Come solo dal basso può prendere forma una nuova forza politica capace di rimontare lo stato di sfiducia che contagia un numero sempre crescente di cittadini ed elettori. La sfiducia nel futuro, convinti come ormai sono gli italiani che il futuro non sarà migliore del passato e del presente. Una forza in grado di rappresentare un’alternativa ad una destra che è fascista, al di là delle sue stesse intenzioni.

Un’alternativa politica che sappia con energia, forza e idee chiare contrastare quel mix terribile, quel circolo vizioso e pericoloso, che consente oggi alle forze di destra, nazionaliste o falsamente nazionaliste, di far leva sui sentimenti di odio, egoismo e paura per ottenere consensi di massa fuori dal comune. Una forza politica alternativa che abbia il coraggio, di individuare il nemico principale, anziché balbettare cercando il consenso con i buoni propositi. Quindi, da dove partire per ricostruire un’iniziativa politica diversa da ciò che passa il convento? Una politica che sappia coniugare identità e programmi. Diversamente dalla destra, non irrazionale, non violenta e parolaia, non muscolare. Fuori dalla logica del solito derby tra rossi e neri, destra e sinistra, “fascisti e comunisti”, ma ugualmente forte, credibile e autorevole. Una politica capace di proporre soluzioni efficaci in un quadro di relazioni internazionali oggi assolutamente necessarie per affrontare qualsiasi grande questione interna. Dicevamo: dal basso! Cogliendo il senso delle tante scintille oggi disperse, che pur ci sono, ma soprattutto partendo da ciò che abbiamo chiamato “popolo in piazza senza bandiere”. Portatore di valori sani e grandi potenzialità rinnovatrici. Forse l’unico che ancora crede che per cambiare occorre non perdere del tutto fiducia nelle lotte e nella capacità rivoluzionaria delle riforme.

Un esempio. Milano è stata teatro negli ultimi mesi di tre grandi manifestazioni popolari che hanno unito giovani e anziani, sentimenti democratici larghi. Circa centomila persone sono scese in piazza contro ogni forma di discriminazione, dalla parte dei cittadini immigrati, per più integrazione e più solidarietà. Migliaia e migliaia di giovani hanno manifestato per difendere il proprio futuro, per difendere l’ambiente contro i pericoli del cambiamento climatico. Infine la manifestazione del 25 aprile che ha visto in piazza più di 70.000 persone per invocare ancora, e per fortuna, democrazia, libertà e valori repubblicani. E così è accaduto in molte altre parti del paese. Adesso manca all’appello la questione centrale del lavoro. Ma è assolutamente significativa la grande manifestazione di Bruxelles del 26 aprile indetta per rivendicare una politica europea del lavoro, per unificare le politiche del lavoro a scala europea, per più occupazione, più tutele, più dignità, contro ogni forma di sfruttamento. Per più salari.

Integrazione, ambiente, democrazia, lavoro. Tante domande per una risposta che non può che venire da sinistra, ma da una sinistra diversa da quella che conosciamo oggi. Troppo frantumata, troppo autoreferenziale, e contemporaneamente poco di sinistra. Con una classe dirigente sotto accusa per non essere stata in grado di tenere viva una prospettiva. Per essersi talmente autoconservata da non essere più parte di “noi”. Che sembra aver perso il senso stesso delle istituzioni, che ha abbandonato lo Stato, disconoscendone il suo ruolo, in nome del mercato, che ha sostanzialmente abdicato alla sua funzione storica lasciando mano libera al capitalismo più aggressivo. Una sinistra che ha smarrito, e non ha ancora fatto proprio, la pratica e il pensiero del socialismo democratico italiano e internazionale. Quello che oggi, più che ai meriti, deve pensare ai bisogni.

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