PARCERE SUBIECTIS ET DEBELLARE SUPERBOS di Giacomo Properzj da Pensalibero.it del 7 giugno 2020
07 giugno 2020
Trump sta facendo questa guerra armata, a cui per fortuna l'Esercito non ha voluto aderire, contro la minoranza nera perché guarda solo ai suoi elettori.
Giovedì 4 giugno da numero sconosciuto alle ore 2:07 di notte sono stato svegliato da una cortese voce giovanile che mi chiedeva di firmare una petizione contro la politica di Trump nei confronti degli afroamericani.
Il bravo giovane però non aveva il testo della petizione e confondeva, alla parola documento, la mia carta d’identità di cui avrei dovuto dare il numero.
Sono perfettamente d’accordo a combattere, per quel che posso, la lotta di Trump e della polizia di alcuni stati contro i neri ma vorrei leggere il testo non per diffidenza ma per entusiasmo. Ho lasciato la mia email perché me lo mandassero, fino ad oggi non ho ricevuto niente.
Tutto ciò non mi irrita più di tanto e do merito all’entusiasmo di quei giovinotti che fino a ore tardissime continuano a telefonare a persone di cui hanno l’elenco e che pensano sensibili ai loro argomenti: ma sono stupidi, incompetenti di politica come la maggior parte dei giovani odierni e tutto ciò è molto pericoloso, non per me che sono vecchio ma per loro e per i loro coetanei.
L’intelligenza politica sembra essere morta.
Trump sta facendo questa guerra armata, a cui per fortuna l’Esercito non ha voluto aderire, contro la minoranza nera perché guarda solo ai suoi elettori: è una tecnica che gli ha fruttato la vittoria delle passate elezioni anche se aveva quasi tre milioni di voti in meno della concorrente Clinton.
Il suo tentativo oggi è quello di radicalizzare l’ordine pubblico allo scopo di dimostrare ai suoi elettori degli stati minori e agricoli del centro degli Stati Uniti la sua determinazione e la sua grinta, cosa che piace alla piccola borghesia degli stati dove i neri e gli immigrati sono minoranze spesso trattate ancora come negli anni ’50.
Non credo che questo gioco gli riuscirà, perlomeno così dicono i sondaggi, visto che proprio l’Esercito, di cui Trump non ricorda fanno parte molti afroamericani, non vuole in nessun modo essere impiegato per l’ordine pubblico. Si tratta però di un gioco pericoloso in una situazione molto socialmente disequilibrata in cui c’è gente che assalta i supermercati perché non ha da mangiare e il welfare americano, affidato spesso solo ai privati che oggi sono scompaginati dalla pandemia, non riesce a far fronte alle necessità che sorgono negli stati più grandi e più popolosi.
I democratici hanno scelto, su pressione di Obama, un candidato troppo anziano (77 anni) che in tempi di pandemia deve stare chiuso in casa dunque con ridotte capacità di propaganda. Vedremo cosa sarà la scelta del vice presidente probabilmente donna e speriamo, ma non siamo sicuri, giovane.
La
lotta per la presidenza degli Stati Uniti coinvolge anche noi nel senso che
coinvolge tutto l’occidente e il suo atteggiamento nei confronti del resto del
mondo. L’Europa può pensare di diventare uno stato federale moderno solo se
avrà alle spalle, come sino ad ora più o meno è successo, un grande stato
federale democratico americano altrimenti la difficoltà di congiungere storie,
lingue e culture diverse sarà difficilmente superabile. I democratici europei
hanno dunque l’interesse che Trump perda, sia sostituito da un presidente nella
tradizione democratico liberale del Paese e si ritorni ad una vita politica
internazionale più pacifica e meno gridata (“parcere subiectis et debellare
superbos” naturalmente in una versione che tiene conto di secoli di liberalismo
democratico).
Ovviamente rimango sempre in attesa del documento annunciatomi che firmerei
volentieri anche perché il cambiamento politico degli Stati Uniti d’America
comporterebbe un analogo cambiamento anche in Italia facendo automaticamente
saltare figure penosamente ridicole come Salvini e Conte sostituendoli con
altri difficilmente peggiori.
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