OTTO MOTIVI PER CUI LA RIFORMA RENZI È ILLEGITTIMA di Vincenzo Russo

28 novembre 2016

OTTO MOTIVI PER CUI LA RIFORMA RENZI È ILLEGITTIMA di Vincenzo Russo

Come disse Churchill, la democrazia è un sistema con tanti difetti ed un solo vantaggio: non esiste un sistema migliore di essa. Con riguardo alla riforma costituzionale di Renzi, il problema non è se vuole migliorare la democrazia o se la vuole seppellire. Sappiamo che essa può apparire, nel breve termine, lenta e poco efficiente ma, nel medio-lungo termine, essa vince. Il problema generale è che le classi dirigenti, ormai da 30-40 anni, hanno la veduta corta. Aggiungo che per far funzionare al meglio la democrazia servono politici che ci credano e che siano disposti a fare grandi sforzi e sacrifici per farla funzionare. Di questi politici se ne vedono pochi in giro. Se date il metodo democratico in mano a politici che non ci credono e che vogliono concentrare il potere decisionale nelle proprie mani, è chiaro che saranno disposti a ridurla a sola parvenza.

Venendo al merito, come il governo chiede, a mio giudizio, è innegabile che la riforma Renzi riduce la democrazia rappresentativa sia a livello delle Aree metropolitane che dovrebbero essere livello di governo di secondo livello (al di sopra dei Comuni) molto più importante dei Comuni ma non è così perché, come sappiamo, i cittadini non possono votare. I consigli delle aree metropolitane saranno designati dai sindaci della stessa giurisdizione. Consiglieri metropolitani sono stati eletti a Milano e a Napoli ma nessuno se n’è accorto. La sindaca Raggi automaticamente sarà presidente dell’area metropolitana di Roma e dovrà occuparsi dei problemi comuni di altri 100 municipi come se non avesse abbastanza da fare con la gestione dei problemi della Capitale

Ma i cittadini non possono votare neanche per il c.d. Senato delle Autonomie, così definito con l’avallo di gran parte della dottrina costituzionale che aggrappandosi all’art. 5 Cost non ha mai accettato l’idea di un Senato federale – come a suo tempo richiesto dal PD, da FI e dalla LN.

Oggi, nei paesi democratici più avanzati, il problema all’attenzione degli studiosi, esperti ed opinione pubblica è come passare dalla democrazia partecipativa a quella diretta e/o deliberativa specialmente ai livelli di governo sub-centrali, adottando referendum deliberativi, mandati imperativi e procedure di recall (richiamo). Il Italia questo implicherebbe modifiche ragionate dell’art. 67 Cost e delle regole statutarie di regioni, aree metropolitane e comuni.

La riforma di Renzi riduce le sedi di partecipazione, centralizza molte delle funzioni delle RSO, lasciate invariate quelle delle RSS e il governo ci vuol far credere che la sua riforma implementa la democrazia. In questi termini, detta riforma si pone in contrasto con la Costituzione europea (TFUE) che adotta il modello partecipativo e prevede a livello consultivo il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale dove sono presenti le rappresentanze dei sindacati di tutti i Paesi membri.

 Il bischero toscano probabilmente ritiene che gli italiani siano completamente stupidi e totalmente disinformati e, quindi, non capiscano l’imbroglio sottostante la propaganda governativa sulla semplificazione, il taglio delle poltrone e la presunta velocizzazione del processo decisionale.

 

Elencherò adesso una serie di argomenti che, a mio giudizio, minano la legittimità della riforma costituzionale ed elettorale di Renzi.

 1)  è illegittima perché le riforme costituzionali vanno fatte dai Parlamenti e/o dalle assemblee costituenti e non dai governi di turno che sono parte in causa rispetto all’opposizione; le regole fondamentali del gioco democratico non vanno scritte da una sola squadra mentre si sta svolgendo la partita; per contro le riforme costituzionali vanno scritte da costituenti “avvolti nel velo dell’ignoranza”, ossia, senza sapere chi saranno gli avvantaggiati e svantaggiati delle medesime;

 2) la riforma presenta aspetti di illegittimità perché Renzi e il PD non hanno avuto alcun mandato popolare per farla; nelle elezioni politiche del 2013  il PD non aveva come punto qualificante la riforma di tutta la seconda parte della Costituzione ma sostanzialmente il problema del rafforzamento della democrazia; nel Manifesto dei valori del 2008 il PD affermava che bisognava porre fine alla stagione delle riforme costituzionali approvate a stretto voto di maggioranza, utilizzando le stesse parole usate da un parallelo Manifesto di quattordici Fondazioni politiche che coprivano tutto l’arco costituzionale; Renzi non era candidato alle elezioni del 2013; punti fondamentali di questo Manifesto sono stati ripresi recentemente da D’Alema e Quagliariello che hanno proposto un progetto di legge molto semplice che riduce il numero dei parlamentari, conferma l’elezione diretta di Deputati e senatori; semplifica il processo legislativo introduce la Commissione di conciliazione che evita la tanto deprecata navetta;

3) neanche i sistemi elettorali vanno votati dalla sola maggioranza di governo, tanto meno, di un presidente del consiglio nominato dal Presidente della Repubblica con procedura alquanto dubbia; i sistemi elettorali devono raccogliere il consenso più ampio possibile per il semplice motivo che essi determinano la composizione del Parlamento (monocamerale o bicamerale). Da qui l’ineludibile nesso tra riforma delle istituzioni e sistema elettorale. In situazioni di forte frammentazione delle forze politiche, congiunta ad una fortissima percentuale di astenuti, l’Italicum, attraverso il previsto premio, consegna la maggioranza e il governo nelle mani di una minoranza poco rappresentativa;

4)  i sistemi elettorali e la riforma costituzionale non possono essere approvati da parlamentari in gran parte nominati ed eletti con un sistema elettorale dichiarato incostituzionale con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014; come noto, la Corte costituzionale doveva pronunciarsi sull’Italicum il 4 ottobre ma per motivi di opportunità la Corte stessa ha deciso di rinviare la seduta finale. In fatto, questo rinvio favorisce la linea del governo perché una probabile censura dell’Italicum avrebbe fortemente favorito l’opposizione schierata per il NO.

A mio giudizio, un problema analogo si pone per la  stessa legittimità del Parlamento su cui tutti chiudono gli occhi in nome della stabilità del sistema; ora è comprensibile che la stabilità sia assicurata per il breve termine, ossia, per il tempo necessario ad approvare una nuova legge elettorale ma non è accettabile che,  in modo o nell’altro, la situazione si prolunghi per quattro anni oltre la sentenza per consentire la conclusione della legislatura; un tale prolungamento potrebbe trovare una qualche giustificazione in situazioni di assoluta emergenza come una guerra, una catastrofe naturale di immani proporzioni, ecc..  Nel 2012 in Grecia per altri motivi le elezioni politiche sono state ripetute a distanza di un solo mese;

 

5) i sistemi elettorali non possono essere studiati e adottati per evitare o prevenire il successo elettorale di una forza politica assunta senza fondamento come eversiva e anti-sistema; per essere chiari il M5S ha ottenuto la sua rappresentanza in Parlamento con lo stesso sistema elettorale con il quale sono state elette le rappresentanze di tutte le altre forze politiche; e nessuna forza politica ha contestato la regolarità dello svolgimento delle elezioni;

6) la riforma costituzionale presenta aspetti di illegittimità perché l’obiettivo di fondo di Renzi è quello della P2, del Sindaco d’Italia, di un uomo solo al comando, di Berlusconi del 2005 – che abbiamo rigettato con il referendum del 2006 – di Veltroni del 2007-2008; un obiettivo che in nome della velocizzazione del processo decisionale, svaluta il ruolo delle assemblee legislative e sposa la deriva autoritaria e tecnocratica in essere in Europa e nel mondo;

7)  perché la riforma costituzionale è del tutto irrilevante ai fini della soluzione dei veri problemi degli italiani: sette milioni di persone senza lavoro tra disoccupati e c.d. scoraggiati, la stagnazione secolare, la bassa produttività, la giustizia sociale;

8) perché questa riforma non affronta i problemi dello stato di diritto in Italia anzi li aggrava. Da circa 250 anni (vedi Montesquieu) per stato di diritto nel c.d. mondo occidentale si intende la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario. Questa è la suddivisione orizzontale dei poteri; poi è arrivata quella verticale adottata nella Costituzione USA; la doppia suddivisione dei poteri garantisce meglio – secondo i padri costituzionalisti americani (in particolare Madison) – i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, moltiplica le sedi di partecipazione dei cittadini, implementa la democrazia federale che è assetto istituzionale più avanzato di quello di uno Stato centralista. Nello stato di diritto che identifica un sistema democratico, il governo sarebbe solo il capo dell’esecutivo ma il suo ruolo si è evoluto o involuto nel tempo. Negli ultimi decenni il governo, in fatto, ha espropriato quasi del tutto il Parlamento della funzione legislativa concentrando così due poteri nelle proprie mani. Da due decenni almeno, i governi si affannano a delegittimare la magistratura (il giudiziario) e la burocrazia (l’esecutivo) di cui è a capo lo stesso governo.  Si vorrebbero separare nettamente le carriere dei pubblici ministeri da quella dei giudici giudicanti mettendo i primi alle dipendenze del ministro della giustizia e, quindi, di nuovo, rafforzando il potere del governo. Il progetto non è passato ma sono stati assunti ben altri provvedimenti che condizionano l’attività dei magistrati.

Sul terreno dell’esecutivo, si è introdotto lo spoil system (sistema delle spoglie) per far nominare gli alti dirigenti al governo e così indebolendo quelli di carriera. Se applicato massicciamente la nomina dei dirigenti dello stato porta ad un ulteriore concentrazione del potere in testa al governo a detrimento degli altri due poteri. Al riguardo, va tenuto presente che i funzionari pubblici applicano le leggi giornalmente e, quindi, svolgono un’attività analoga a quella dei giudici che operano per eccezione. Anche i funzionari pubblici devono godere di un certo grado di indipendenza dal governo se devono rispettare rigorosamente il principio dell’imparzialità che l’art. 97 comma 1 Cost prescrive loro.

A questo riguardo, è singolare che sia Renzi che la Boschi, nella loro campagna di disinformazione, ripetano continuamente che la loro riforma non è contro la democrazia ma contro la burocrazia.

Ora è noto che gli uomini non sono angeli e più alta è la concentrazione del potere nelle loro amni più forte diventa la tentazione ad abusarne non solo per fini di conservazione del loro potere politico ma anche di accumulo di ricchezza ed influenza personale. In una fase storica in cui alla lotta classe si sono sostituite le categorie del politico di Carl Schimtt (amico/nemico) più forte diventa la tentazione di proteggere gli amici e indebolire o addirittura togliere di mezzo i nemici.

PQM ritengo di aver dimostrato, in fatto e in diritto, che la riforma costituzionale di Renzi indebolisce ulteriormente l’attuale democrazia che già non gode buona salute per via della deriva autoritaria e tecnocratica in corso a livello europeo e mondiale.

Per altri post vedi http://enzorusso2020.blog.tiscali.it/

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