"ORA PIU' PREOCCUPANTE DO ALLORA. SIAMO IN UNA PST-DEMOCRAZIA" intervista di Rino Formica a Liberazione del 19 dicembre 2008

13 gennaio 2009


Rino Formica conosce bene quel periodo, sedici anni fa. Quel periodo che ha cambiato il volto di questo paese. Dirigente socialista, vicino al segretario di allora, Bettino Craxi - ma mai tenero col suo partito: fu lui ad inventarsi l'espressione «nani e ballerine» per definire il «parlamentino» del Psi -, sfiorato da Tangentopoli - il processo che lo riguardava a Bari è finito con la sua completa assoluzione -, per lungo tempo s'è tenuto lontano dalla politica. Prima di dar vita ad un piccolo movimento, una sorta di circolo culturale o poco più: «Socialismo è libertà». E' Formica, dunque, la persona giusta per capire le analogie fra quel che accade oggi e quel che avvenne nel '92. Allora, Formica, in quel biennio... Biennio "viola"... Viola? Sì, il colore della tristezza. Comunque che accadde fra il 92 e il 94? E in qualche modo assomiglia a quel che sta avvenendo oggi? Io credo che siano molto più preoccupanti le vicende di oggi. In che senso? Vediamo. Nel fra il '92 e il '94, era aperta una grande questione. Questa: il sistema politico, quello basato su grandi partiti di massa, era ancora forte ma stava rivelandosi inadeguato a cogliere le trasformazioni della società, intervenute dopo la caduta del Muro. C'era insomma un sistema che non era riuscito ad adeguare le sue dottrine, la sua pratica politica, la scelta della classe dirigente alla nuova situazione. Non è immediato il nesso con quello di cui stiamo discutendo. Che c'entra Tangentopoli? Ecco, ci arrivo. Io dico che in quel sistema politico - che, comunque, non scordiamolo, godeva ancora di un largo prestigio - furono introdotti "elementi reali" ma non fondamentali. Per essere ancora più espliciti? Voglio dire che c'era un problema reale, perché il sistema dei partiti era davvero degenerato nell'uso politico - o parapolitico - del denaro. Dei soldi. C'era questo, è evidente a tutti. Ma il "cuore" del problema era appunto la crisi del sistema politico, la sua incapacità ad adeguarsi a ciò che stava mutando. Invece? Invece hanno scelto di derubricare una vicenda così complessa a "questione morale". Perché usa il soggetto plurale? Oggi si usa l'espressione poteri forti per definire quel soggetto. Ma è un po' troppo generico. E' evidente che in quel caso ci fu una forte pressione internazionale. Ma non le sembra di esagerare? E perché il capitalismo internazionale avrebbe voluto liquidare il suo ex partito? Onestamente non mi pare che facesse così paura... E secondo lei di chi avevano paura? Di una sinistra che mobilitava la piazza? Ma quello era folklore... No, loro temevano le riforme, a loro creava problemi un partito di sinistra autonomo, fastidioso come il Psi. Loro non tolleravano soprattutto una scelta dei socialisti: quella di difendere l'intervento pubblico in economia. A quel punto che accade? Che nel biennio "viola" si rompe l'equilibrio fra potere politico e altri poteri. Immagino parli dei giudici. Giudici che a quel punto hanno la tentazione, l'illusione, di passare dall'essere un potere autonomo a diventare un potere sovrano. Così il potere politico, che è l'unico costruito sul consenso popolare, viene mortificato, abbattutto. Umiliato. Faccio la parte dell'avvocato del diavolo: ma queste sono espressioni che usa la destra, non le pare? Non diciamo sciocchezze. La sinistra, quella nella quale mi sono sempre riconosciuto, ha sempre avuto un rispetto assoluto per l'autonomia della magistratura. Sacrosanta. E voglio anche dirti un'altra cosa. Non tutti ricordano che "magistratura democratica" è nata quasi esclusivamente grazie alla spinta dei socialisti, negli anni '60. Questa è la verità. Proprio per conquistare l'autonomia dei giudici, proprio per rompere un ordine gerarchico che era soffocante. Poi cos'è successo? Che l'autonomia si è via via trasformata. E l'obiettivo è diventato quello di proclamarsi potere politico sovrano. Quando è accaduto? Dalla stagione del terrorismo, dalla stagione dell'emergenza. Da allora hanno dovuto inventarsi altre emergenze: la mafia, poi Mani Pulite. E oggi siamo ancora in quella fase? Diciamo che oggi quel che è avvenuto all'inizio degli anni '90, avviene ma in una versione "casareccia". Nostrana. Perchè i grandi potentati internazionali sono davvero disinteressati a ciò che accade nel nostro paese. Mi scusi, ma prima diceva che le vicende di queste ore sono più preoccupanti? E lo ripeto, sono più preoccupanti. Perché oggi davvero la crisi è istituzionale. Perché i partiti - che 15 anni fa erano ancora di massa e autorevoli - oggi sono stati demoliti. Da chi ha definito negativa qualsiasi identità, perché oggi non ci sono sedi - istituzionali o politiche - dove denunciare tutto ciò. Perché dice che non ci sono luoghi? Perché sono state abolite le sedi di discussione. Oggi conta solo decidere. Pensi ai gazebo. Lì ci si va per il rito delle primarie. Dove si sceglie non solo il candidato sindaco ma anche il segretario regionale o nazionale, fa lo stesso. Con una sovrapposizione di ruoli e piani che neanche il fascismo aveva mai operato. Mai durante il ventennio si confusero i ruoli del potestà e del federale. Oggi, invece, la crisi è profonda, e investe davvero il piano istituzionale. In pillole che accade? Che da un sistema democratico stiamo passando ad un sistema post-democratico. Io capisco la destra che ha sempre avuto da guadagnare lasciando le cose come stanno. Ma non capisco davvero la sinistra: come si fa a non essere protagonisti di una riscossa della politica? Come si fa a non promuovere una difesa della questione democratica? Come si fa a non rileggere la storia recente e dire, una volta per tutte, che occorre far partire la riscossa del potere politico legittimato dal voto popolare? Lei, insomma, si sta riprendendo le sue rivincite? No, non gioisco, se è questo che mi chiede. Non gioisco dei guai del piddì. Anche se non dimentico che appena sei mesi fa, facevano propaganda al voto utile. Quello strumento che è servito a buttare via, brutalmente, dalla rappresentanza pezzi interi delle culture politiche. Esattamente di quelle che più di altre si sarebbero opposte all'umiliazione della politica da parte di un potere illegittimo.

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