“ORA BASTA IPOCRISIE: LO SCANDALO AL CSM NON È UN PROBLEMA DI MELE MARCE” di Claudio Martelli da Il Foglio del 18 giugno 2018
20 giugno 2019
Ma chi sono i diversi? I silenzi di Bonafede sull’Anm, il tentativo furbetto
di trovare capri espiatori in politica. Parla l’ex Guardasigilli Claudio
Martelli.
“Finalmente è emersa alla luce del sole l’evidenza incontestabile di questa
grande stortura che sono le correnti della magistratura”, dice Claudio
Martelli, che fu ministro della Giustizia dal 1991 al 1993, gli anni spaventosi
di Mani pulite e delle stragi di mafia, gli anni in cui lui – da ministro –
costituì la super procura antimafia, quella che esiste ancora oggi. “Fosse
stato per il Csm non si sarebbe mai fatta. Ma non solo”, dice Martelli. “Fosse
stato per il Csm che lo processò, Giovanni Falcone sarebbe morto dimenticato in
qualche landa desolata”. Altro che prestigio del Consiglio superiore della
magistratura da difendere o da ripristinare, dice Martelli. “La mia esperienza
diretta è che il Consiglio superiore e l’Associazione nazionale sono due organi
in cui si è espresso prima il peggiore ideologismo corporativo e poi la più
sfrenata clientela di potere. Ricordo bene il 1991. Il Csm seguì a ruota l’Anm
che per bocca del suo presidente di allora paragonò la nuova super procura
affidata a Falcone a ‘una cupola mafiosa’. Gente che aveva tranquillamente
convissuto con la mafia per quarant’anni voleva dare lezioni di coerenza a
Falcone. Perché era bravo. Perché era indipendente. Perché era il magistrato
più popolare non soltanto in Italia ma forse nel mondo. Quindi era detestato”.
E insomma lo scandalo intorno a Luca Palamara non rivela niente di nuovo, dice
Martelli. “Ma qualcosa si può fare. Si può sganciare la magistratura dalle
logiche di carrierismo lobbistico. Io sono sempre stato favorevole al sorteggio
per la scelta dei componenti del Csm”.
L’Anm ha scoperto all’improvviso che i colleghi eletti nel Csm trattano con i
partiti. Nelle assemblee – sabato scorso quella di Unicost – i leader della
magistratura organizzata sembrano stupirsi del fatto che gli incarichi nei
ministeri, le posizioni fuori ruolo e i passaggi in Parlamento dipendessero da
questa per enne trattativa. E tutti, all’improvviso, sembrano anche scoprire
l’esistenza di Palamara, già segretario della stessa Anm, oggi diventato
radioattivo insieme alla corrente di Magistratura indipendente. “Mi ricordano
quelli che nel 1992 in
Parlamento scoprirono il finanziamento illecito ai partiti”, dice Martelli. “Il
mercimonio c’è sempre stato. Però è andato aggravandosi. La logica di
spartizione non era giusta quando era l’effetto di un compromesso
politico-ideologico, ed è ancora più squallida oggi che non c’è neanche più
questa giustificazione. Anche se da un certo punto di vista la spartizione
ideologica era più pericolosa. Il pregiudizio ideologico era infatti
incontenibile e dilagava in tutte le scelte e in tutti gli atti della
giurisdizione. Era un meccanismo più pulito dalle miserie umane, certo, ma più
giacobino. Oggi è un meccanismo lobbistico. Forse più semplice da frenare. E’
puro potere. Carrierismo. Opportunismo”.
Ma come se ne esce? “Gli antichi, quando le assemblee diventavano ingovernabili
e davano origine a camarille, trovavano la via del sorteggio per sottrarre a
logiche di appartenenza organi che dovevano invece tutelare l’interesse
collettivo. E poi bisogna anche occuparsi dell’Anm”. In che modo? “Il problema
qui non è soltanto Luca Lotti. Il problema sono i magistrati. Il comportamento
di Lotti è stato inaccettabile. Tuttavia non è il cuore della materia. Il cuore
della materia è il comportamento dei magistrati associati e del Csm. Penso che
un ministro della Giustizia che si rispetti dovrebbe intervenire innanzitutto
sull’Anm: chiedere chiarimenti. Io Palamara me lo ricordo quando lanciava
fulmini e saette contro la politica in favore dell’autonomia della
magistratura. Ma questa sacralità dell’autonomia purtroppo si è rivelata troppo
spesso un simulacro. E allora ci vuole un cambio drastico delle regole.
Bisognerebbe anche rivedere lo statuto dell’Anm. Chiedersi se è vero o no che
realizza una lesione dell’indipendenza del singolo magistrato. A me sembra di
sì. E non da oggi. E’ abbastanza evidente che l’Anm, all’interno della quale si
delineano le elezioni per il Csm, costringe di fatto i magistrati a iscriversi
a una corrente. Se vogliono fare carriera e se vogliono sentirsi tutelati, i
magistrati sanno di doversi iscrivere. Questo non li rende liberi. E il
meccanismo diventa una trappola”. Ma al momento, l’unico effetto provocato
dallo scandalo Palamara è che una parte della magistratura organizzata sta
radendo al suolo un’altra parte, prendendone il posto. Il presidente dell’Anm,
espressione della destra di Mi, si è dimesso, sostituito da un collega della
sinistra di Md. E anche nel Csm, per effetto delle dimissioni, la minoranza
diventa maggioranza e la maggioranza minoranza. Così nei discorsi pubblici dei
togati la linea è “eliminiamo le mele marce e andiamo avanti sulle orme dei
diversi”. Ma chi sono i diversi?