NON SOLO VINCERE MA ANCHE GOVERNARE di Alberto Benzoni da Avanti dela domenica del 12 giugno 2011

06 luglio 2011

NON SOLO VINCERE MA ANCHE GOVERNARE di Alberto Benzoni da Avanti dela domenica del 12 giugno 2011

Cari politologi e nuovi consiglieri del centro-sinistra, fate benissimo a consigliarci prudenza e sobrietà, ma, per favore risparmiateci Occhetto e la sua “gioiosa macchina da guerra”, perché, con la situazione attuale c’entrano veramente come il cavolo a merenda. Questo perché il Nostro rappresentava, politicamente parlando, una combinazione veramente micidiale essendo, insieme, molto comunista ed estremamente superficiale. Così abbracciò il nuovismo senza se e senza ma senza capire che il tema avrebbe potuto essere cavalcato assai più efficacemente dai suoi avversari, comunque molto più nuovi di lui. E, successivamente lanciò la famosa macchina senza capire in alcun modo chi, e che cosa, avrebbe avuto di fronte. Con Bersani è e sarà diverso. L’uomo non è un superman (ma oggi, in Italia, non ce ne sono né nel ceto politico né nella “società civile”) ma possiede il senso delle cose, della misura e del tempo, propri di una persona ragionevole. Ciò significa, oggi, essere in grado di capire perché si è vinto e come si potrà bissare il proprio successo alle politiche. Mentre, nel caso specifico, Berlusconi non è in grado di capire perché ha perso così da non poter trovare i possibili rimedi. In sintesi Occhetto non riuscì a capire che il successo tattico del 1993 avrebbe corrisposto ad un disastro strategico nel 1994 mentre oggi esistono tutte le condizioni oggettive e soggettive (a partire dalla comprensione dei processi in atto) perché il duemila e… confermi ed amplifichi i risultati del duemilaundici.Vediamo, brevemente, di capire perché per sottolineare, in primo luogo, che, oggi, i due fattori, una volta decisivi della “persona” e del “nuovo” abbiano finito di giuocare a favore del Cavaliere e del suo “sistema”. E tendano, invece, a rappresentare, sempre più, un atout per l’opposizione. Poco da dire sul primo punto e solo per far presente che l’Uomo solo al comando ha fatto malissimo a prendersela con la oggettiva scarsa qualità dei suoi candidati quando invece era stato lui, e solo lui, a trasformare una campagna amministrativa in un referendum sul suo nome e utilizzando tematiche la cui carogneria è stata esaltata dalla loro estrema stupidità. E qui veniamo alla questione del “nuovo” e, più esattamente, alla sconfitta della forza politica, la Lega, che ne deteneva la narrazione spiegando che il disagio dell’Italia, e soprattutto del Nord, era dovuto ai tradizionali “nemici esterni”: centralisti, meridionali, immigrati, globalismi, poteri forti e via discorrendo. Oggi, al Nord, ma non solo al Nord, la narrazione populista è stata sconfitta da quella socialdemocratica e cioè dalla percezione che i mali dell’Italia sono le disuguaglianze crescenti, la crisi dei pubblici servizi, il disordine sociale e civile e che questi sono in qualche modo legati ad un sistema costruito, a partire dai comportamenti del presidente del consiglio, sulla regola del “fai come ti pare e tutto andrà per il meglio”. In questo senso, una sconfitta irrecuperabile. In sintesi, si è aperta una fase in cui il messaggio del centro-destra - modello italiano- diventa ogni giorno più improponibile né può essere corretto in corso d’opera (a meno di dar vita al “partito della spesa”, con conseguenze drammatiche e incontrollabili) mentre quello della sinistra, nella sua nuova versione socialdemocratica appare nettamente più convincente. Guai, però, a cadere nell’autocompiacimento che, oggi come oggi, significa affidarsi alle promesse e alle parole. Mentre, oggi come oggi, il vero problema non è quello di come vincere, ma di come governare dopo. In un contesto in cui il discrimine fondamentale non è quello tra “estremisti e/o “radicali”e “moderati” e nemmeno quello tra cultori di Casini o di Vendola, ma piuttosto quello tra sinistra di governo e sinistra parolaia. La prima potrà essere, di volta in volta, radicale oppure moderata e dovrà comunque avvalersi del più ampio concorso di forze. E questo perché il suo compito non potrà, purtroppo, essere quello di ricostituire il vecchio stato sociale, ma piuttosto quello di ricostruire uno Stato ed una società erose e fiaccate sino al limite della distruzione da vent’anni di berlusconismo. La nostra situazione non è quella dell’Italia dopo il 25 aprile, ma piuttosto quella dell’Inghilterra nel 1940 quando Churchill seppe parlare al cuore e all’intelligenza dei suoi concittadini con la prospettiva della vittoria, ma anche con la netta enunciazione dei sacrifici necessari per conquistarla. Guai, insomma, a scoprire il disastro dopo aver vinto per vincere occorre spiegarlo qui ed oggi assieme alle grandi strategie atte a superarlo. E occorre farlo presto i prossimi mesi non saranno di ordinaria amministrazione, e tutto lascia pensare che il 2012 sarà l’anno del “redde rationem”.

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