NON SOLO IL PARTITO DEMOCRATICO, ANCHE LA ROSA RISCHIA IL DISASTRO – di Lanfranco Turci da il Riformista di sabato 24 giugno 2006
30 giugno 2006
Il lucido articolo di Peppino Caldarola apparso ieri l'altro sul Riformista a proposito del partito democratico mi induce ad alcune riflessioni sullo stesso e sul contemporaneo processo di costruzione della Rosa nel pugno. In fin dei conti, si parva licet...., si tratta di due processi paralleli di aggregazione di forze politiche che si propongono di ridisegnare il campo politico del centro sinistra.
Del processo del partito democratico non potrei offrire un'analisi più impietosa di quella offerta da Caldarola. In sostanza mi sembra un disegno politico privo di un'anima. Venuta meno la carica emotiva e un po' naif dell'ulivismo prima maniera, non se ne vede la forza espansiva. Manca quel nucleo di valori e quell'idea di Paese che, opportunamente declinati, costituiscono il presupposto di qualunque partito politico degno di questo nome. L'immagine che ne risulta è quella sempre più marcata di un incontro tra Stati maggiori blindati nelle loro aree e sub aree d'influenza.
Ma come siamo messi sul versante della Rosa nel pugno? Io credo che - pur di fronte all'esito deludente delle recenti elezioni politiche - il progetto della Rnp contenga un nucleo di idee più nitido, percepibile e ambizioso rispetto al partito democratico. Come testimonia la notevole componente di voti non radicali e non socialisti che hanno in parte colmato l'uscita dei rispettivi voti tradizionali, gli elettori hanno votato più il potenziale del progetto, che la realtà attuale dello Sdi e dei Radicali. Una parte limitata, ma molto qualificata di elettorato giovanile, di borghesia colta e professionale, di quadri politici della sinistra delusi dalla deriva oligarchica e autoreferenziale dei partiti e dei partitini del centro sinistra, ha deciso di scommettere sulla prospettiva di quel partito laico, liberale, socialista e radicale di cui si erano solamente delineate le premesse nei mesi precedenti. Un progetto di partito che, sfoltendo l'aggettivazione, può definirsi liberale in termini di cultura politica e socialista in termini di valori morali. Un progetto non appesantito dalla faticosa digestione d'identità pregressa quali quella comunista e democristiana, più agile e maggiormente capace di intercettare il bisogno assoluto di novità di un Paese sfiduciato, scettico e non soddisfatto dell'attuale assetto bipolare.
Eppure anche questo progetto non naviga oggi in buone acque. Pare che nessuno dei due attori principali abbia colto fino in fondo la necessità e la portata del cambiamento per il quale si sono impegnati.
Bisogna dare atto a Boselli di avere preservato, dopo la fine del Psi, una presenza socialista autonoma a sinistra, senza farsi fagocitare dalla Cosa 1 e 2. Tuttavia non si può negare che quasi ovunque lo Sdi si presenta oggi come un partito invecchiato, impoverito culturalmente, con un insediamento sociale a macchia di leopardo, non privo di tratti di clientelismo. In questa situazione Boselli ha avuto il coraggio di lasciare le sponde protettrici dei Ds e dell'Ulivo che garantivano allo Sdi uno spazio residuale di sopravvivenza. La scintilla è stata certamente il referendum sulla legge 40, ma da solo il bagaglio referendario non basta. Da qui può e deve partire un processo di grande innovazione nella cultura e nella prassi socialista che comporta anche un prezzo in termini di uomini, di assetti di potere. Posizioni come quelle espresse sul Riformista da Cesare Marini segnalano le forti resistenze che si frappongono a questo processo e il permanente richiamo della foresta, che da mesi ha assunto le forme di un pressing insistente fatto di lusinghe e di minacce da parte degli apparati Ds.
Ma la Rnp costituisce una sfida anche per i Radicali, una formazione ricca di passione civile, volontarismo e generosità, cui si devono le più importanti battaglie civili degli ultimi decenni. Una formazione che porta le stigmate di un lungo isolamento in parte scelto, in parte subito, costituita da un corpo gracilissimo nel territorio e una forte guida nazionale sovrastata dalla leadership carismatica di Marco Pannella. Proprio Pannella è stato colui che più ha voluto la Rnp e l'apertura a persone come de Giovanni, Buglio e il sottoscritto, quali testimonianza delle nuove possibilità che si aprivano a questo soggetto politico. Ora tocca a Pannella guidare la sua formazione fuori dalla tentazione del minoritarismo, dalla cultura elitaria e inevitabilmente settaria dell'organizzazione, dal rischio di concepire la politica più in termini di testimonianza che di efficacia. Questi sono i veri problemi che ostacolano lo sbocco dei radicali nella Rnp.
Dunque le difficoltà che attraversa la Rosa non sono meno preoccupanti di quelle del partito democratico. In quest'ultimo manca sia un progetto politico culturale sia un'idea di organizzazione comprensiva e democratica. Nella Rosa il progetto c'è ed è in grado di sfidare positivamente l'idea del Partito democratico. Tuttavia esso soffre terribilmente nella fase di passaggio dall'intuizione all'attuazione, mostrando in questo problemi analoghi a quelli del partito democratico. Nonostante la grande occasione che Sdi e Radicali hanno a disposizione, infatti, potrebbero prevalere ancora, con motivazioni diverse, le ragioni della sfiducia e della diffidenza, portando inevitabilmente al fallimento del progetto. E' chiaro che né i Radicali potranno entrare nei panni socialisti, né i socialisti in quelli radicali e le forze nuove non si iscriveranno né alle sezioni dello Sdi né a quelle strane monadi che sono i circoli radicali. L'elaborazione di un modello di organizzazione in cui far convergere i Radicali e lo Sdi (due esperienze organizzative agli antipodi) e i gruppi e i soggetti nuovi è l'operazione più difficile da compiere. Questo modello dovrà premiare l'impegno, la partecipazione e il consenso secondo regole praticabili e trasparenti, evitando il cancro del tesseramento passivo e corruttore.
In sostanza dobbiamo trovare una soluzione che non solo superi le reciproche differenze di radicali e socialisti, ma costituisca una risposta di valore più generale alla degenerazione oligarchica che riguarda tutto il sistema politico. Se non ce la faremo, anche la Rosa andrà al disastro che Caldarola paventa per il partito democratico e ci andrà, paradossalmente, per la difesa dei partiti così come sono, il che, se già è tragico per partiti di media dimensione come i Ds e la Margherita, sarebbe grottesco per due piccoli partiti come lo Sdi e i Radicali.