NON SOLO HINTERLAND: VA RIVISTO IL RAPPORTO CON LA REGIONE – di Vito Redaelli da Il Riformista del 14 luglio 2006
25 luglio 2006
Urbanistica. ci vuole un’idea di sviluppo spaziale e socio-economico
Di appelli speranzosi, il nuovo sindaco di Milano se ne è visti rivolgere molti e di variegata natura: gli si chiede di avere un occhio di riguardo al traffico e al funzionamento dei trasporti pubblici, di occuparsi delle piste ciclabili, della sicurezza urbana, del decoro dei palazzi, della cultura e delle università, dei giovani, etc. Tutti argomenti legittimi e rilevanti che dovrebbero costituire la normale agenda politica di un’importante area urbana come Milano, ma che, se affrontati uno a uno senza un reale coordinamento d’insieme, corrono il rischio di diventare programmi settoriali o, per dirla con uno slogan di moda, da “amministratore di condominio”.
Che senso ha, ad esempio, lamentarsi della congestione del traffico attuale quando, nello stesso tempo, si programmano nuovi insediamenti edilizi quali Milano Santa Giulia che porterà 60 mila nuovi abitanti e utenti in un ambito urbano solo in parte servito dalla linea ferroviaria? Che senso ha avuto costruire il nuovo quartiere Rubattino a Lambrate in un’area quasi del tutto priva di un’accessibilità di trasporto pubblico e, per di più, a pochi metri dalla tangenziale est già oggi congestionata? Scelte urbanistiche che faranno aumentare ancor più traffico e congestione con il risultato di alimentare il paradosso per cui mentre, da un lato, l’Amministrazione si sforza di attivare politiche di contenimento del traffico, dall’altro si creano le condizioni per indurre nuovo traffico difficilmente governabile, rendendo la città sempre più difficile da vivere.
Arriviamo così al punto: quale potrebbe essere - se ci poniamo in una logica di governo d'insieme della città - una delle politiche d’intervento con la quale il sindaco Moratti potrebbe intraprendere un percorso veramente innovativo, oltre che di netta discontinuità nei confronti delle ultime Amministrazioni?
Un’opzione percorribile è promuovere quella che potremmo chiamare una ”idea complessiva della città”, uno scenario strategico che ponga la forma fisica e sociale di Milano – nella sua interezza - al centro del dibattito pubblico, sforzandosi di mettere in correlazione più politiche diverse. Rifiutando, dunque, di ridurre la città alla sommatoria di tante iniziative e progetti casuali, l’uno sganciato dall’altro, in quanto da una tale frammentazione non può emergere una significativa qualità urbana.
Promuovere una ”idea di città” per Milano non significa necessariamente disegnarla tout court come si è fatto con i piani regolatori fino ai primi decenni del ‘900, ma nemmeno considerare ammissibile uno sviluppo della città quantitativo e disorganizzato, al traino passivo delle occasioni immobiliari contingenti. Vuol dire individuare una chiara idea politica di sviluppo spaziale e socio-economico da mettere a confronto con le strategie delle altre istituzioni pubbliche che concorrono al perfezionamento dell’ambiente (in primis Regione e Provincia, ma anche con altri Comuni). Si tratta, nel concreto, di elaborare uno scenario che si sforzi di intraprendere, e portare fino in fondo, scelte coraggiose, in una logica che non può essere che quella di un decongestionamento mirato di Milano città a favore di un riequilibrio del palinsesto urbano regionale. Uno scenario, dunque, che veda Milano confrontarsi con l’intera Lombardia e non solo con il suo cosiddetto “hinterland”, già oggi sovraffollato. Che porti, quindi, a selezionare poche e strategiche funzioni da collocare all’interno dei confini comunali decentrando le altre attività nel sistema urbano regionale - quello che include Pavia, Lodi, Bergamo, Lecco, Como, Novara, e altri numerosi contesti - che costituisce il vero luogo di una rinnovata qualità urbana per Milano. Che torni a dare priorità ad una seria politica del trasporto pubblico come condizione essenziale dell’organizzazione del territorio basata su tempi di percorrenza nell’arco dell’ora tra un polo e l’altro, ragionando a più scale sulle potenzialità attivabili sia per l’ambito centrale di Milano che per il palinsesto regionale.
Sarà, in questo modo, più facile rendersi conto come ogni area rimasta libera in Milano non possa essere considerata adatta per costruire qualunque cosa, in modo indifferenziato, e, soprattutto, non debba essere necessariamente riempita. Un preciso disegno strategico così definito, in altre parole, aiuterebbe a respingere un destino di Milano-metropoli, o di “città-metropolitana”, accentratrice ovvero subordinata alle logiche della rendita e del profitto per, al contrario, puntare a selezionare solo alcuni grandi progetti di trasformazione sulla base di un’idea di città che ha per priorità l’interesse collettivo. Funzioni strategiche che siano utili a garantire ai cittadini l’accesso alla conoscenza generale quali, ad esempio, nuove e più funzionali sedi universitarie integrate a rete con le sedi negli altri capoluoghi lombardi, la Biblioteca a Porta Vittoria, una sede RAI, il Polo museale intorno al Parco Sempione. Funzioni utili a rendere partecipi i cittadini alle decisioni politiche collettive quali, per esempio, un luogo simbolicamente forte per Milano capitale dell’Unione Europea, le nuove sedi del Consiglio Regione e del Comune a Garibaldi-Repubblica. Funzioni utili per fare fronte agli squilibri della globalizzazione quali la rinnovata “Città della Salute” del Policlinico, spazi per lo sport e la ricreazione nei diversi quartieri, case per giovani, studenti e anziani, abitazioni temporanee per extracomunitari, luoghi per le organizzazione di base e di autogoverno, etc.
Da molti anni manca, a Milano, una prospettiva di sviluppo complessivo di questo tipo che potrebbe, oggi, rappresentare il modo per declinare una nozione ampia di governo della città e un’innovativa idea di qualità urbana che sappia coniugare scenari di ampio respiro e grandi progetti puntuali in grado di fare sistema tra loro.
Solo una Milano riequilibrata in rapporto alla più ampia città milanese-lombarda può portare ad un ambiente più confortevole, paesisticamente vario ed efficiente: un'unica grande città del nostro tempo, con i vantaggi di una qualunque metropoli, ma senza i guasti e le degradazioni dell'ambiente; capace di competere a livello mondiale, anche nell'immagine, di valorizzare tutte le specificità, in cui consiste la sua universalità e fama nel mondo, delle sue istituzioni, dei suoi cittadini, delle sue imprese.