NON LASCIAMO CHE UNA SPERANZA POLITICA FINISCA IN FARSA – di Biagio De Giovanni, da il Riformista del 1° agosto 2006
04 settembre 2006
Rosa nel Pugno. La montagna che ha partorito il topolino
Pubblichiamo questo articolo che vi aiuta a distinguere le vere potenzialità della Rosa nel Pugno dai piccoli problemi che riguardano la sua gestione interna.
La Rosa nel pugno rischia lo scioglimento per il mancato accordo sulla elezione del capogruppo alla Camera, dopo le ormai lontane dimissioni di Roberto Villetti. Ovvero: la montagna partorisce un topolino vestito di tutto punto in puro politichese. La montagna, proprio così, anche se tutto è relativo: giacché il progetto della Rosa, per il quale in molti ci siamo spesi, al quale in molti abbiamo creduto, nel quale molte storie diverse sono confluite, è stato un progetto serio, fondato, che ricercava radici comuni, e antiche e presenti storie italiane, e si ritrovava in una idea centrale, sintetica, che era nel principio, insieme, di una rivoluzione liberale e solidale, capace di aiutare l'Italia a uscire dalle secche dei corporativismi e delle oligarchie consolidate. Il vero embrione del partito democratico è apparso per qualche tempo la Rosa nel pugno. In grado di dare molti colpi da ko a quella confusa mistura di lingue babeliche che dovrebbe dar forma al partito democratico, quello ufficiale, più che mai araba fenice in un panorama slabbrato e controverso. Eppure, questa grande occasione si va disperdendo anch'essa in rivoli a loro volta confusi e slabbrati.
Un destino cinico e baro grava sull'Italia? No, mai come questa volta nessuna fatalità può fare da alibi alle insufficienze dei gruppi dirigenti, alla loro incapacità di rinunciare a qualcosa della loro identità consolidata a favore di quella idea affascinante e innovatrice da cui tutto sembrava esser nato. INon mi ergo a parte terza nel confronto, provenendo da una vicenda diversa da quella radicale e socialista. La forza della Rosa stava (sembrava staer) proprio nel fatto che nessuno si sentiva terzo, mediatore, o altro di simile.
Ma come nessuno di noi, credo, si sentiva terzo o mosca cocchiera, così si poteva immaginare che le componenti principali, quelle che nella loro sintesi davano vera dignità storico-politica al progetto della Rosa, avrebbero trovato il punto di equilibrio in grado di mettere in angolo opposti estremismi e rigurgiti identitari che riportano tutta la situazione all'indietro, impedendo all'embrione di spiccare il suo volo. Così non è stato.
Non spetta a me (e come potrei pensarlo?) individuare colpe e responsabilità, ma di certo responsabilità di tutti non possono non esserci se il processo di sintesi non si è avviato, se sono trascorsi mesi e mesi, dopo la riunione della direzione in aprile, giornata gravida di promesse, nel silenzio della Rosa. Questa, nel frattempo, mieteva successi – qualcuno giungeva perfino a riconoscerlo - nell'avvio del programma di governo che sembrava tradurre qualcuna almeno delle sue ispirazioni in decisione legis1ativa. Un silenzio che stava a mostrare, forse, la preoccupazione di prender la parola per proporre l’unica cosa che era stata promessa e individuata come necessaria: subito, entro luglio, un processo costituente (o federativo, non cambiava moltissimo) per dar forma politica alla Rosa, per riempire di un atto politico fondamentale il dopo-elezioni, senza abbandonarsi come è avvenuto soprattutto nell'area socialista, a recriminazioni, e da parte di alcuni alla rimessa in discussione di tutto.
Boselli ha resistito, bisogna dargliene atto, ma quello che era necessario, spingere sui tempi della decisione politica,questo no, non è avvenuto. Nemmeno una riunione di segreteria è stata di fatto possibile, come se ci fossero forze che tendevano alla disgregazione di fatto, senza che nemmeno si potesse trovare il luogo per frenarla. Ora,si sta andando oltre il tempo massimo, e la situazione va degradando. Da un luogo ormai relativamente appartato della battaglia politica come è quello che ho scelto, mi limito a indicare alcuni atti necessari per evitare quel "peggio" che sembra già in atto, con effetto valanga su tutto se non si pone la massima attenzione ai prossimi giorni. Si risolva velocemente la questione del capogruppo alla Camera, senza che il topolino in politichese rimuova la montagna che gli sta alle spalle.
Dico la verità: nessuno che sta appena fuori da tutto questo, sarebbe in grado di capire come possa avvenire che un fatto così evidentemente, clamorosamente limitato, possa decidere della sostanza di un progetto storico-politico di cui in tanti, anche avversari, avevano riconosciuto la valenza e il peso. Le classi dirigenti, tutte, verrebbero chiamate a render conto di ciò. Un fatto serio come la Rosa finirebbe in farsa. Si riunisca subito la direzione, con all'ordine del giorno la convocazione in autunno di una assemblea per dar forma politica alla Rosa senza la quale l’Ita1ia perderebbe un piccolo punto di riferimento, il punto di riferimento di una minoranza coraggiosa che aveva fatto perdere le staffe al potente D'Alema e che si poneva con il ruolo proprio delle minoranze dinanzi al senso oppressivo e prepotente dato da mere maggioranze di potere.
Come scrisse Dumas figlio, <