Non è né Bush, né Berlusconi. Ma Blair resta un laburista. di Luca Cefis - Avanti della Domenica - 12 Dicembre 2004

16 dicembre 2004

Non è né Bush, né Berlusconi. Ma Blair resta un laburista. di Luca Cefis - Avanti della Domenica - 12 Dicembre 2004

L’immagine di Tony Blair da noi è ormai vittima di due opposte strumentalizzazioni propagandistiche: quella degli estremisti “no global”, che vedono nella guerra in Iraq un unico complotto neoliberista delle “Tre B”, Berlusconi, Bush, Blair, e quella degli estremisti governativi, che hanno capito che questa bischerata delle “tre B” è un favore gigantesco per la B più debole, un Berlusconi che ha solo da guadagnare da un accostamento con le due B più prestigiose. Ora, che la posizione di Blair sull’Iraq non sia condivisa da noi Socialisti Democratici Italiani (né dalla gran parte dell’Internazionale Socialista) è un dato di fatto. Ma proprio per questo, è particolarmente opportuno un distinguo, e quindi dare a Cesare per quel che è di Cesare e a Tony quel che è di Tony. Perché, e questo è il dato di fatto che qui vogliamo sottolineare, la controversia sull’Iraq ha messo in un cono d’ombra, agli occhi dell’opinione pubblica europea, lo smagliante successo che il laburismo britannico sta ottenendo sul piano interno. Se passa la teoria delle “tre B”, e ultimamente sono proprio i portavoce di Forza Italia i più accaniti nel proporla, il rischio è che la gente, dagli spettatori di “Ballarò” e di “Porta a Porta” fino ai lettori di quotidiani e insomma gli elettori, finiscano con il credere che la smagliante performance economica del governo laburista in Gran Bretagna sia da rivendicare alla cricca delle B, e che pure il taglio delle tasse della B italiana sia in sintonia con i successi della B britannica. Non è così: il governo Blair non sta certo lavorando al taglio delle tasse ai ricchi; il record dei livelli di occupazione e di crescita che la Gran Bretagna oggi conosce, non è certo ottenuta con una ricetta neo-liberista, ma piuttosto con una neo-laburista, che non ha molto in comune con quella della B italiana o americana, ed è centrata sulle pari opportunità e sull’estensione del welfare state. Non per nulla il picco di conflitto con l’opposizione conservatrice è intorno al NHS, il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Per i laburisti si tratta di rafforzarlo, per i conservatori il sistema sanitario pubblico è... indovinate un po’?...un sistema “comunista”. Anche la scuola statale è in cima alle preoccupazioni laburiste, mentre i conservatori hanno proposto un sistema di buoni scuola che mira in pratica a sostenere le scuole private che, come tutti sanno, nel Regno Unito hanno sì una tradizione di eccellenza, ma anche di spudorato classismo. Gordon Brown, nel suo Pre-Budget Report, una sorta di anticipazione della nostra finanziaria, prevede sì tagli nella pubblica amministrazione, dove le sacche di inefficienza sono ampie, ma non certo per finanziare sgravi fiscali per i ricchi, come invece farà la B italiana, ma piuttosto per arrivare entro il 2010 a garantire una disponibilità di 15 ore settimanali di asilo nido gratuito per tutti i bambini tra i 3 e i 4 anni; estendere il permesso di maternità a nove mesi dal 2007 (e si vuole arrivare a un anno); e per le autonomie locali ci saranno trasferimenti extra, per sostenere lo sviluppo dei servizi locali senza forzare le tasse comunali. Insomma, non è proprio il caso di “regalare” il laburismo inglese alla propaganda di destra, né di farne un bersaglio per i massimalisti nostrani; la tragedia irachena, pur con tutte le sue drammatiche conseguenze, non ci deve accecare al punto di non saper distinguere tra neo-liberismo e neo-laburismo.

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