NON DIMENTICARE WELBY di Alessandro Litta Modignani recensione del libro di Mario Riccio – l’Opinione del 4 novembre 2008
09 dicembre 2008
C’è un prima e un dopo, nella vita di Mario Riccio. Prima egli è un medico anestesista come gli altri: un professionista serio e stimato, che si divide fra l’ospedale di Cremona e la famiglia, coltiva le sue idee e si confronta appassionatamente su vita, morte e libertà di cura all’interno della Consulta di bioetica. Un giorno sente confuse notizie in tv, legge i giornali, cerca di saperne di più, riflette. Infine decide spontaneamente di rendersi disponibile, per obbedire alla sua coscienza di medico, di cittadino e di uomo. Da quel momento, la sua vicenda professionale e umana ne uscirà completamente trasformata. Nel libro “Storia di una morte opportuna – Il diario del medico che ha fatto la volontà di Welby”, (co-autrice Gianna Milano, 288 pagine, Sironi Editore) Riccio ricostruisce la dolorosa vicenda umana di Piergiorgio Welby nei minimi particolari, anche psicologici. Ne risulta un libro toccante nella prosa e straordinariamente ben documentato, ricco di citazioni scientifiche, giuridiche, mediche e altrettanto di letteratura e di poesia. Riccio sa, ma ancora più “sente”, di avere ragione. L’eutanasia non c’entra, continua a ripetere a se stesso e a tutti: si tratta solo di rispettare la volontà del paziente. Dopo la lettera di Welby a Napolitano, la risposta del presidente e l’assurdo diniego del tribunale di Roma (Welby avrebbe il diritto, ma non c’è una legge che gli consenta di esercitarlo, sostiene la Corte) egli si sente in dovere di agire. Prende contatto via mail con i radicali e va a Roma. E’ colpito dall’atmosfera militante della sede, dalla personalità di Pannella e dalla serena dolcezza di Mina, la moglie di Piero, dolente eppure ferma nella determinazione di rispettare la volontà del marito che soffre. Quando la donna gli indica l’interruttore da spegnere, egli la ferma perchè teme che voglia farlo lei: è il medico che deve compiere il suo dovere, secondo coscienza. Anche il libro, come la vita di Riccio, si divide fra un prima e un dopo. Se la prima parte è tutta “interiore”, cioè intima e riflessiva, la seconda al contrario è un turbine conferenze stampa affollate, troupes televisive che si accalcano, foto in prima pagina, il cellulare che non smette di squillare. Naturalmente arrivano subito le grane: Luca Volonté starnazza alla Camera chiedendo l’arresto dei responsabili, in questura lo interrogano come “persona informata dei fatti”. Poi arrivano le audizioni all’ordine dei medici e le udienze nei tribunali. Ma tutto si dissolve in una bolla di sapone e gli aspiranti Inquisitori restano a bocca asciutta. Le gerarchie negano a Welby i funerali religiosi e questo si rivelerà il più clamoroso degli autogol: il portone sbarrato di una Chiesa mal si addice a un Dio di misericordia. Vista la mala parata, politici bigotti, casta sacerdotale e moralisti vari scelgono allora l’unica opzione possibile: il silenzio. Il caso Welby deve essere dimenticato, perché ha rappresentato una delle più rovinose sconfitte che l’ideologia neo-temporalista abbia registrato, in questi anni di revanscismo clericale. Proprio per questo, chi ama la libertà e lo Stato di diritto prova sentimenti di riconoscenza nei confronti di Mario Riccio. Il maggior merito del suo libro è ci aiuta a non dimenticare Welby.
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