NON CI SONO PIÙ ‘TERZE VIE’, È RIMASTA SOLO QUELLA SOCIALISTA di Pieraldo Ciucchi dall'Avanti della Domenica del 20 maggio 2012
21 giugno 2012
Le elezioni del 6 maggio hanno offerto tre test. Germania e Francia hanno sistemi politici fondati su concezione e regole dell’alternativa politica e sociale ed hanno resistito bene. La Francia trova una guida socialista, la Germania conferma, a denti stretti, la guida conservatrice. La Grecia, paese con tradizioni diverse nel risolvere il tema di alternativa politica, si è incagliata nella crisi globale a seguito dell’uso smodato delle astuzie levantine. Il voto in Grecia si è frantumato e lascia immaginare disastri: evaporazione dei grandi partiti guida, nascita e sviluppo di partiti reazionari e anti-sistema.
L’Italia, nel ‘900, ha coltivato l’illusione della diversità rispetto all’Europa ed ha rinunciato alla possibilità dell’alternativa politica e di visioni della società alla logica di una società organica che si ritrovò nella formula del compromesso storico.
Quella soluzione è stata applicata all’attuale fase della crisi globale con la soluzione del governo dei tecnici che rispecchia il “governo dei diversi” di Berlinguer. Oggi l’Italia, se si guarda alla frantumazione del sistema politico uscito dalle elezioni comunali, è più vicina alla soluzione politica greca che a quella francese o tedesca a dimostrazione ancora una volta, di come il deficit d’alternativa che ha travolto i partiti di governo della Prima Repubblica ora travolgerà la cosiddetta Seconda Repubblica dopo l’illusoria soluzione tecnico – burocratica e consociativa.
Il voto amministrativo in Italia ci dice che la somma dei voti di A, B, C è notevolmente inferiore al 50% del corpo elettorale e del paese reale. Non saranno le tecnicità a salvare il PDL imploso, il PD in declino, il Terzo polo evaporato, a evitare la frammentazione e il dilagare del populismo. Se la prospettiva politica più vicina all’Italia appare quella greca piuttosto che quella francese e tedesca, si deve anche al fatto che questa Seconda Repubblica, in tutte le sue componenti, ma proprio in tutte, ha evitato accuratamente che al socialismo italiano potesse essere restituita una voce e dunque, una funzione politica. Nel paesaggio lunare che le urne ci hanno restituito il rischio che il centrodestra torni a coagularsi è forte.
Non può essere casuale che il Presidente della Conferenza Episcopale italiana abbia sentito il bisogno di esternare in pubblico, proprio il giorno delle elezioni, auspicando il ricompattamento di quel blocco sociale che ha fin qui costituito la maggioranza degli elettori cosiddetti moderati rispetto al tradizionale blocco progressista.
Non è neppure casuale che Casini, il giorno dopo, abbia sbaraccato l’idea terzopolista. Sarà interessante seguire l’evoluzione di questi movimenti e non dovremmo meravigliarci se al rilancio delle critiche di Matteo Renzi a Bersani, con l’ennesima richiesta di primarie, possa far seguito, a fronte di un rifiuto, il definitivo strappo dal PD. In tal caso, la tessitura della tela cui è impegnato il cardinale Bagnasco avrebbe l‘esito finale di mettere in campo una nuova leadership generazionale. Una nuova leadership in grado di ricomprendere aree e movimenti trasversali al centrodestra e al centrosinistra che, tuttavia, trovano comune ispirazione nei valori della dottrina sociale della Chiesa. AI socialisti spetta viceversa, incominciare a costruire quel “socialismo largo” i cui frutti potranno maturare solo negli anni a venire.
Riunire il mondo riformista sotto il tetto di una formazione d’ispirazione socialista: questo è l’imperativo e la parola d’ordine per animare una politica e tanto meglio se, fin dall’inizio, possa essere alimentata da una ritrovata rappresentanza parlamentare per i socialisti organizzati. Ma l’impegno, l’azione e la prospettiva non possono esaurirsi nella finalizzazione esclusiva di quest’obiettivo.
Cos’è, dunque, che impedisce l’avvio di un dialogo volto intanto a riunire i socialisti, i laici, i liberali a partire da Tremonti e da tutti quei socialisti elettori che fino ad oggi si sono fatti scudo delle persecuzioni giudiziarie per giustificare la loro appartenenza al centrodestra? Una politica in grado di suscitare l’emancipazione e l’ancoraggio definitivo alla sponda socialista di Bersani e di Vendola battendo il chiodo rappresentato dal fallimento di tutte le vie, quante e quali che siano, che entrambi hanno imboccato nel corso degli ultimi anni.
Lo “strabismo politico” e “l’eresia riformista” hanno finito per segnare il ‘900 con il prevalere delle ragioni del socialismo rispetto alle altre vie della sinistra italiana. La mancanza d’identità della sinistra di oggi va ricercata proprio nell’essersi sottratta a un revisionismo culturale che la ponesse a pieno titolo nella dimensione politica europea. Rivendicare il copyright non è sufficiente se non si torna ad alimentare una coerente politica di matrice liberalsocialista, supportandola con il coraggio dell’azione, del confronto e dello scontro, quando occorre. Bisogna che i socialisti sappiano chi sono se vogliono lanciare la sfida di un socialismo largo verso il quale, presto o tardi, finirà per ritrovarsi l’insieme delle forze di sinistra perché nel tempo che ci attende l’alternativa alla destra populista e liberista e agli estremismi xenofobi in Europa, si chiama in un solo modo: socialista.