NON C’E’ SINISTRA SENZA SOCIALISMO, intervista a Alfonso Gianni, da Agenzia Fuoritutto di giovedì 20 maggio 2010

08 giugno 2010

NON C’E’ SINISTRA SENZA SOCIALISMO, intervista a Alfonso Gianni, da Agenzia Fuoritutto di giovedì 20 maggio 2010

Roma, 20 maggio ’10 (Fuoritutto) Nell’ ambito dell’assemblea nazionale dell’ ARS (Associazione del Rinnovamento della Sinistra, fondata da Aldo Tortorella, n.d.r.) tenutasi recentemente a Roma Fuoritutto ha incontrato Alfonso Gianni, 60 anni, esponente di Sinistra Ecologia e Libertà, saggista, già parlamentare, sottosegretario e stretto collaboratore di Fausto Bertinotti, il quale nel corso dell’intervista ha sottolineato tra l’altro come non c’è sinistra senza il socialismo.
Da un punto di vista nominalistico, è auspicabile che la sinistra europea, nel suo complesso, possa ancora parlare di socialismo, in coerenza con la propria storia e con il proprio futuro ?
Sì certamente. Sono convinto che il capitalismo come ogni altra formazione socioeconomica non durerà in eterno, anche se la sua fine non è imminente. Tuttavia l’accumularsi di crisi, non solo economiche, ma ecologiche e sociali ad esempio, indicano che stiamo entrando in una fase di transizione la cui durata non è preventivabile. L’esito è tutt’altro che scontato, ma pensare ad una società senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo e senza alienazione dai prodotti del proprio lavoro sia possibile e necessario. Questo per me è l’essenza del socialismo. Non conosco altri termini per definire una simile società. Naturalmente non dimentico i fallimenti del socialismo reale o del comunismo fattosi stato nel novecento. Li dobbiamo studiare con molta attenzione e senza paura di scoprire non solo errori ma anche orrori. Ma l’istanza di liberazione e di eguaglianza che sta alla base degli ideali socialisti mi pare l’unica per la quale valga la pena di battersi. Su questo sta la discriminante anche nel mondo moderno fra destra e sinistra, sia sul piano filosofico che politico. E la sinistra o è socialista, senza aggettivi ulteriori, o non è.
Potrebbe comunque essere individuabile una ideologia alternativa con robuste radici in passate esperienze?
Il pensiero socialista ancora oggi mi appare come il più compiuto per configurarsi come un’alternativa allo stato di cose presenti. Penso che la vecchia contrapposizione fra comunisti e socialisti, fra riformisti e rivoluzionari, che ha caratterizzato, anche con vicende drammatiche e negative, tutto il novecento non abbia oggi davvero alcun senso. Sono quindi convinto che fra le diverse anime e tradizioni della sinistra sia necessario ricostruire oggi una sorta di nuovo e alto patto identitario, che possa quindi delineare il profilo della nuova sinistra del XXI secolo.
Sempre in questo quadro, è ancora giustificata, o perseguibile, una concezione complessivamente sfavorevole alla inarrestabilità del processo di globalizzazione dell’ economia mondiale?
In continuità con la risposta precedente, vorrei rispondere a questa cruciale domanda con una citazione, che riporto a memoria. Diversi anni fa comparve su l’Unità un editoriale di padre Ernesto Balducci, l’animatore della scuola di Fiesole. Pochi giorni dopo egli morì in un incidente stradale. Forse anche per questo che le sue parole mi parvero molto profetiche. Iniziava pressappoco così: la dimensione dell’uomo moderno è oggi stretta tra un’alternativa: tra il ritorno al villaggio d’origine o aprirsi al mondo intero. Eravamo agli inizi del successo politico della Lega e nessuno avrebbe ancora potuto pensare che sarebbe stato purtroppo così rilevante. Penso che quella alternativa sia esatta e che bisogna scegliere il mondo non il villaggio d’origine. Naturalmente questo comporta una critica aspra e rigorosa del modo concreto con cui questa globalizzazione, dal 1980 in poi si è realizzata nel mondo.
Nel panorama italiano, è ravvisabile una tentata, seppur non realizzata, coesistenza di elementi socialisti con spunti di solidarietà sociale, di ispirazione cattolica, nel partito democratico?
Certamente. Il partito democratico nel suo insieme mi appare un corpo politico nel quale i suoi iscritti e anche larghe fette del suo elettorato sono più a sinistra del suo gruppo dirigente che invece punta a un partito centrista modernizzato. Questa è una bella e grande contraddizione e prima poi scoppierà, con esiti non prevedibili. Questa collocazione di sinistra della maggioranza del corpo del Pd non è riducibile alla geografia delle vecchie componenti politiche che lo hanno costituito, ma è trasversale rispetto ad esse. Tanto per chiarirci, con la speranza di non offendere nessuno, un conto è Rosi Bindi, un altro Fioroni o Enrico Letta. E’ superfluo dire che mi trovo più in consonanza con la prima che con i secondi.
Non sono ipotizzabili, con queste premesse, convergenze politiche elettorali con il partito democratico?
Si che lo sono. Sia a livello locale che nazionale. Penso in sostanza che non ci sia alternativa, se si vuole batter le destre, a un rinnovato centrosinistra. Nel quale ci deve essere chi rappresenta il centro e chi la sinistra. Poi si vedrà se il pendolo pesa più verso il centro o verso la sinistra, che è ovviamente la cosa che vorrei. Questa considerazione la rivolgo soprattutto a chi come me sta cercando di ricostruire una sinistra all’altezza dei nuovi compiti. Ma evidentemente mi aspetto che nel campo del Pd non tornino a prevalere quelle scelte di autosufficienza che sono state alla base della stessa sconfitta dell’ultimo governo Prodi. A buon intenditor poche parole…
A dispetto delle difficoltà crescenti per la tenuta governativa, derivanti dalle inchieste giudiziarie, il dinamismo federalista della Lega sembra tuttavia moltiplicarsi. Quale risposta suggerisce la sinistra radicale?
Quello di non lisciare il pelo alla Lega. Anche nel campo della sinistra radicale c’è chi, anche se finora si vede poco, ha la tendenza a seguire le mire di un certo populismo di sinistra. Voglio essere più chiaro. Quanto dico è l’esatto opposto dell’accusa che D’Alema rivolge a Nichi Vendola. Nel caso pugliese non c’è nessun populismo, c’è invece una ritrovata connessione sentimentale, secondo la celebre espressione di Antonio Gramsci, con il popolo, particolarmente con i giovani. Questa è la ragione del successo di Vendola, che D’Alema ha cercato per ben due volte di contrastare, senza riuscirvi e , ciò che è più grave, senza avere tratto le giuste conseguenze da ciò. Mi riferisco invece alla tendenza ad assumere a volte parole d’ordine semplificative, linguaggi grossolani, sperando così di raggiungere più facilmente il popolo. La differenza fra noi e la Lega non è solo e tanto di linguaggi: è di contenuti.
Alfonso Gianni infine si sofferma sulla attuale drammatica crisi economica.
“Nel mio ultimo libro (Goodbye liberismo, Ponte alle Grazie editore), uscito esattamente un anno fa, ma credo ancora del tutto attuale, visto che siamo immersi nella stessa crisi economica, ho sostenuto – rileva - che sono venuti al pettine quattro nodi. Ognuno di questi è un aspetto della crisi e tutti si manifestano contemporaneamente. La crisi economico-finanziaria, quella scatenatasi con i subprime e i fallimenti delle banche che deriva a sua volta da una crisi di sovrapproduzione; la crisi sociale, derivante dall’aumento delle povertà nel mondo e della polarizzazione dei redditi nelle economie più avanzate e in quelle dei paesi emergenti, come la stessa Cina; la crisi ecologica, conseguenza dello stesso modello di sviluppo capitalistico devastante che ha subito un’ulteriore accelerazione con il neoliberismo della globalizzazione; quella democratico-istituzionale, che ha messo in cri111si gli stati-nazione, la democrazia al loro interno e i pochi organi di governance che c’erano a livello mondiale, come lo stesso Onu. La sinistra deve intervenire contemporaneamente su questi quattro terreni, se vuole trasformare la società”.

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