NON BISOGNA LIQUIDARE L'IDEA .... di Roberto Biscardini

31 agosto 2004

NON BISOGNA LIQUIDARE L'IDEA .... di Roberto Biscardini

Non bisogna liquidare l'idea che ci sia uno spazio e un ruolo politico per il socialismo italiano di Roberto Biscardini da l'Avanti della domenica del 15 febbraio 2004 In diverse occasioni ho avuto modo di esprimere perplessità sulla “lista unitaria” per le europee. Scelta sopportabile se, come è stato dichiarato a Napoli, fosse “circoscritta” al momento elettorale del 13 giugno; poco chiara e contraddittoria se vuole essere qualcosa di più. Le interpretazioni su cosa sia effettivamente sono molte e, non a caso, gli stessi contraenti sostengano posizioni tra loro diverse e spesso incompatibili. C’è che spera che la lista possa diventare un partito riformista, forse anche socialista e socialdemocratico, ma è evidente che questa prospettiva è tassativamente esclusa da altri. Per alcuni è la prima tappa per la costruzione del nuovo Ulivo. Per altri è l’inizio del “partito di Prodi”, mentre Prodi rifiuta il termine riformista preferendo quello insignificante di “riformatore” e gira l’Europa per costituire nel Parlamento Europeo un gruppo parlamentare fuori e distinto da quello socialdemocratico. Non è la naturale conseguenza della proposta che il partito aveva indicato a Genova perché “la casa dei riformisti nella prospettiva del socialismo europeo” aveva come obiettivo finale quello di portare i riformisti nella casa socialista e non viceversa, tesi che oggi non si intravede più. Come si vede, la confusione non è poca. Se la logica elettorale e mediatica ha consigliato di promuovere per le europee una lista da contrapporre a Forza Italia, per giocarsi questo risultato alle politiche del 2006, la logica politica vorrebbe altri ragionamenti e nonostante sia reale la necessità di una ristrutturazione della sinistra questa non può nascere per via elettorale. Questo è il punto. Nel 2001 il centrosinistra ha perso non perché mancavano Di Pietro e Rifondazione (come si tende a semplificare oggi), ma perché è apparso con poca cultura di governo, senza proposte forti e convincenti per affrontare la crisi del Paese. Se il Polo ha intercettato voti e adesioni da settori sociali e popolari tradizionalmente di sinistra non è un caso e l’idea che per il 2006 il centrosinistra abbia già vinto e la lista unitaria con lui, è una pericolosa semplificazione. Insieme alla crisi del sistema produttivo, alla crisi del sistema finanziario (Cirio, Parmalat e dintorni), alla crisi del sistema sociale e previdenziale, con preoccupanti sintomi verso una crisi di rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, è evidente una crisi di classe dirigente dentro un bipolarismo che non garantisce per nessuno una efficace governabilità. Di questo bisognerebbe discutere e di questo i cittadini italiani vorrebbero che discutessero i partiti del centrosinistra. I cittadini sentono continuamente parlare di riformismo ma del riformismo non c’è traccia. Al punto in cui siamo, bisogna evitare per lo SDI due pericoli. Il primo: dopo anni nei quali abbiamo tentato di dimostrare come si può stare nell’Ulivo marcando le nostre differenze, oggi dobbiamo evitare che questa cosiddetta lista o nuovo Ulivo rappresenti l’omologazione al moderatismo, al conservatorismo di sinistra, senza la possibilità di caratterizzarci, anche in modo radicale, su nostre autonome proposte. Il secondo e più grave riguarda l’enfatizzazione “della lista unitaria” come qualcosa di molto più grande di una intesa elettorale: ciò rischia di liquidare non solo il simbolo dello SDI (che peraltro sarà presente alle elezioni amministrative), ma di liquidare anche l’idea che ci sia ancora uno spazio per il socialismo italiano e per la costruzione non di un nostalgico nuovo PSI, ma di un grande, moderno e unitario partito socialista. Un partito che, come nella migliore tradizione, pur piccolo e minoritario, può essere decisivo per il cambiamento e la trasformazione della società. Bisogna dimostrare nei fatti che questa “lista” non ci tappi la bocca; non rappresenti il superamento della nostra identità e consentirà una autonoma capacità propositiva dei socialisti italiani. Come dire: aver vinto sulla questione Di Pietro non basta. Il congresso di marzo, se sarà solo elettorale per celebrare la nostra partecipazione alla “lista unitaria” alle europee, sarà un congresso poco utile. Sarà utile invece se diventerà l’occasione di un confronto ancora aperto sia sulle prospettive politiche dello SDI, sia sulle proposte che possiamo avanzare per contribuire a far uscire la politica italiana dall’attuale crisi. Sarà utile se saprà indicare i contenuti dell’iniziativa socialista anche dopo il 13 giugno, indipendentemente dal risultato della lista. La questione socialista infatti non finirà con le elezioni europee e risalterà fuori con maggiore energia quanto più la politica non sarà solo lo stanco e confuso prolungamento della prima Repubblica. Se l’obiettivo non è scomparire ma rafforzare il partito e i presupposti per cui è nato, un confronto chiaro diventa necessario per arginare la disaffezione e il disimpegno. Ai compagni, anche singolarmente, dobbiamo dare una prospettiva.

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