NOI, MIGRANTI E LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA di Mario Ricciardi Martedì 5 aprile 2011 da Il Riformista

28 maggio 2011

NOI, MIGRANTI E LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA di Mario Ricciardi Martedì 5 aprile 2011 da Il Riformista

Introducendo la nozione di giustizia distributiva, Aristotele afferma che essa riguarda «la ripartizione di onori, ricchezze e di qualsiasi altra cosa che possa essere divisa tra i membri della comunità politica». Una definizione ampia, che abbraccia situazioni diverse. Sulla base della formulazione aristotelica, infatti, problemi di giustizia non si danno solo, come sarebbe ovvio, quando c’è da distribuire qualcosa di concreto, come potrebbero essere beni – sia durevoli, sia di consumo – o risorse, a cominciare dal denaro. Precisare che la giustizia nella distribuzione riguarda anche gli onori, suggerisce contesti diversi rispetto alla divisione della terra, di un raccolto o di una somma di denaro. Anche se gli onori si possono conferire attraverso un oggetto materiale, come una corona, una statua o una medaglia – di solito nel corso di una cerimonia – la loro natura è piuttosto diversa da quella dei beni concreti cui abbiamo accennato. Ricevere un’onorificenza, essere nominato o eletto per una carica, essere il destinatario di riconoscimenti come quello conferito a chi viene raffigurato da un monumento, non sono eventi naturali. Onorare, ascrivere un onore, è un atto istituzionale. Presuppone una dimensione pubblica e, presumibilmente, procedure da osservare. C’è un legame intimo tra il pieno dispiegarsi della giustizia distributiva e la politica. In ipotesi possiamo immaginare associazioni tenute insieme da uno scopo immediato o parziale che istituiscono volta per volta il modo di onorare uno dei propri membri quando se ne presenta l’occasione. La distribuzione degli onori in un’associazione civile, invece, è cosa ben diversa. Che richiede l’intervento della legge. La distribuzione degli onori si presenta quindi come parte della giustizia politica.
La definizione della giustizia distributiva proposta da Aristotele rimane ancora oggi un buon punto di partenza per riflettere su questo tema. John Rawls la richiama nella sua opera sulla giustizia, esplicitando una dimensione della distribuzione che nella formulazione aristotelica non è menzionata, anche se potrebbe essere implicita nell’intenzione dell’autore. Rawls precisa, infatti, che oggetto della distribuzione sono anche gli oneri della cooperazione sociale, oltre ai benefici che vengono dal prendervi parte. Quindi non soltanto i vantaggi che si ricavano dal prender parte all’associazione civile, ma anche i costi che si sopportano. La precisazione è necessaria perché in un’associazione tra eguali ci deve essere un equilibrio non solo tra ciò che riceve una persona e ciò che ricevono le altre, ma anche tra i rispettivi contributi allo sforzo comune.
Tra i benefici distributivi, Rawls include anche alcuni beni sociali che sono fondamentali perché mettono ciascuno in condizione di perseguire i propri progetti di vita. Di particolare importanza in tale prospettiva sono quelle che egli chiama le «basi del rispetto di sè». Si tratta di quei fattori, come ad esempio l’aver ricevuto un’istruzione adeguata, che non dovrebbero essere valutati sulla base dell’utilità che sono in grado di generare, ma piuttosto dal contributo che normalmente danno allo sviluppo di una personalità autonoma e in grado di vivere una vita soddisfacente. Pur essendoci concettualmente una continuità con gli approcci di Aristotele, l’approccio di Rawls è molto più sensibile alla pluralità dei punti di vista delle persone e ai diversi modi in cui esse possono legittimamente concepire una vita buona o comunque degna di essere vissuta.
La concezione della giustizia di Rawls apre la strada a nuovi modi di concepire le questioni di giustizia distributiva che facciano tesoro della sensibilità di cui abbiamo detto. Un esempio di come si potrebbe procedere in questo senso si trova nei contributi a una ricerca su Equal Respect and Distribution of Public Spaces che sono stati pubblicati sulla rivista Notizie di Politeia alla fine dello scorso anno, e verranno presentati e discussi nella sede del Centro studi Politeia a Milano lunedì prossimo. L’indagine riguarda la distribuzione degli spazi pubblici in società multiculturali come è diventata la nostra (anche se c’è chi vorrebbe che le istituzioni non ne tenessero conto). Gli autori si interrogano sui modi migliori di distribuire spazi pubblici come quelli destinati alle abitazioni o all’educazione. Assumendo come guida nelle scelte politiche il principio di eguale rispetto. Dai contributi emergono proposte interessanti che mettono in discussione diversi luoghi comuni sugli immigrati e sui modi dell’accoglienza. Un piccolo vademecum che mi sentirei di raccomandare agli amministratori pubblici che non si rassegnano all’idea che questo Paese concepisca il rapporto con gli stranieri che vivono e lavorano qui solo nei termini dello sfruttamento e della segregazione.

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