NO AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI di Alberto Angeli del 28 agosto 2020
28 agosto 2020
Il taglio dei parlamentari è il primo tassello di un percorso teorico che, nel progetto dei 5 stelle, dovrebbe concludersi con la fine della democrazia rappresentativa. Il secondo tassello è la cancellazione del vincolo di mandato, rafforzato dalla consegna ai Partiti o movimenti del potere assoluto di decidere sulle candidature elettorali. Il nocciolo di questa demolizione della democrazia parlamentare e rappresentativa è riassunto nella teoria con la quale la democrazia è esercitata direttamente dal popolo. Ecco, questo sembra essere il vero obiettivo dei 5 stelle al quale stanno lavorando, profittando della crisi delle istituzioni del costituzionalismo liberaldemocratico e della incauta strategia del PD, che punta all’assorbimento di una parte del movimento pentastellato con il fine di realizzare con questa parte un’alleanza sufficiente a creare una diversa maggioranza e un governo di alternativa. Nella sostanza, la tesi dei 5stelle, riposa su un’idea tesa a dimostrare come l’organizzazione giuridica di una polis deve permettere al demos di esprimersi direttamente, soprattutto quando è acclarata la crisi del costituzionalismo liberaldemocratico. Si tratta di un archetipo che ci sottopone una realtà oggettiva che chiamiamo popolo, la quale presuppone una realtà portatrice di interessi omogenei traducibili, possibilmente, in decisioni dirette senza alcuna mediazione da parte di corpi intermedi: associazioni, partiti, sindacati, gruppi di interesse. Questa teoria non ha alcuna attendibilità formale, nel senso di ciò che la individua e caratterizza giuridicamente, benchè si sia fatta largo nella cultura occidentale dei nostri tempi: il populismo è infatti modello di questa visione.
La regola ispiratrice del populismo è la democrazia immediata e dis-intermediata, le cui forme di comunicazione si esplicano mediante il social network, contando sulla velocità trasmissiva del messaggio mediate l’istantaneità del twitt. Questa forma diviene il medium assoluto con il quale il popolo può identificarsi e al quale si consegna e attende quindi che sia esso a indicare, esprimere e realizzarne i bisogni. Qui si coglie lo iato tra la tradizione del parlamentarismo, fondato sulla rappresentanza politica mediata dai partiti politici ( art.49 della costituzione) con il fine di consentire al popolo di partecipare alle istituzioni politiche e di governo mediante mandato parlamentare, che si regge su due forme: rappresentativa e plebiscitaria, rappresentando la prima la regola e l’altra uno strumento adottato per correggere o integrare la componente rappresentativa.
Nella visione del populismo la democrazia deve essere immediata, poiché il popolo non deve essere rappresentato ma governare senza interpolare mediazioni, senza attribuzioni di deleghe o mandati, dai quali ne possano discendere forme di rappresentatività, simulative del vecchio modello parlamentare rappresentativo: dunque, nessun filtro, tra governati e governanti, dato che il catechismo del populismo stabilisce che gli uni si identificano negli altri. Qui non siamo di fronte ad una divergenza di opinioni, essendo il parlamento strumento di mediazione tra la società civile e le istituzioni di governo quale sede della rappresentanza degli interessi generali, quindi lo Stato, luogo del processo discorsivo ( richiamando Habermas: dell’agire comunicativo ) di decisione democratica. Infatti, la proposta del taglio dei parlamentari, nella visione dei 5stelle, è un primo passo nella direzione di una radicale trasformazione delle nostre istituzioni democratiche e l’annichilimento di ogni processo di partecipazione e rappresentanza degli interessi della società, cioè un’ipotesi patologica di un dissenso tra rappresentato e rappresentante elevata a necessità fisiologica.
Stupisce, alla luce di queste considerazioni, l’arrendevolezza, che oggi si rivela subordinazione, del PD alla strategia antiparlamentare dei 5stelle, poichè che con il voto favorevole al taglio dei parlamentari ha tradito sé stesso e nullificato i principi su cui aveva stabilito di posizionarsi e ostacolare la strategia pentastellata, sostenuta dalla destra estrema e dal Conte 1, votando contro per ben tre votazioni consecutive. Evitare le elezioni, impedire alla Lega Salviniana e alla destra di prendere il potere, formare un governo di discontinuità questa la novella di un partito, il PD, chiaramente contagiato dal fenomeno dell’illusionismo e dalla smemoratezza della sua missione di partito liberaldemocratico con ambizioni riformiste. Alle soglie del referendum questo partito manifesta segni di disorientamento, di scoordinamento verticale con la base, la quale non sembra comprendere affatto quale sia la politica di rinnovamento promessa, il progetto per il futuro da elaborare in questo presente colpito da una crisi economica terribile, sulla quale sovrasta l’incertezza della pandemia. Il PD deve uscire da questa insicurezza e ritrovare sè stesso. Entro breve tempo deve essere predisposto il recovery plan e riordinare le idee per un diverso modello di sviluppo, per rinnovare il sistema produttivo nel rispetto dell’ambiente e del clima, riformare il welfare e rivedere, correggendolo, il sistema di distribuzione della ricchezza nell’ottica dell’uguaglianza sociale, garantire l’apertura delle scuole e impegnarsi a recuperare il tempo perduto per il rilancio della scuola, della formazione, della ricerca, rafforzando il sistema sanitario utilizzando i mezzi del recovery fund e del MES. Non c’è più tempo, almeno non è più tempo di rinvii, di ripensamenti, di ritardi incomprensibili, immotivati e ingiustificabili. Certo, non conforta rilevare come nel PD prevalgano posizioni moderate, spesso in concorrenza con idee e atteggiamenti interclassisti, non completamente depurate dalla scorie Renziane; e tuttavia questo partito rimane ancora un riferimento per una gran parte del popolo, per la vitalità dei suoi circoli, dei suoi legami con il mondo dell’associazionismo. Lì, sopravvive una parte della sinistra riformista, che pur fagocitata dalla supremazia della parte moderata e liberaldemocratica, deve reagire, ora, in questo particolare momento storico e rivendicare che il Partito sul voto referendario lasci libera scelta ai suoi iscritti. Allora il No potrebbe avere delle chance di successo e quindi bloccare il disegno antiparlamentare dei 5 stelle. E’ tempo di scegliere da quale parte stare.
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