NE' ISCRITTI NE' CORRENTI. E' LA MODERNITA', STUPID di Emanuele Macaluso, il Riformista 30 ottobre 2007
06 novembre 2007
Le durissime reazioni di Arturo Parisi, Rosy Bindi Franco Monaco e di altri prodiani doc alla gestione antidemocratica di Veltroni della solenne seduta della Costituente richiama l'attenzione su una questione che più di una volta abbiamo sollevato: cos'è e cosa sarà il Pd? Il clima di "grande entusiasmo" in una "grande giornata" in cui nasceva una "cosa grande e nuova" destinata a cambiare le sorti della politica e della storia di questo paese avranno impressionato alcuni osservatori, interessati o disinteressati, ma non me che nel 1966, al Palazzo della sport di Roma, ebbi la ventura, con Luigi Longo, di assistere alla grande assemblea che unificava il Psi di Nenni e il Psdi di Saragat. Bandiere, inni, slogan sulla grande svolta non mancarono nemmeno allora. E nemmeno certo le motivazioni forti che avevano convinto uomini come Riccardo Lombardi a impegnarsi in una operazione politica che avrebbe dato ai socialisti la forza di contendere l'egemonia alla Dc, nell'area di governo, e al Pci, in quella del movimento operaio e della sinistra. Il Psu, però, durò due anni. Devo aggiungere che la "Carta di unificazione" era un documento discutibile per il suo massimalismo ma aveva una sua dignità e sostanza, mentre la Carta del Pd è il nulla mescolato col nulla. Tuttavia non voglio fare congetture sull'avvenire del Pd e tantomeno augurarmi che faccia la fine del Psu, anche perché dal fallimento di questa operazione potrebbero arrivare altri guai per tutta la sinistra. Ma all'interrogativo posto da Franchi ieri sulla politica e sulle alleanze che Veltroni vuole realizzare si aggiunge quello sulla forma-partito. I socialdemocratici tedeschi hanno svolto in questi giorni un congresso con cinquecento delegati, votati dalle assemblee degli iscritti, impegnati a discutere e a votare le correzioni di linea politica e ad eleggere il leader del partito e una direzione dove ci si confronta e si decide col voto. Lo stesso hanno fatto i laburisti e gli altri partiti. Roba vecchia, è stato detto: «Il nuovo partito che rompe col '900» ha titolato entusiasticamente il suo editoriale il giovane innovatore Eugenio Scalfari, che ha scritto: «I partiti del Novecento erano costruiti sul territorio, avevano una struttura gerarchica piramidale, le correnti proliferavano e si finanziavano autonomamente assumendo la forma di sottopartiti veri e propri sia pure nell'ambito di un contenitore comune». E invece il partito di Veltroni cosa sarà? Accogliendo le sollecitazioni di Giuliano Ferrara il partito non avrà iscritti ma "elettori votanti" che eleggono un leader il quale, come afferma Scalfari, «avrà una squadra» con la quale decidere tutto. Ora le prime nomine fatte dal leader sono state definite un «golpe» da autorevoli e antichi amici di Prodi. E la nomina del giovane innovatore Ciriaco De Mita nella più importante commissione (quella sullo statuto) è stata definita una «vergogna». Si dirà che sono le reazioni di chi ha una concezione vecchia dei partiti. Ma Arturo Parisi non era il più innovatore? Non era uno dei fautori del "partito dei gazebo" e non è stato accusato di voler distruggere il partito? Ma veniamo alle correnti che Veltroni non vuole. Se non ci sono iscritti che votano e che decidono non si capisce come ci possano essere le correnti. Anzi, il leader con il cittadino votante-elettore non ha alcun vincolo anche perché quel cittadino può essere di destra, di sinistra, di centro, fascista o antifascista, comunista o anticomunista, clericale o anticlericale, e, anche lui, dopo il voto non ha vincoli. Negli Usa i cittadini che vogliono votare hanno l'obbligo di registrarsi come democratici o repubblicani. Dove sarebbe tutta questa modernità del Pd? Mistero.
Vai all'Archivio