MILANO 2016 – 2021 Assemblea il Socialista - Milano, Palazzo Marino, 18 ottobre 2015 - Introduzione di Roberto Biscardini
05 marzo 2016
MILANO 2016 – 2021
Assemblea “il Socialista”
Milano, Palazzo Marino, 18 ottobre 2015
Introduzione di Roberto Biscardini
Abbiamo deciso, come associazione “il Socialista”, di partecipare al percorso che ci porterà da qui alle prossime elezioni amministrative proponendovi di discutere di Milano e del suo futuro, affrontando in primo luogo tre questioni:
- quale idea e quale visione abbiamo o vogliamo costruire per la nostra città;
- quali sono le cose più urgenti e necessarie da affrontare per rispondere agli interessi della collettività;
- con quali strumenti realizzare i nostri obiettivi e quali cambiamenti introdurre nella macchina comunale per raggiungere i risultati che vogliamo ottenere.
Vogliamo orientare la discussione, in perfetto stile riformista, partendo e concentrandoci sui programmi stando sul concreto.
Prima di ogni altra cosa, obbligando anche gli altri a fare altrettanto, ben sapendo che ci sono condizioni al contorno che non ci aiutano ad andare in questa direzione e che non favoriscono questo processo.
La prima è l’attuale sistema elettorale che pone la scelta del candidato sindaco come prioritaria e decisiva (sia che sia scelto dai partiti o da un partito, sia che sia indicato dalle primarie, sia che sia espressione di un’autocandidatura), la seconda riguarda il fatto che la stessa legge elettorale, pensata in un periodo in cui tutto sembrava esaurirsi nel confronto tra schieramenti, è ormai di fatto superata.
Gli schieramenti non sono più solo due.
Gli schieramenti non sono più così compatti come una volta (quando Pisapia insiste a dire che bisogna fare in modo che non ritorni la destra esprime oggi un concetto assolutamente superato, non è più la destra il vero pericolo della sinistra e non è più la contrapposizione tra schieramenti che fa la differenza).
Infine, come si vede, il tentativo di indicare dall’alto il nome del candidato sindaco, mette in discussione il valore (persino demiurgico) che il centrosinistra (non noi) aveva attribuito alle primarie.
Quindi, in attesa di conoscere in nome dei sindaci, liste e coalizioni, e in attesa delle nostre decisioni, pensiamo che si debbano usare i mesi che abbiamo a disposizione per chiedere a tutte le forze politiche, ai potenziali candidati e alle liste di confrontarsi e di caratterizzarsi su proposte e programmi assolutamente concreti.
Secondo noi, facendo prevalere i valori della democrazia civica e del municipalismo democratico rispetto a quelli partitici o persino ideologici, affinché siano rafforzate tutte le forme di partecipazione democratica a partire dal riconoscimento della partecipazione più semplice: il diritto di parola insieme al dovere dell’ascolto, che anche nella recente esperienza della giunta Pisapia è mancato.
Insomma invochiamo il dibattito sulle cose e vogliamo arrivare alle prossime elezioni amministrative come portatori di questa cultura.
La scelta di Pisapia di non ricandidarsi, da questo punto di vista, non ci lascia orfani, perché, nonostante sia stato proprio lui nel 2011 ad essere espressione di un’area civica, il civismo non si identifica né in coloro che si collocano a sinistra del “partito della nazione” né l’esperienza di questi ultimi cinque anni ci fa dire che si siano rafforzati in modo serio i modelli di partecipazione democratica, che erano stati enunciati da Pisapia come la vera alternativa alla Moratti.
Più si potrà fare molto meglio e in maniera molto più seria.
Questo è di per sé un primo punto programmatico della nostra proposta politica.
Apro una parentesi, devo giustificare tra i tanti l’assenza dell’amico e politologo Giorgio Galli che si è detto comunque disponibile a partecipare alle prossime occasioni di incontro e a lavorare con noi nei prossimi mesi per perfezionare una proposta politica per Milano. Come mi ha riferito, si tratterebbe di fare una proposta così convincente in grado di superare una fase nella quale il mondo, e quindi i cittadini, sembrano dividersi solo in due grandi categorie: quelli che si rassegnano allo status quo e quelli che covano in silenzio il desiderio della ribellione. Se da un lato, noi socialisti esprimiamo una cultura che non si identifica in nessuno dei due sentimenti, è anche vero (dice Galli) che si incomincia a sentire il bisogno di un “comitato di liberazione nazionale” espressione di un vero salto di qualità rispetto alla crisi democratica che stiamo vivendo, di cui i maggiori partiti e i vecchi schieramenti sono l’espressione.
Per sintetizzare vi propongo di concentrare la nostra attenzione su tre questioni.
1. Il tema di Milano e della sua dimensione (non solo territoriale).
La politica milanese tende ancora a considerare la Milano che sta all’interno dei propri confini daziari.
La Milano capoluogo della grande città Lombardia, la Milano città mondiale, la Milano che da un lato sa influenzare le grandi politiche nazionali e internazionali e dall’altro sa rapportarsi in modo paritario con i territori e persino con i comuni che la circondano fa fatica a farsi sentire. E le politiche anche di questa amministrazione non sono andate in questa direzione.
Con il nuovo Piano di Governo del Territorio Milano non guarda oltre sé stessa. Le infrastrutture di trasporto extra urbane non sono mai entrate nel dibattito politico della nostra città. Il Piano della Mobilità che non sappiamo ancora se vedrà la luce prima del 2016 è ancora tutto urbano. Il dibattito sul dopo Expo idem e così il dibattito sulle sorti delle aree degli scali ferroviari.
Quando parlo di Secondo passante e dei pendolari (i nuovi poveri della Lombardia), come di un nostro problema mi si guarda con assoluta meraviglia.
E quindi la percezione prevalente è di una città che continua a curare abbastanza bene il proprio centro, poco le proprie periferie, per nulla i propri rapporti con l’esterno e men che meno i suoi rapporti almeno con i capoluoghi della nostra regione.
2. Milano e la questione sociale.
Bisogna trovare le risorse nuove ma anche mobilitare e coordinare risorse umane e materiali disponibili per fare molto di più in una situazione sociale di assoluta emergenza.
Intorno ad una Milano ricca c’è una Milano povera con sacche di degrado e di abbandono che vanno via via sempre più peggiorando.
Ci sono cittadini che vivono ai margini della società con un reddito pari a zero euro.
Ci sono cittadini che vivono in case e quartieri assolutamente degradati in condizioni disumane, in qualche caso anche obbligati a dipendere, per l’assenza di servizi, da organizzazioni di tipo criminale.
Dobbiamo contrapporre a questa condizione sociale un grande piano (dettagliato, preciso, puntuale), per una nuova Milano, più sana e più giusta, nella consapevolezza che Milano non è solo ricchezza, non è solo moda, non è solo design. All’interno di questo grande piano sociale il tema fondamentale della casa, per noi da sempre casa come servizio sociale, denunciando che non si fa una politica della casa senza risorse e senza una visione urbanistica strategica, anzi bisogna ammettere che, anche da questo punto di vista, il PGT è sbagliato. Non si può pensare di risolvere il problema della casa mettendolo in capo alle politiche del mercato privato. L’abbiamo ripetuto e proposto per cinque bilanci consecutivi: è possibile che il Comune di Milano, non sia riuscito a mettere a disposizione almeno 30 milioni all’anno per un grande piano di riqualificazione urbana e per la costruzione di nuova edilizia sociale?
Dentro il tema della Milano sociale ci sta naturalmente la questione sicurezza, il tema dell’occupazione e il tema più generale della qualità urbana, Navigli compresi.
3. Infine la questione principale, la questione democratica.
Dobbiamo farci carico di recuperare una visione istituzionale forte su più piani.
- Milano può far sentire con più autorevolezza la propria voce (e ancora non lo fa) contro ogni forma di centralismo dei poteri che va sempre di più verso il centro. Il cosiddetto “federalismo all’incontrario”.
- Milano deve ribellarsi all’idea di una democrazia ormai vissuta come un fastidio e sostituita dal modello decisionale messo nelle mani di commissari, prefetti, magistrati, manager per ogni cosa.
- Milano ha assecondato la legge Delrio e la nascita di una città metropolitana che è un mostro giuridico, espressione di una concessione non democratica delle istituzioni locali, che prevede un sindaco e consiglieri metropolitani non eletti direttamente dai cittadini. Per questo abbiamo deciso di raccogliere le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che preveda l’elezione diretta del sindaco e dei consiglieri metropolitani. (Se Pisapia si impegnasse in questa battaglia, Milano, da sola, potrebbe raccogliere le 50.000 firme di cui abbiamo bisogno).
- Milano deve porsi il problema di far funzionare diversamente le proprie istituzioni interne, problema non affrontato un po’ per debolezza e un po’ per incapacità.
a. A partire dal consiglio comunale, eletto dai cittadini, che non può essere giudicato, anche da questa giunta, come un fastidio, anche quando chiede semplicemente di esercitare le proprie prerogative di indirizzo e di controllo (anche a Milano ci sono assessori che non si sono mai fatti vedere neppure una volta in cinque anni durante le sedute del Consiglio e molti di loro non hanno mai preso la parola). Anche la Milano democratica rischia di imitare l’esecutivo romano quando comprime il ruolo e i poteri delle assemblee elettive.
b. Per far funzionare e strutturare in modo diverso i futuri municipi perché siano espressione vera di nuova partecipazione democratica e popolare.
c. Per costruire rapporti stabili di partecipazione con la città occorre definendo regole certe e procedure verificabili. I tanti comitati che si sono formati nella città per affrontare questioni vere rappresentano un grande patrimonio democratico (in alcuni casi coprono un vuoto e un ritardo amministrativo vero) ma non possono, come purtroppo avviene oggi, contare solo quelli cosiddetti del No (quelli più propositivi incominciano a crescere).
d. Per far funzionare in modo diverso e riorganizzare nel profondo la macchina comunale, perché sia soprattutto accessibile ai cittadini, perché risponda in tempi certi, sia più efficace e più produttiva, sia veramente trasparente (i servizi online del comune sono sostanzialmente un imbroglio, non rispondono loro così come non rispondono né assessori né dirigenti alle mail che ricevono dai cittadini). Se neppure i consiglieri comunali sono messi nelle condizioni di conoscere e di sapere anticipatamente ciò che avviene e matura nel “palazzo”, come il caso del post Expo, figuriamoci se riescono i cittadini a conoscere atti e decisioni di carattere amministrativo. E su questo versante, del funzionamento della macchina amministrativa, dai tempi della Moratti non si è fatto granché.
Per concludere iniziamo un percorso di valorizzazione della politica come impegno civico, perché civismo non è antipolitica ma il modo migliore perché la politica possa recuperare il principio fondamentale di essere servizio sociale. A livello locale l’alternativa vera alla crisi della politica si chiama municipalismo democratico.