MIGRANTI NEL MIRINO, MA NULLA PER LA FAME NEL TERZO MONDO di Maurizio Ballistreri * da Nuovo CorriereNazionale
14 gennaio 2019
Si parla di allarme immigrazione, ma nulla è stato fatto rispetto agli annunci a favore del Terzo mondo
Uno
dei temi fondamentali per lo scenario futuro dell’umanità, l’immigrazione di
massa dall’Africa, è divenuto terreno di scontro politico in tutti i paesi,
dagli Stati Uniti all’Europa, utilizzato a fini di potere tra leaders e
schieramenti, coperti dall’usbergo, come ebbero modo di analizzare al tempo i
teorici dell’elitismo da Gaetano Mosca a Vilfredo Pareto e a Max Weber, di
visioni ideologiche, in questo caso tra il cosiddetto sovranismo (ergo
neo-nazionalismo) e un vago cosmopolitismo.
Lo scenario planetario sta cambiando velocemente. La dottrina-Trump
dell’“American First” ha già eliminato antiche certezze, sia sul piano
geopolitico, con una concezione delle alleanze fluida e a geometria variabile,
sia sul terreno economico con la crisi del liberoscambismo: la fine del ‘mondo
piatto’ proposta da Thomas Lauren Friedman con nuove barriere invisibili e
materiali che stanno rinascendo.
E così, da una parte si confronta chi ritiene che i flussi migratori, invero di
proporzioni bibliche, debbano avvenire senza limiti, sulla base di un manto
cosmopolita che, invece, nasconde la volontà di utilizzare, è il caso della
Germania, torme di sfortunati che sfuggono dalla miseria e dalle guerre, per fini
di dumping sociale e, dall’altra, chi contesta questo modello in nome di
strumentali ideali nazionali.
Nessuna
mediazione tra le due posizioni, né alcuna capacità di analizzare il problema e
di risolverne le cause, riscoprendo l’esigenza di intervenire nei paesi da cui i
flussi si sviluppano, per contrastare la povertà: circa un miliardo di persone
definite povere nelle statistiche ufficiali della Banca Mondiale (senza
comprendere la Cina) tra Africa, Asia e America Latina, costrette a fare i
conti con risorse inferiori a quelle che occorrono per il minimo vitale e fare
affermare la democrazia.
Si sente parlare sistematicamente di ‘Piani Marshall’ per i paesi del Terzo
mondo e da qualche settimana anche di un non meglio definito “Global compact”,
gestito direttamente dall’Onu. E mentre si discute nelle burocrazie
diplomatiche internazionali e negli organismi finanziari tecnocratici, è in
atto l’espansione cinese in Africa, con una forma di moderno neocolonialismo
anche sotto forma di emigrazione di cittadini del Dragone, che prevede un
intervento economico di ben 60 miliardi di dollari agli Stati africani,
certamente non per beneficenza, ma, presumibilmente, per drenare risorse
strategiche come l’uranio (che serve anche per le armi nucleari), il petrolio,
l’oro e le pietre preziose, impoverendo ulteriormente quelle popolazioni.
Eppure nel 1980, la “Commissione indipendente sui problemi dello sviluppo internazionale”, presieduta dal socialdemocratico Willy Brandt (già ex sindaco della Berlino libera, cancelliere tedesco e presidente dell’Internazionale Socialista), presentò analisi e proposte compendiate nel cosiddetto ‘Rapporto Brandt’ al segretario generale dell’Onu, per migliorare le relazioni tra i paesi più industrializzati e quelli in via di sviluppo, tra il “Nord e il Sud del mondo”. E in quello stesso 1980, il socialdemocratico svedese Olof Palme, già primo ministro, costituì la “Commissione sul disarmo e la sicurezza”, che voleva affrontare i problemi della minaccia di una guerra nucleare. ll rapporto finale della Commissione, sottoposto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1982, sottolineava l’esigenza di sicurezza comune, parlava dei pericoli della guerra nucleare, mettendo anche l’accento sulle conseguenze economiche del traffico d’armi, e presentava proposte concrete per il disarmo. Palme, che assieme a Brandt e al cancelliere austriaco Bruno Kreisky, aveva rilanciato l’Internazionale socialista, venne ucciso in un attentato per strada nel 1986.
Il presidente francese, il socialista François Mitterand insediatosi all’Eliseo nel 1981, nell’ambito dell’affermazione del socialismo mediterraneo, con Felipe Gonzalez in Spagna, Mario Soares in Portogallo, Andreas Papandreou in Grecia e parzialmente in Italia con Bettino Craxi, lanciò la sfida all’equilibrio di Yalta, con la ricerca di un compromesso storico fra il Nord ricco e le nazioni povere del Sud del pianeta abbandonate dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica.
Nel 1990 a Parigi Bettino Craxi, leader socialista già premier italiano, nella qualità di rappresentante personale del segretario generale dell’Onu per i problemi del debito del Terzo Mondo, dinanzi alla Conferenza dei paesi più poveri del pianeta, proponeva un ‘contratto di solidarietà’ per porre fine “entro il 2020, il ciclo infernale della miseria e della fame”. La proposta era la cancellazione del debito del Terzo Mondo. Per Craxi erano quattro i problemi da affrontare e risolvere con risolutezza: “La ricerca dell’equilibrio e della prosperità di tutto il nostro pianeta: le guerre, la povertà, il debito, il degrado ecologico e ambientale”. Attraverso una proposta strategica: “Cancellare sino al 90% del debito bilaterale, mentre il restante 10% dovrebbe essere convertito in moneta locale, per farlo affluire ai progetti di sviluppo economico, di formazione di capitale umano e di tutela dell’ambiente”. La cancellazione del debito verso i paesi poveri “comporterebbe un onere annuo pari al 10% del Pil dei paesi donatori, cui si dovrebbe aggiungere almeno una percentuale identica di nuovi aiuti”. In questo modo, secondo Craxi, “si potrebbe avere una robusta crescita dei paesi più poveri che consentirebbe loro di debellare la fame entro il 2020”. Unica condizione: la stabilità del prezzo del petrolio, e quindi la pace.
Cosa è avvenuto in quasi trent’anni sul tema delle povertà nel mondo? Nulla! Il 2020 è praticamente arrivato, e quei paesi, ancora più poveri e disperati, tranne le loro corrotte oligarchie spesso in guerre sanguinose per le popolazioni, soprattutto dopo le deleterie “primavere arabe”, mandano disperati sulle sponde del Mediterraneo: l’opera sui temi globali, secondo i valori e i principi di solidarietà tra i popoli e di democrazia, oltre gli interessi nazionali e a quelli mercatistici, di uomini delle istituzioni come Brandt, Palme, Mitterand, Craxi, rimane di grande attualità.
* Titolare Diritto del lavoro Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche all’Università di Messina. Avvocato di Cassazione
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