METTERSI IN CAMMINO di Roberto Biscardini
12 febbraio 2017
Cosa possiamo fare per la causa del socialismo italiano? Dare
una mano a ricostruire una comunità socialista nuova e unitaria. Dare al
socialismo italiano una nuova fisionomia.
Così come centinaia e migliaia di socialisti, con o senza tessera di partito,
da ogni parte d’Italia hanno risposto all’appello del Comitato Socialista per
il No, impegnandosi in una comune battaglia per la democrazia, così oggi
possono farlo per dare alla propria comunità una nuova prospettiva, superando
quella frammentazione di azione, pensiero e collocazione che ha caratterizzato
la loro storia negli ultimi decenni.
Si tratta di rimettersi in cammino insieme, lungo un
percorso nuovo, individuando il punto di arrivo, indipendentemente dal punto di
partenza e dalle strade che sono state battute in passato.
Perché il bisogno di dare alla cultura socialista una nuova rappresentanza
politica e una nuova identità, che pur ha caratterizzato la storia di molti socialisti
nel corso della Seconda repubblica, oggi può essere perseguito con più
chiarezza di prima.
Se nel recente passato ognuno ha pensato di scegliere per la
propria sopravvivenza il meno peggio, a destra come a sinistra, remando contro
le condizioni sfavorevoli di un sistema elettorale maggioritario e persino in
un quadro internazionale in cui anche il socialismo si è piagato alle peggiori
logiche del mercato, adesso possiamo contare su una situazione generale che ci
consenta di voltare pagina.
Il sistema politico rischia di implodere. Il pericolo di una
eccessiva frantumazione della società, dei partiti e dei corpi intermedi. Una crisi
economica che mette in evidenza la giustezza di battaglie storiche del
socialismo a favore delle componenti più deboli della società. E nuovi assetti internazionali
che richiedono una azione nuova della sinistra e dei socialisti. Obbliga a
tornare in pista con più determinazione di prima.
Progetto ambizioso? Forse, ma senza ambizioni non si va da
nessuna parte.
Solo la ricostruzione di area politica socialista larga e
unitaria, indipendente e distinta dall’attuale PD, può essere interlocutrice di tanti altri
soggetti interessati alla nascita di una nuova sinistra riformista. Da soli non
si è nessuno.
Un’area socialista larga per consentire al socialismo di
ritornare in partita. Un’area che cresce dal basso riunendo gruppi, circoli,
movimenti, associazioni e singoli cittadini in un unico grande progetto. Capace
di riunire tanti socialisti che hanno coscienza di essere tali e insieme a tutti
coloro che sono socialisti nella pratica della vita quotidiana, nelle
aspirazioni di giustizia per una condizione
di vita migliore.
Un’area politica in grado di rappresentare interessi larghi e
con l’ambizione di avere presto una propria e autonoma rappresentanza parlamentare
e nelle istituzioni.
Ma un’area socialista nuova, con una fisionomia ben identificabile,
che vuole essere numericamente e politicamente significativa, può nascere solo fuori dagli schemi attuali, deve
mettersi in movimento e non può aspettare di agire in ragione di ciò che
faranno gli “altri”.
Ha un progetto autonomo e indipendente. Non è una operazione
di vertice, nè una sommatoria di piccolissimi e vetusti apparati. Non è espressione
di un ceto politico che sta galla nella palude in attesa di tempi migliori.
E’ invece un movimento politico che può solo nascere dal
basso, ha obiettivi molto concreti, ha poche idee in testa, ma sono idee
grandi. Idee che persegue nel concreto ovunque sia possibile.
L’idea della democrazia, che la maggioranza dei socialisti
hanno dimostrato di saper affrontare con coraggio stando senza incertezze dalla
parte del No in occasione del referendum costituzionale e con chiarezza contro
l’Italicum. Due battaglie finora vinte.
L’idea del lavoro, del diritto ad un lavoro dignitoso, un
lavoro opportunamente retribuito, dentro un quadro più generale che comprende il
diritto alla piena occupazione, la lotta alla disoccupazione, la lotta allo
sfruttamento del lavoro subordinato e nuove regole a tutela del lavoro
autonomo. Contrastando le tragiche riforme dell’ultimo governo a partire dal
job acts, quindi da subito impegnato a sostenere
i referendum promossi dalla Cgil,
frutto della raccolta delle firme di milioni di italiani.
E l’idea dell’internazionalismo, da praticare avendo chiare le
politiche comuni che l’Europa dovrebbe perseguire negli interessi dei popoli,
anche a tutela della nostra sovranità nazionale e sovranità popolare.
Abbiamo quindi di fronte una questione che è
contemporaneamente organizzativa, ideale e di programma, da costruire insieme,
senza primogeniture. Partendo dal punto di maggiore forza oggi a disposizione, trasformando
i comitati per il No, in comitati socialisti
per la ricostruzione di un’area larga del socialismo italiano.
Punto.
A chi mi rivolge la domanda diretta, ma tutto questo cosa
c’entra con l’attuale Psi?
La risposta è altrettanto secca: poco.
Chi ha ancora quella tessera, come me, ha il dovere di fare
del suo meglio per cambiare le cose in quel partito. Ma farebbe bene a guardare
fuori e a lavorare con generosità anche con chi la tessera non ce l’ha o ne ha
un'altra.
Il problema del Psi oggi non è solo quello di essere un
partito con un gruppo dirigente autocratico, che usa il partito per propri fini
personali, ma è ancora più delicato. Ha tradito il senso della propria storia,
ha collocato il partito strategicamente in una area che non le è propria, un
po’ egoistica e po’ di destra, una collocazione che con il socialismo non
c’entra nulla. Ha nei fatti collocato il partito fuori della sua tradizione. E
con il partito i suoi parlamentari, che hanno votato la riforma costituzionale
bocciata dagli italiani, l’Italicum bocciato dalla Consulta e le riforme del
lavoro e della scuola bocciate dai lavoratori, quale ricordo lasceranno di sé,
nulla se non la vergogna.
Ecco perché questo piccolo partito, che adesso va a congresso
in fretta e furia, senza confronto e senza dibattito, per mettere una pezza a
due sentenza del tribunale di Roma che hanno giudicato nullo il congresso
precedente, se non cambia radicalmente non avrà speranza di sopravvivere. Certo
tra gli iscritti nel Psi ci sono ancora bravi, onesti e sinceri compagni, ma
sono condannati all’afonia, tutto è congeniato dallo stretto apparato perché
non possano far sentire la loro voce. Nello stesso tempo nel paese ci sono
tanti giovani che lottano, perché conoscono la sofferenza, l’ingiustizia e le disuguaglianze.
Sono socialisti senza tessera e senza saperlo. Quello è il nostro futuro.
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