MANI PULITE, L'EREDITÀ DISASTROSA DI TANGENTOPOLI di Claudio Martelli da Quotidiano.net
17 febbraio 2017

Per
alcuni "Mani Pulite" fu la giusta – divina
forse? – punizione per l’indebita l’euforia degli anni ottanta che indebitò lo
Stato. Ma è una leggenda. Nell’83 quando Craxi diventa presidente del Consiglio
il debito pubblico ammontava già al 70 per cento del Pil. La dilatazione della
spesa era cominciata nei Settanta col consociativismo spendaccione tra Dc e Pci
e con l’inflazione a due cifre che moltiplicava gli interessi sul debito. È
vero che con il governo Craxi e i successivi il debito continua a salire ma,
almeno, nel quadriennio di Craxi l’inflazione venne abbattuta e l’economia crebbe
sino al 4,5 per cento. Un miraggio negli anni successivi. Ora il debito
pubblico – in euro – in metà del tempo è cresciuto del doppio nonostante i
bassissimi interessi e i massicci acquisti della Bce. Quanto a industrie e
infrastrutture quelle non vendute ristagnano, la produttività e il tenore di
vita sono calati rispettivamente del 20 e del 14 per cento e abbiamo meno
diplomati e laureati di tre lustri fa.
Solo la corruzione è aumentata eppure
i partiti sono morti. Vive la partitocrazia in simulacri al servizio di capi e
capetti che nominano senatori e deputati i loro servitori. Nulla più della
parabola di Di Pietro dà il senso del disastro. Il grande inquisitore
processato perché prendeva soldi in prestito da chi inquisiva dovette lasciare
la toga. Poi, svergognato da un’inchiesta tv per aver fatto man bassa dei
finanziamenti pubblici al suo partito, ha dovuto lasciare anche la politica.
Non diversa la storia dei segretari amministrativi della Lega e della
Margherita arrestati per analoghi motivi. O vogliamo parlare di Fini? O degli
scandali Parmalat, Cirio, Monte dei Paschi? Ciascuno eccede dieci, venti volte
il finanziamento Enimont che ruinò la Prima repubblica. Quella che Di Pietro
marchiò come «la madre di tutte le tangenti» al confronto appare quasi una
parente povera.
L’epitaffio l’ha scritto Francesco
Saverio Borrelli, l’inflessibile guida del pool «Mani pulite»: «Chiedo scusa
per il disastro seguito a Mani pulite. Non valeva la pena di buttare il mondo
precedente per cadere in quello attuale». Nei codici questa condotta si chiama
«delitto colposo» e la colpa ammessa è quella, avendo «buttato» la Prima
repubblica di aver propiziato la Seconda. La Prima era quella dei partiti che
l’avevano creata trasformando il regime fascista in un regime di partiti.
Partiti veri, formazioni storiche, comunità organizzate, divise da ideologie,
legami internazionali, conflitti di classe. Migliaia di sedi, giornali,
funzionari, congressi, associazioni fiancheggiatrici, campagne elettorali non
si finanziano con parole. Il sistema di finanziamento era vasto, ramificato e
spesso illegale. Casi di corruzione individuale e scandali clamorosi furono
neutralizzati o dal regime delle immunità politiche o dall’indulgenza
giudiziaria. La repubblica doveva essere riformata in radice, soprattutto da
quando, con il crollo del comunismo e il varo del mercato unico europeo, il
contesto internazionale da protettivo si era fatto ostile.
Ma i leader democratici o non
capirono o non agirono e furono travolti dalla rivolta antipartitica scatenata
da un establishment impaurito e dai media, dalle nuove e vecchie forze anti
sistema. Mentre il paese precipitava nella crisi economica, la lira veniva
svalutata e il governo nottetempo metteva le mani sui conti correnti degli
italiani si aprì la caccia al capro espiatorio.
Arma letale fu l’uso violento della giustizia, gli arresti
e il carcere preventivo per estorcere confessioni, delazioni, chiamate di
correità a catena. «Mani pulite» è stata la più colossale operazione di polizia
giudiziaria della nostra storia: trentamila indagati, tremila arrestati, tra
cui cinquecento parlamentari, decine tra ministri e primi ministri, grandi e
piccoli imprenditori, dirigenti, funzionari. Decapitati in piazza e in effigie
i leader e i partiti di governo la repubblica si schiantò e cominciò una crisi
che non ci ha più lasciato.