MA VELTRONI NON È UN'OCCASIONE PER NOI SOCIALISTI - Di Lanfranco Turci, da Il Riformista del 5 luglio 2007
16 luglio 2007
Replica a Caldarola. La Cosa Rossa è lontana quanto il Pd
Non riesco a seguire il ragionamento di Peppino Caldarola riguardo all'occasione che Veltroni rappresenterebbe per i socialisti. Questa candidatura, sacralizzata con un metodo che taglia alle radici ogni speranza di partito democraticamente costruito e partecipato, corregge certamente, almeno in termini d'immagine, la rotta catastrofica della partenza del Pd.
Resta però il fatto che aprendo un conflitto ineludibile con il presidente del Consiglio, la candidatura di Veltroni è destinata ad accorciare ulteriormente le aspettative di vita di questo governo. La contemporanea salita delle quotazioni del Pd e la riduzione delle aspettative di vita di un governo già in forte difficoltà, determinano un gioco a somma zero, se non negativa, dato l'assetto dell'attuale bipolarismo coatto, che neppure Veltroni rimette in discussione. Tutto ciò può solo confermare i presupposti di una clamorosa sconfitta elettorale del centrosinistra e di un ulteriore ridimensionamento delle sue spinte riformiste.
Su questo sfondo mi domando perché dovremmo legare le sorti socialiste al carro di Veltroni. Non vedo allontanarsi l'ipotesi di una sconfitta di tutta la coalizione. Non vedo un cambiamento della natura del Pd tale da farci rivedere la decisione di lanciare la costituente del nuovo soggetto socialista. Ritengo infatti che sia necessario ritornare sulle ragioni di fondo del nostro progetto: dotare l'Italia di una moderna forza liberalsocialista, la cui assenza non è stata mai colmata durante gli anni della cosiddetta Seconda Repubblica. Un'assenza sottolineata anche dal fallimento dei Ds nel tentativo di costruire una moderna forza della sinistra socialista e liberale e nell'affrontare una sistematica revisione della storia e della cultura politica del Pci.
Di questo fallimento sono responsabili Veltroni come D'Alema, Fassino come Mussi. La scelta del Pd, della fusione con una esausta sinistra democristiana, presentata come l'incontro salvifico delle virtù comuniste e cattolicodemocratiche, non è altro che una via di fuga da quell'esito, un salto della quaglia, destinato a dare vita a un partito senza nerbo politico, senza un'anima. Un partito forte di un diffuso insediamento politico burocratico, ma a rischio di tutti i condizionamenti economici, sindacali, burocratici, corporativi ed…ecclesiastici.
Questo tendenziale doroteismo non cambia con l'arrivo di Veltroni, anzi! Di discorsi blairiani, anche più rigorosamente formulati, sono pieni gli atti dei Ds: dal D'Alema presidente del Consiglio al Fassino relatore congressuale, che arrivò a iscrivere Craxi fra i padri nobili della sinistra. Eppure siamo giunti al Pd. È questo stato di cose che giustifica una autonoma iniziativa di una forza socialista moderna, laica e liberale che sfiderà il Pd proprio sul terreno del suo conclamato, ma incerto e oscillante riformismo, e sulla debolezza della sua cultura in tema di laicità e diritti civili. Ciò che ci ha portato fuori strada in queste settimane, che ha rallentato la nostra marcia e ha creato equivoci anche sul nostro posizionamento politico è stato il fatto che una parte delle forze uscite da sinistra dai Ds si sono avvolte transitoriamente nelle bandiere del socialismo europeo. Dovevamo andare a vedere le carte? Sì. Ma non c'è voluto molto a capire che chi, a suo tempo, si era opposto da sinistra al D'Alema “liberale”, difficilmente sarebbe diventato il fautore di un credibile socialismo moderno.
Comunque anche questo chiarimento mi pare ormai concluso. Mentre Angius sfoglia gli ultimi petali della margherita, Mussi e la maggioranza degli altri compagni vanno verso un cartello elettorale che unisce tutta la sinistra conservatrice. Teniamo fermo il punto: la “cosa rossa” è un progetto che non ci riguarda, salvo le comuni battaglie sui diritti civili. Quel progetto è più lontano da noi dello stesso Pd. Peraltro noi non ci collochiamo in qualche punto intermedio fra questi due soggetti, su una linea di continuità sinistra-destra. Noi non ci proponiamo, nei confronti del Pd, come un soggetto collocato toutcourt alla sua sinistra, bensì come portatori di una sfida sul terreno della laicità, della libertà, della modernizzazione e della giustizia sociale, pronti ad allearci con le forze più simili a noi interne al Pd e anche con forze che stanno oltre. Con quanti - in altri termini - sono pronti a uscire dall'altro campo trincerato del centro-destra per incontrarsi con noi su questi stessi valori.
Non credo, per dirla con Di Pietro, che Veltroni c'azzecchi molto con questo nostro progetto. Comunque, dico al compagno Caldarola: nessuna prevenzione verso Veltroni. Saremo con lui quando darà coerente attuazione ai suoi propositi riformisti, saremo contro quando non ci sarà accordo. Ma, qui è il punto, lo faremo dalla posizione autonoma di un diverso e distinto soggetto politico. Sono convinto che questa nostra scelta servirà anche ai veri riformisti del Pd. Di questo parleremo ampiamente insieme sabato e domenica prossima a Chianciano.
Quanto al rischio di dividerci al nostro interno fra gli amici di Prodi e di Veltroni, devo dire che anch'io temo che qualcuno di noi resti col cerino in mano in un'azione di sostegno troppo generoso nei confronti di un governo sempre più debole e diviso, in cui peraltro il nostro peso è del tutto marginale. È necessario, dunque, marcare sempre più chiaramente le nostre posizioni di merito sui temi dell'agenda governativa, fino a trarne anche conclusioni estreme. Ma se non dobbiamo morire come i giapponesi di Prodi, non possiamo neppure iscriverci fra gli adepti del nuovo rito veltroniano. Davvero abbiamo cose nostre più importanti e più urgenti da fare.