Lotta alle diseguaglianze e al cambiamento climatico potrebbero essere l’alternativa politica rosso-verde del futuro di Felce besostri del 6 ottobre 2019
06 ottobre 2019
In Europa con le ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo si è chiusa un’epoca: PPE-PSE da soli non sono più l’asse politico europeo, ma non c’è un nuovo equilibrio consolidato. La maggioranza URSULA ne è la testimonianza. Senza i voti degli eurodeputati del PiS polacco, della FIDESZ ungherese e del M5S nostrano non avrebbe avuto l’investitura, benché fosse la candidata della Germania, il più potente/pesante paese europeo e della CDU partito leader del paese leader, membro egemone del PPE, il partito europeo di maggioranza relativa. All’ombra della falsa alternativa tra europeisti e sovranisti, si è costruita una maggioranza dove europeisti e sovranisti convivono con populisti euroscettici, come erano dipinti i M5S. Facile la profezia, che l’assenza di una maggioranza d’ispirazione comune impedisca che si eviteranno scelte divisive, ma decisive per il futuro dell’Europa se vuole essere potenza globale, non per la forza dei suoi eserciti, ma per la capacità di essere modello economico e sociale, quindi politico. Eppure, le crescenti diseguaglianze tra aree geografiche e all’interno delle singole nazioni, prima concausa delle migrazioni, e il riscaldamento globale, sono le due sfide planetarie da cui dipende il futuro dell’umanità, detto senza esagerazione.
Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica è un gruppo del Parlamento europeo di tipo confederale con 41 membri su 751, fondato nel 1995, di cui la componente ambientalista è minoritaria, oltre che provenire esclusivamente dai paesi nordici, e resta comunque un esempio di convergenza/convivenza tra la sinistra, intesa in senso lato e la sensibilità ambientale. Tuttavia, in un‘ottica europea le principali componenti della sinistra, sempre intesa in senso lato, e dell’ambientalismo politico sono raggruppate rispettivamente nel Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (già Gruppo Socialista) con 153 deputati, il 2° gruppo, anch’esso di natura confederale con l’adesione dei parlamentari del PD, non ancora aderente al PSE ed anche dopo, e nel Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea con 75 deputati, il 4° gruppo. Nel PE della UE un’ipotetica, allo stato oltre che ipotetica irrealistica, alleanza rosso verde potrebbe contare su 269 deputati su 751, cioè il 35,80%, una percentuale che tuttavia è molto superiore a quella delle stesse forze nei singoli paesi, compresi alcuni importanti, si pensi alla Francia (31,68% rappresentato nel PE, 25,91%) e all’Italia, quest’ultima il paese tapino dell’Europa rosso-verde, anche grazie ad un’improvvida soglia del 4% imposta dal PD con FI nel 2009, con il suo 27,69% rappresentato nel PE dal 22,74% del solo PD (-18,07% rispetto al 2014); Germania 41,8% tutto rappresentato nel PE, Spagna 48,40% tutta rappresentata nel PE.
Il caso della Spd tedesca. Una drammatica tendenza a perdere voti e alle sconfitte a vantaggio dei Verdi
Quando si parla di alleanze rosso verdi il riferimento è ai governi Schröder-Fischer (1998-2005), SPD-GRÜNEN, che finirono con la sconfitta della SPD nelle elezioni federali tedesche del 2005, non tanto in termini numerici, ma politici: rappresentarono una svolta per la Germania e quindi per l’Europa, come vedremo. A parte la Grande Coalizione del 1966-1969, in un sistema tripartitico fino alle elezioni federali anticipate del 1983 e l’entrata dei Verdi, le maggioranze erano Unione-FDP (1949-1966, 1982-1998) o SPD-FDP (1969-1982[1]). Con le elezioni federali del 2005, anch’esse anticipate, il sistema politico entra in una fase nuova, ma condizionata dal peso della storia e delle divisioni della sinistra. La stabilità, in passato, era assicurata anche dall’alternanza di governi a guida democristiana o socialdemocratica, mentre con i risultati 2005 erano venute meno sia maggioranze SPD/Verdi che Unione/FDP. Sulla carta c’era una maggioranza in seggi di sinistra, SPD 222-PDS 54-GRÜ 51, che totalizzava 327 seggi, cui si contrapponeva una coalizione Unione-FDP con appena 287 seggi. La SPD alla fine scelse una Grande Coalizione trattando direttamente con la Union CDU-CSU e lasciando quindi i Verdi all’opposizione. Con le elezioni federali 2005 la SPD restava tuttavia il primo partito con il 34,2%, superiore a quello della CDU ma inferiore al gruppo parlamentare della Unione democristiana, cui spettò pertanto il Bundeskanzler. Con quella scelta iniziò il declino della SPD che pagò duramente alle elezioni federali del 2009.
Nelle elezioni del 2009, quelle con la più bassa partecipazione di tutti i tempi della RFT, appena il 70,8%, la SPD passò dall’essere il primo partito del 2005 ad essere la grande perdente con meno 11,2 punti percentuali dei voti e la perdita di 76 seggi. Il dato più significativo è il confronto tra i voti assoluti del 2005 rispetto al 2009. Nel 2005 la SPD aveva 16.194.665 voti nel 2009 9.990.488, quindi -6.204.177 voti, soltanto parzialmente recuperato dagli incrementi percentuali di Linke, +3,2%, e Verdi, +2,6%, in totale 1.842.695, quindi lo schieramento rosso-verde ha perso 4.361.492 elettori mai più recuperati: 24.151.185 nel 2005, 19.789.693 nel 2009, 18.701.971 nel 2013, per arrivare ai 13.836.651 del 2017 e ai 15.650.002 delle europee del 2019.
Le ultime elezioni europee in Germania, le elezioni del Land Baden-Württemberg nel 2016, le federali tedesche del 2017 e quelle recentissime in Austria mostrano un sorpasso dei Verdi sulla socialdemocrazia (Europee 2019 RFT, Land B-W 2016) e che i Verdi da soli o con i liberali possono essere un’alternativa alle Grandi Coalizioni (federali tedesche 2017, B-W 2016 e Austria 2019 OeVP-Verdi-NEOS). I verdi prendono la maggior parte dei voti persi dalla Socialdemocrazia a differenza della Linke in Germania, che invece perde voti a favore dell’AfD (Alleanza per la Germania). Se Socialdemocratici e Verdi non trovano un’intesa possono essere giocati gli uni contro gli altri dai democristiani con la scusa anti-sovranista/anti-populista. Eppure, lotta alle diseguaglianze e al cambiamento climatico potrebbero essere unite l’alternativa politica del futuro in grado di sottrarre voti ai populisti: nella ex DDR i poveri votano AfD e non più Linke. Ovvero diseguaglianze/cambiamento climatico alternative tra loro come priorità. Se in Germania e quindi in Europa Verdi e socialisti non trovano un’intesa che escluda accordi separati con i democristian-conservatori aumenterà la concorrenza per la supremazia. Nel 2016 nelle elezioni del Baden-Württemberg, Land fino ad allora guidato da una maggioranza rosso-verde i Verdi superano il 30% mentre la SPD precipita al 12,5%, un miserabile 4° posto. Il nuovo governo del Land B-W sarà formato da CDU/Verdi. A livello di altri Land ed anche a livello federale ci sono teoriche maggioranze Unione/Verdi/FDP chiamate dai colori verde, nero, giallo coalizioni Kenya dai colori della bandiera di quel paese. Soltanto un’alternativa politica che abbia al centro la riduzione delle disuguaglianze e il contrasto deciso al riscaldamento climatico globale potrebbe impedire che di volta in volta i socialisti e i Verdi siano nei singoli paesi ed in Europa i partner minori del blocco conservatore democristiano guidato dal PPE. Non è semplice, non è facile ma non c’è alternativa, a condizione che si costruisca anche a sinistra un diverso e unitario rapporto PSE-GUE.
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