LO “JUS SOLI” ED IL DESTINO DELLA SINISTRA di Francesco Bochicchio

11 luglio 2017

LO “JUS SOLI” ED IL DESTINO DELLA SINISTRA di Francesco Bochicchio

Sullo “jus soli” e sulla relativa legge  in corso di approvazione e punta di diamante del Pd, si è aperto a sinistra un acceso dibattito tra chi porta a riconoscere i diritti civili in un’ottica di universalità da un lato, e dall’altro chi paventa i rischi che si aumenti l’esercito industriale di riserva (grazie Marx, per sempre) e così si abbassino i livelli di tutela dei lavoratori interni. Renzi ha basato la sua strategia su una politica economica liberista in grado di raccogliere i consensi in campo moderato e di destra e su una politica di diritti civili in grado di raccogliere consensi a sinistra. Ma la politica dei diritti civili sembra il punto debole, sia a destra sia a sinistra. Il disegno di Renzi è sbiadito nel momento in cui ritiene che la destra possa accettare i diritti civili. E la destra diventa vincente nel momento in  cui il rifiuto dei diritti civili porta ad alimentare l’illusione che così si rafforzino i diritti sociali. La sinistra è all’angolo, divisa tra chi porta avanti una linea universalistica meritoria ma effimera e chi invece è a rimorchio della destra basandosi sull’erroneo convincimento che la posizione sovranista e la difesa del locale abbiano una effettiva valenza sociale –in tale equivoco è incorso Diego Fusaro-. Sostenere i diritti dei migranti conduce ad alienarsi le simpatie dei ceti deboli interni, ma negarli non conduce all’affermazione delle istanze  sociale. Tra liberismo falsamente progressista e destra reazionaria nazionalista e razzista falsamente sociale la sinistra assiste, anzi subisce supinamente fungendo da spettatore  dall’angolo in cui si è messa. La vera soluzione è nell’uscire dall’angolo, vale a dire nell’individuazione  e nell’elaborazione della via di compatibilità tra diritti civili e diritti economici. L’attribuzione dei diritti civili ai migranti deve essere accompagnata dal riconoscimento dei diritti sociali a tutti,  a partire dagli interni, mediante una vera politica economica antiliberista. I migranti devono diventare alleati dei ceti deboli interni, e viceversa. Chi può proporre tale soluzione è il populismo, in grado di basarsi non sulla nazione, che esclude gli estranei e li combatte compattando gli interni e superando a tal fine in modo fittizio il conflitto sociale,  ma sul popolo che richiede una coesione sociale (non una comunità, che è l’antesignana della nazione, “rectius” ne è l’anticamera, nel momento in cui pretende di condurre se non addirittura ridurre ad unitarietà la varietà sociale): questa, per essere effettiva, deve prevedere una spiccata omogeneità sociale riducendo le diseguaglianze e tutelando i ceti deboli; così, sol così può accettare gli estranei ed attuare una loro integrazione. La strategia è l’antiliberismo riformista. Il movimento materiale che deve sorreggerlo è il populismo, mancando una aggregazione di classe. Il popolo non può sostituire la classe che va ricostituita, perdendo altrimenti la sinistra la sua natura, ma può e deve creare le basi per una struttura sociale egualitaria e democratica. Senza popolo la classe non può attecchire. Il rapporto tra Rousseau e Marx va rielaborato, in quanto la sovranità popolare e l’eguaglianza sostanziale sono legate tra di loro in modo indissolubile e la configurazione della classe lavoratrice come classe generale è impossibile senza la sovranità popolare, vale a dire fino a quando sussista un sovrano –individuato nel “leader” carismatico-  staccato dal popolo cui riportare in modo solo fittizio, ed in grado di rappresentare la nazione compattando la comunità a mezzo di superamento fittizio del conflitto sociale. Contrariamente a quel che si ritiene generalmente, il popolo –a differenza della nazione- non è anticlassista ma lo diventa solo se strumentalizzato. L’indifferenziazione  sociale è tale solo se lo stesso è in rivolta contro le “elite politiche”, non se lo è contro le “elite” economiche. La distinzione tra  capitale “rispettabile” da un lato e capitale marginale o comunque “piratesco” dall’altro ha spinto, tempo fa, la sinistra istituzionale ad allearsi con il primo, e di riflesso ha poi spinto la destra a cavalcare il secondo in modo populista. L’alleanza della sinistra con il capitale “rispettabile” si è dimostrata un vero errore in quanto essa si è fatta strumentalizzare dall’apparente rispettabilità, mentre l’alleanza tra destra populista e capitale marginale è fittizia ed il capitale marginale non è in grado di essere alternativo al capitale finanziario: d’altro canto, a completare il cerchio, questi ha perso qualsivoglia rispettabilità quando, dopo aver disintegrato la classe lavoratrice, si è trovato senza ostacoli. I migranti non devono essere conflittuali ai ceti deboli interni e l’alleanza tra di loro è agevole nell’ambito di perseguimento della sovranità popolare coma antesignana della classe lavoratrice quale classe generale.

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