LEGGE ELETTORALE SUBITO, IL RESTO DOPO di Stefano Passigli dal Corriere della Sera del 28 maggio 2013

10 luglio 2013

LEGGE ELETTORALE SUBITO, IL RESTO DOPO di Stefano Passigli dal Corriere della Sera del 28 maggio 2013

Tutti i partiti proclamano di voler cambiare il Porcellum. Lecito dunque attendersi che, nel rischio di tornare al voto anzitempo, essi varino una nuova legge per ovviare ai suoi tre principali difetti: 1) un abnorme premio di maggioranza, che dà il controllo della Camera a chi prenda anche solo il 25-30% dei voti, di cui la Corte costituzionale ha adombrato più volte l'incostituzionalità; 2) l'impossibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti, solo in parte sanata dal ricorso di talune liste a primarie che però introducono nel corpo di partiti destrutturati pulsioni localistiche e correntismo; e 3) nessuna certezza che la legge consenta almeno una sicura governabilità: in ben tre elezioni (2006-2008-2013) solo in un caso il voto per Camera e Senato ha espresso la stessa maggioranza politica.
Come superare questi gravissimi limiti? Innanzitutto adottando una nuova legge elettorale come vorrebbe il centrosinistra, o piuttosto varando prima una riforma costituzionale della forma di governo (leggi presidenzialismo), come vorrebbe il centrodestra, che con Quagliariello afferma «la riforma della legge elettorale è parte della rivisitazione della forma di governo»? Posta in questi ultimi termini la questione non trova sostegno nell'esperienza delle democrazie europee: il maggioritario si sposa infatti sia con la forma di governo parlamentare (in Gran Bretagna), sia con una forma di governo sostanzialmente presidenziale (in Francia). E, parimenti, la proporzionale sia con un esecutivo forte e stabile quale il cancellierato tedesco, sia con governi deboli e instabili come nella IV Repubblica francese, o in Italia nei decenni della Prima Repubblica. In altre parole, la scelta della legge elettorale può benissimo precedere quella della forma di governo e venir modificata senza dover modificare quest'ultima: non a caso i nostri costituenti saggiamente indicarono potersi cambiare la prima con legge ordinaria, imponendo invece la legge costituzionale per la revisione della seconda. Il non voler abrogare il Porcellum se non dopo aver modificato la forma di governo è dunque scelta interamente politica, che autorizza il sospetto che il centrodestra voglia in realtà conservare una legge che oggi lo avvantaggia.
In ogni caso, con quale legge sostituire il Porcellum? Da più parti, si propone un ritorno al Mattarellum, con il 75% di seggi assegnati in collegi a turno unico, e il 25% sulla base di liste bloccate. Ma anche tacendo dello scorporo - che infatti gli odierni fautori del Mattarellum propongono di abolire - come dimenticare che con il turno unico i collegi possono essere vinti anche per un solo voto e che quindi il Mattarellum, premiando l'utilità marginale delle forze minori, ne favorisce la sopravvivenza? La conseguenza è ben nota: un vistoso aumento della frammentazione politica, un aumento del localismo e un indebolirsi dei partiti nazionali e, di conseguenza, coalizioni pletoriche, disomogenee e rissose, costruite per vincere ma incapaci di governare. Basterebbe tuttavia sostituire il turno unico con il doppio turno e il Mattarellum avrebbe effetti del tutto diversi: l'utilità marginale e il potere di ricatto delle forze minori nei collegi verrebbero meno, sostituiti da accordi al secondo turno tra forze politiche nazionali, base per alleanze di governo sottoposte apertamente al giudizio degli elettori prima del voto. Alla luce di quanto avvenuto dopo le ultime elezioni si tratterebbe di una innovazione di grande rilevanza.
Nel 2011, quando per evitare contrapposizioni con i fautori del ritorno al Mattarellum fui obbligato a ritirare la mia proposta di referendum abrogativo del Porcellum, avanzai su queste colonne la previsione che le forze politiche non sarebbero riuscite a varare la riforma elettorale e che si sarebbe tornati a votare con il Porcellum. Fui facile profeta: siamo tornati a votare con il Porcellum e i risultati hanno posto fine a quel governo dell'alternanza che sembrava un bene ormai solidamente acquisito. Oggi temo che potremmo tornare ancora una volta a votare con il Porcellum. Ma le soluzioni alternative ci sono: il doppio turno di collegio francese (perfettamente compatibile con la forma di governo parlamentare), o la proporzionale corretta che, unitamente al voto di sfiducia costruttiva, ha consentito in Germania i più stabili e più forti governi d'Europa. O anche un ritorno al Mattarellum, purché mondato dei difetti del turno unico e fondato su collegi a doppio turno. Quale che sia l'iter parlamentare che si vorrà adottare (con la consulenza o meno di esperti esterni) è la sostanza delle scelte che farà la differenza: i partiti che hanno oggi la responsabilità del Governo considerino che, in mancanza di tempestivo accordo sulla legge elettorale, non resterà agli elettori che tornare al tentativo di abrogare il Porcellum per via referendaria, o - peggio - che alimentare ulteriormente l'antipolitica, sino ad oggi limitata a sterili formazioni parlamentari, ma a rischio di divenire violenta sulla spinta di tensioni sociali destinate a crescere se l'attuale Governo di emergenza non dovesse raggiungere gli scopi per i quali ha avuto vita.

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