LE RAGIONI DEL SI - di Roberto Biscardini da "L'Avanti! della domenica" del 29 maggio 2005
17 giugno 2005
Anche questa volta come in altre occasioni, quando sono in gioco le battaglie per i diritti civili, che coinvolgono tutti cittadini, senza distinzioni tra uomini e donne, tra destra e sinistra, tra credenti e non credenti
A due settimane dal voto, la partita vera di questo referendum, che si gioca sul raggiungimento o meno del quorum, è ancora aperta. Però secondo i sondaggi a disposizione gli elettori che dichiarano di volersi astenere sono in numero inferiore alle previsioni e gli incerti, ancora tanti, potrebbero far pendere la bilancia in favore del successo del referendum. Quindi la partita è tutt’altro che persa. Ma a condizione che quella parte della popolazione che non è ancora informata, lo sia e a condizione che l’importanza del voto e la sua utilità prevalga sugli appelli all’astensione. In questo quadro chi pensa di poter vincere il referendum aggiungendo furbescamente all’astensionismo fisiologico un astensionismo di tipo politico, potrebbe essere smentito.
Anche questa volta come in altre occasioni, quando sono in gioco le battaglie per i diritti civili, che coinvolgono tutti cittadini, senza distinzioni tra uomini e donne, tra destra e sinistra, tra credenti e non credenti, le carte possono mescolarsi e può prevalere un voto responsabile e di coscienza a favore della libertà.
Così può accadere che, chi non va mai a votare perché sfiduciato dalla politica, vada invece a votare per questo referendum oppure vada al mare la domenica ma voti il lunedì, magari anche votando SI per alcuni referendum e NO per altri.
Può accadere, come fu in occasione dei referendum sul divorzio e sull’aborto, che la maggioranza delle famiglie cattoliche di questo paese stiano, come allora, dalla parte di chi ha più bisogno, non seguendo le indicazioni più integraliste delle gerarchie ecclesiastiche. Il cristiano rivendica il diritto di scegliere, di esprimersi e di far valere le sue ragioni, non si astiene.
Infine può accadere che le carte si mescolino anche da un punto di vista politico e che buona parte degli elettori che fanno riferimento ai partiti che invitano all’astensione vadano a votare, proprio nel rispetto di quella libertà di coscienza tanto invocata anche da chi non la rispetta.
La scelta per il SI e per il NO passa trasversalmente dentro i partiti e nella società, il referendum non è della sinistra contro la destra e nonostante il tentativo della parte più “rigorosa” del mondo cattolico di costruire una contrapposizione con i laici, questo referendum non appartiene né agli uni né a gli altri.
I giorni che ci separano dal voto devono pertanto essere utilizzati bene, per aiutare tutti cittadini a saperne di più, confrontandosi su questioni tanto importanti quanto semplici o comunque molto più comprensibili di quanto si vuol far credere.
Ci auguriamo una campagna sempre più incisiva e capillare, sempre più appassionata, che rafforzi le ragioni del SI. Si tratta di far riferimento alle categorie del buon senso, ricordando che l’abrogazione parziale di alcune norme ha come scopo principale quello di eliminare gli aspetti più assurdi e anacronistici di questa legge. Aspetti ispirati da un integralismo ottuso, portatore di ipocrisie contrabbandate come dogmi, incapace di rapportarsi concretamente ai problemi dei cittadini in modo moderno con comprensione, umanità e speranza.
Anche per questo, noi socialisti crediamo, diversamente dagli astensionisti, che i cittadini siano in grado di capire, e possono decidere in modo diverso da come ha votato il Parlamento.
Al di là dei risvolti scientifici, giuridici ed etici, votiamo SI per quattro semplici ragioni.
Per consentire la ricerca scientifica sulle cellule staminali aprendo la strada alla cura di malattie oggi inguaribili. Per dare ad una coppia la possibilità di avere un figlio che non può avere per vie naturali.
Perché siamo dalla parte delle donne e contro qualunque legge, come questa, che non tuteli la loro salute.
Infine votiamo SI perché siamo per la difesa della laicità dello Stato, nel rispetto di qualsiasi convinzione religiosa e contro ogni tentativo di far prevalere sulla vita di ciascuno di noi un unico punto di vista. Siamo per una legislazione che concede diritti in sintonia con le legislazioni vigenti nella maggioranza degli altri paesi, anziché una legge che vieta quasi tutto ciò che sarebbe invece necessario affrontare nell’interesse della scienza e del cittadino.
Su una cosa non ci sembra utile cimentarsi più di tanto: stabilire se l’embrione è persona o no, soprattutto in ragione di convinzioni più o meno religiose. Su questo terreno ci si può perdere in dotte disquisizioni, ma non si arriva da nessuna parte. Non saremo noi a spiegare se l’embrione possiede l’anima, né saremo noi a decidere prima del 12 giugno, dopo duemila anni di discussione, quando l’anima entra nell’essere umano. Per San Tommaso, “Dio introduce l’anima razionale solo quando il feto è un corpo già formato”, per la religione ebraica l’embrione diventa persona nel secondo mese di gravidanza, per quella mussulmana l’anima arriva quaranta giorni dopo la procreazione, con la legge 40, per non sbagliare, si è fatta la scelta più restrittiva in assoluto. Ma ciò è fuori dalla logica e dalla scienza.